28. Maggio 1821.
[1103,1]
1103 La poca memoria de' bambini e de' fanciulli, che
si conosce anche dalla dimenticanza in cui tutti siamo de' primi avvenimenti
della nostra vita, e giù giù proporzionatamente e gradatamente, non potrebbe
attribuirsi (almeno in gran parte) alla mancanza di linguaggio ne' bambini, e
alla imperfezione e scarsezza di esso ne' fanciulli? Essendo certo che la
memoria dell'uomo è impotentissima (come il pensiero e l'intelletto) senza
l'aiuto de' segni che fissino le sue idee, e reminiscenze. (V. Sulzer ec. nella Scelta di Opusc. interessanti.
Milano 1775. p. 65. fine, e segg.) Ed
osservate che questa poca memoria non può derivare da debolezza di organi,
mentre tutti sanno che l'uomo si ricorda perpetuamente, e più vivamente che mai,
delle impressioni della infanzia, ancorchè abbia perduto la memoria per le cose
vicinissime e presenti. E le più antiche reminiscenze sono in noi le più vive e
durevoli. Ma elle cominciano giusto da quel punto dove il fanciullo ha già
acquistato un linguaggio sufficiente, ovvero da quelle {prime} idee, che noi concepimmo unitamente ai loro segni, e che noi
potemmo fissare colle parole. Come la prima mia ricordanza è di alcune pere
moscadelle che io vedeva, e sentiva nominare al tempo stesso. (28. Maggio
1821.).