11. Sett. 1821.
[1671,1] Le teorie delle quali i romantici han fatto tanto
romore a' nostri giorni, avrebbero dovuto restringersi a provare che non c'è
bello assoluto, nè quindi buon gusto stabile, e norma universale di esso per
tutti i tempi e popoli; ch'esso varia secondo gli uni e gli altri, e che però il
buon gusto, e quindi la poesia, le arti, l'eloquenza ec. de' tempi nostri, non
denno esser quelle stesse degli antichi, nè quelle della
Germania, le stesse che le francesi; che le regole
assolutamente parlando non esistono. Ma essi son andati più avanti, hanno
ricusato o male interpretato
1672 il giudizio e il
modello della stessa natura parziale, sola norma del bello; il fanatismo e la
smania di essere originali (qualità che bisogna bene avere ma non cercare) gli
ha precipitati in mille stravaganze; hanno errato anche bene spesso in
filosofia, ne' principj, e nella speculativa non solo delle arti ec. ma anche
della natura generale delle cose, dalla quale dipendono tutte le teorie di
qualsivoglia genere. - Il primo poema regolare venuto in luce {in europa} dopo il risorgimento,
dice il Sismondi, è la Lusiade (pubblicata un anno
avanti la Gerusalemme). Questo è detto abusivamente: per regolare,
non si può intendere se non simile a' poemi d'Omero e di Virgilio. Regolare
non è assolutamente nessun poema. Tanto è regolare il Furioso, quanto
il Goffredo. L'uno
potrà dirsi esclusivamente epico, l'altro romanzesco. Ma in quanto poemi tutti
due sono {ugualmente} regolari; e lo sono e lo
sarebbero parimente altri poemi di forme affatto diverse, purchè si contenessero
ne' confini della natura. I generi ponno essere infiniti, e ciascun genere,
1673 da che è genere, è regolare, fosse anche composto
di un solo individuo. Un individuo non
può essere irregolare se non rispetto al suo genere o specie. Quando
egli forma genere, non si dà irregolarità per lui. Anche dentro uno stesso
genere (come l'epico) si danno mille specie, ed anche mille differenze di forme
individuali. Qual divario dall'iliade all'odissea,
dall'una e l'altra all'Eneide. Pur tutti questi
si chiamano poemi epici, e potrebbero anche non chiamarsi. Anzi si potrebbe dire
che se l'iliade è poema epico, l'Eneide non lo è, o viceversa. Tutto è quistione di
nomi, e le regole non dipendono se non dal modo in cui la cosa è: non esistono
prima della cosa, ma nascono con lei, o da lei. (11. Sett.
1821.)