12. Maggio 1821.
[1038,1] Nei tempi bassi furono veramente δίγλωττοι i
tedeschi e gl'inglesi, ossia la parte colta di queste nazioni, che scrivevano il
latino, se ne servivano per le corrispondenze, lettere ec. e parlavano le lingue
nazionali. E così pure gl'italiani, i francesi, gli spagnuoli, che parlavano già
un volgare assai diverso dal latino scritto. Ma questa:
[1038,2] 1. È una διγλωττία che appartenendo allo scritto e
non al parlato, non entra nel mio discorso. E la
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universalità del latino, ch'era allora universale in
occidente, era universalità che appartenendo alla
sola scrittura, non ha che fare con quella che rende gli uomini parlatori di due
lingue, cioè veramente δίγλωττοι, della quale sola io discorro.
[1039,1] 2. La lingua latina era allora veramente morta,
appresso a poco come oggi, non essendo parlata, ma solo scritta. E una lingua
solamente scritta è lingua morta. Ora, quantunque l'uso di una tal lingua morta
fosse allora più comune che oggidì, e così anche fosse dopo il risorgimento
delle lettere; la universalità delle lingue morte che si studiavano e si
studiano o per usi letterarii, o per vecchia costumanza, non entra nel mio
discorso, il quale tratta solo della universalità delle lingue vive. Così anche
oggi si potrebbe chiamare {presso a poco} universale la
lingua greca in europa, e ne' paesi colti, ma come lingua
morta. (12. Maggio 1821.).