22. Maggio 1821.
[1072,1]
Alla p. 362.
Immaginiamoci un pastore primitivo o selvaggio, privo di favella, {o di nomi numerali} che volesse, com'è naturale,
rassegnare la sera il suo gregge. Non potrebbe assolutamente farlo se non in
maniera materialissima; come porre la mattina tutte le pecore in
1073 fila, e misurato o segnato lo spazio che occupano,
riordinarle la sera nello stesso luogo, e così ragguagliarle. Ovvero, che è più
verisimile, raccorre, poniamo caso, tanti sassi quante sono le pecore: il che
fatto, non potrebbe mica ragguagliarle {esattamente}
coi sassi mediante veruna idea di quantità. Perchè non potendo contare nè quelle
nè questi, molto meno potrebbe formare nessun concetto della relazione
scambievole o del ragguaglio di due quantità numeriche determinate: anzi non
conoscerebbe quantità numerica determinata. Converrebbe che si servisse di
un'altra maniera materialissima, come porre da parte prima una pecora ed un
sasso, indi un'altra pecora e un altro sasso, e così di mano sino all'ultima
pecora, e sino all'ultimo sasso. {{V. p. 2186. principio.}}
[1073,1] Certo è che l'invenzione dei nomi numerali fu delle
più difficili, e l'una delle ultime invenzioni de' primi trovatori del
linguaggio. L'idea di quantità, non solo assoluta e indeterminata (anzi questa è
meno difficile, essendo materiale e sensibile l'idea del più e del meno, e
quindi della quantità indeterminata), ma anche determinata, anche relativa a
cose materialissime, considerandola bene, è quasi totalmente astratta e
metafisica. Quando noi vediamo le cinque dita della mano, ne concepiamo subito
il numero,
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{perchè l'idea del numero} è collegata nella mente
nostra mediante l'abito, e l'uso della favella, coll'idea che ci suscita il
vedere una quantità d'individui facili a contare, o di cui già sappiamo il
numero. E l'idea di contare vien dietro alla detta vista, per la detta ragione.
Non così l'uomo privo de' nomi numerali. Egli vede quelle cinque dita come tante
unità, che non hanno fra loro alcuna relazione {o
attinenza} numerica (come in fatti non l'hanno per se stesse), {componenti una} quantità indefinita, (della quale non
concepisce se non se un'idea confusa, com'è naturale trattandosi d'indefinito),
e non gli si affaccia neppure al pensiero l'idea di poterla determinare, o di
contare quelle dita. Meno metafisica è l'idea dell'ordine. Giacchè (seguitando a
servirci dell'esempio della mano) che {+il pollice, ossia il primo dito, stia nel principio della serie, che}
l'indice, cioè il secondo dito, venga dopo quello che è nel principio della
mano, cioè il pollice, e che il medio {cioè il terzo}
succeda a questo dito, e sia distante dal pollice un dito d'intervallo; sono
cose che cadono sotto i sensi, e che destano facilmente l'idea di {primo di} secondo e di terzo e via discorrendo. Lo
stesso potremmo dire di un filare d'alberi ec.
[1074,1] Così che io non credo che le denominazioni de'
numeri ordinativi non abbiano preceduto nelle lingue primitive quelle de'
cardinali (contro ciò che pare a prima vista, e che forse è seguito nelle lingue
colte ec.); e che in dette lingue
1075 la parola secondo si sia pronunziata prima che la parola due. Perchè la parola secondo esprime un'idea materiale, e derivata da' sensi, e naturale,
cioè quella cosa che sta dopo ciò che è nel principio,
laonde la forma di quest'idea sussiste fuori dell'intelletto. {+Infatti nel latino, posterior vuol dire secundus
ordine, loco, tempore (Forcellini), e così propriamente il greco ὕστερος: κυριώτερα τὰ ὕστερα
νομίζεται καὶ βεβαιότερα τῶν πρώτων.
*
Plutarco, Convival.
Disputat. l. 8. (Scapula) quantunque possa venir dopo, {o dietro,} anche quello che non è secondo. Così pure
nell'italiano posteriore ec.} Ma la parola
due significa un'idea {la cui
forma} non sussiste se non che nel nostro intelletto, quando anche
sussistano fuori di esso le cose che compongono questa quantità, colla quale
tuttavia non hanno alcuna relazione sensibile, materiale, intrinseca o propria
loro, ed estrinseca alla concezione umana. V.
l'Encyclopédie méthodique.
Métaphysique. art. nombres, preso, io credo, da
Locke.
[1075,1] Quella cosa che è nel principio, ha una ragione
propria per esser chiamata prima, e quella che gli sta
dopo, per esser chiamata seconda, {cioè posteriore}: così che questi nomi ordinali sono relativi alle
cose. Ma quella non ha ragione propria perchè l'uomo nel contare la chiami uno, e quest'altra due; e
questi nomi cardinali non sono relativi alle cose reali, ma alla quantità, che è
solamente idea, {ed è separata dalle cose,} nè sussiste
fuori dell'intelletto. (22. Maggio 1821.). {{V. p.
1101. fine.}}