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5. Giugno 1821.

[1139,1]  Alla p. 1127. E lo pronunziavano così leggermente, che ora sebbene ne resta un vestigio nella scrittura, convertito nel segno dell'aspirazione, è svanito però deltutto dalla pronunzia, anche come semplice aspirazione. {+Similmente i francesi, per quello che noi diciamo fuori o fuora e gli spagnuoli fuera dal lat. foras, o foris, dicono hors, aspirando però l'h. In luogo di voce i Veneziani dicono ose dileguato il v.} Il ϕ greco, non è, come si sa, che un π aspirato, come si vede anche nelle mutazioni gramaticali e sostituzioni dell'una di tali lettere all'altra. Mancava, come si dice, al primitivo alfabeto greco detto Cadmeo o Fenicio, e vi fu aggiunto, come dicono, da Palamede (Plin. 7. 56.) {+insieme col χ e col θ che sono un κ ed un τ aspirati (Servius ad Aen. 2. vers. 81.).} V. Fabric. B. G. 1. 23. §. 2. {e il Lessico dell'Hofmanno, v. Literae.} È anche probabile che mancasse all'Alfabeto ebraico e che il ‎‏פ‏‎ non fosse che un p, {lettera che oggi manca a detto alfabeto. V. p. 1168.} L'alfabeto {chiamato} Devanagari ossia quello della lingua sascrita, {(dalla quali[quale] alcuni dotti inglesi fanno derivar la latina)} sebbene composto di 50 lettere, manca della f, e invece {la detta lingua} adopera un b, {o un p} aspirati. (Annali di Scienze e lettere. Milano 1811. N. 13. p. 43.) ec. ec. (5. Giugno 1821). {{Considera ancora il nome greco di Giapeto, da Jafet, ebreo o fenicio ec.}}