6. Agos. 1821.
[1456,2] Osserviamo nuovamente la forza dell'opinione sul
bello. Ho detto altrove p. 1312
p.
1323
p.
1336 che l'eleganza consiste in qualcosa d'irregolare. Quindi è che
mentre cento eleganze si gustano e piacciono negli scrittori accreditati,
infinite altre che meriterebbero lo stesso nome, e sono della stessa natura, non
paiono eleganze e non piacciono, perchè la loro irregolarità si trova in autori
non abbastanza accreditati, ancorchè sieno di vero merito, p. e. se sono
moderni, onde non possono avere l'
1457 autorità de'
secoli in loro favore. Anzi quelle stesse locuzioni, metafore, ec. ec. che
trovate in un autore accreditato ci daranno sapor di eleganza, trovate in autore
non accreditato ci daranno sapor di rozzezza, d'ignoranza, di ardire
irragionevole, di sproposito, di temerità ec. se non ci ricorderemo che quelle
hanno per se l'autorità di uno scrittore stimato. E ricordandocene in quel
momento, o anche dopo pronunziato il giudizio della mente, lo muteremo subito, e
troveremo effettivo gusto in quello che ci aveva dato effettivo disgusto. Il
qual effetto è frequentissimo negli studi di letteratura, e può stendersi a
considerazioni di molti generi, intorno al piacere che deriva dall'imitazione
del buono e classico, e bene spesso dalla sua contraffazione. Piacere non
naturale nè assoluto, ma secondario e fattizio, e pur vero piacere: anzi tanto
vero che la lettura dei classici, secondo me, non ha potuto mai dare agli
antichi quel piacere che dà a noi, e parimente i classici
1458 contemporanei non ci daranno mai nè tanto gusto quanto gli
antichi (cosa certissima), nè quanto ne daranno ai posteri. (6. Agos.
1821.).