19. Dic. 1822.
[2656,3]
Καὶ τῷ ὄντι τὸ ἄγαν τὶ ποιεῖν, μεγάλην ϕιλεῖ εἰς τοὐναντίον μεταβολὴν ἀνταποδιδόναι, ἐν ὥραις τε καὶ ἐν ϕυτοῖς καὶ ἐν σώμασι, καὶ δὴ καὶ ἐν πολιτείαις οὐχ ἥκιστα.
{+Plato
de rep. l. 8. p. 563.}
Il qual luogo è riportato da Cic.
de rep. I. 44. p. 111-12. (citato il
2657 nome di Platone fin dal c. preced. p. 107), esprimendolo liberamente così: Sic omnia nimia, cum vel in tempestate vel in agris vel in corporibus laetiora fuerunt, in contraria fere convertuntur, maximeque (suppl. cum Maio, id) in rebus publicis evenit. Le quali sentenze fanno a quella mia, che il troppo è padre del nulla pp. 461-62
pp. 658-59
p. 714
pp. 1260-62
p. 1554
p. 1776. In fatti, come seguono a dire Cic. e Plat. dalla troppa libertà nasce la servitù, cioè, dicon essi, il contrario della libertà, ed io dico, il nulla della libertà, cioè la fine; la niuna libertà. (19. Dic. 1822.).