13 Nov. 1820.
[319,2]
Dice Quintiliano l. 10. c. 1. Quid ego commemorem Xenophontis iucunditatem illam inaffectatam, sed quam nulla
possit affectatio consequi?
*
E certo ogni bellezza
principale nelle arti e nello scrivere deriva dalla natura e non
dall'affettazione o ricerca. Ora il traduttore necessariamente affetta, cioè si
sforza di esprimere il carattere e lo stile altrui, e ripetere il detto di un
altro alla maniera e gusto del medesimo. Quindi osservate quanto sia difficile
una buona traduzione in genere di bella letteratura,
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opera che dev'esser composta di proprietà che paiono discordanti e incompatibili
e contraddittorie. E similmente l'anima e lo spirito e l'ingegno del traduttore.
Massime quando il principale o uno de' principali pregi dell'originale consiste
{appunto} nell'inaffettato, naturale e spontaneo,
laddove il traduttore per natura sua non può essere spontaneo. Ma d'altra parte
quest'affettazione che ho detto è così necessaria al traduttore, che quando i
pregi dello stile non sieno il forte dell'originale, la traduzione inaffettata
in quello che ho detto, si può chiamare un dimezzamento del testo, e quando essi
pregi formino il principale interesse dell'opera, (come in buona parte degli
antichi classici) la traduzione non è traduzione, ma come un'imitazione
sofistica, una compilazione, un capo morto, o se non altro un'opera nuova. I
francesi si sbrigano facilmente della detta difficoltà, perchè nelle traduzioni
non affettano mai. Così non hanno traduzione veruna (e lasciateli pur vantare il
Delille, e credere che possa mai
essere un Virgilio), ma quasi relazioni
del contenuto nelle opere straniere; ovvero opere originali composte de'
pensieri altrui.
[321,1]
321 Una delle prime cagioni della universalità della
lingua francese, è la sua unicità. Perchè la lingua italiana (così sento anche
la tedesca, e forse più) è piuttosto un complesso di lingue che una lingua sola,
potendo tanto variare secondo i vari soggetti, e stili, e caratteri degli
scrittori ec. che quei diversi stili paiono quasi diverse lingue, non avendo
presso che alcuna relazione scambievole. Dante - Petrarca e Parini ec. Davanzati - Boccaccio, Casa ec.
V. p. 244. Dal che come seguono infiniti e
principalissimi vantaggi, così anche parecchi svantaggi. 1. che lo straniero
trova la nostra lingua difficilissima, e intendendo un autore, e passando a un
altro, non l'intende. {(così nei
greci)} 2. che potendosi scrivere o parlare italiano senza essere
elegante ec. ec. ec. lo scrittore italiano volgare scrive ordinariamente
malissimo; così il parlatore ec. Al contrario del francese, dove la strada
essendo una, e chiusa da parte e parte, non parla francese chi non parla bene; e
perciò quasi tutti i francesi scrivono e parlano elegantemente, ma sempre di una
stessa eleganza, e quanto al più e il meno, le differenze sono così piccole,
322 che se i francesi le sentono nei loro diversi
scrittori, agli esteri son quasi impercettibili. Laddove le differenze de' buoni
stili italiani, saltano agli occhi di chicchessia. Così anche dei greci.
[322,1] E notate di passaggio che la lingua latina ha una
strada molto più segnata e definita, e rassomiglia in questo alla francese. La
cagione è che la lingua latina scritta, fu opera dell'arte (onde il volgar
latino differiva sommamente dal letterale) come è noto, e come dimostra a prima
vista la sua artificiosissima e figuratissima costruzione. Laddove la forma
della lingua greca e italiana fu opera della natura, vale a dire che ambedue
queste lingue si formarono prima della nascita, o almeno della formazione e
definizione delle regole, e prima che gli scrittori fossero legati da' precetti
dell'arte. Così la natura è sempre varia, e l'arte sempre uniforme, o se non
altro sommamente inferiore alla natura in varietà.
[322,2] In somma lo straniero e il francese parla facilmente
{bene} la sua lingua, dove la varietà non genera
confusione o difficoltà all'imperito.
[323,1]
323 E l'unicità della lingua francese, e la moltiplicità
dell'italiana apparisce più chiaro che mai dalla facoltà rispettiva nelle
traduzioni. La lingua tedesca ancora, passa per sommamente suscettibile di
prendere il carattere e la forma di qualunque lingua, scrittore, e stile, e
quindi per ricchissima in traduzioni vivamente simili agli originali. Non so
peraltro se questa facoltà consista {veramente} nello
spirito dello stile, o solamente nel materiale, come par che dubiti la Staël nell'articolo sulle
traduzioni.
[323,2] Il fatto sta che i francesi vantandosi
dell'universalità della loro lingua si vantano della sua poca bellezza, della
sua povertà, uniformità, ed aridità, perchè s'ella avesse quanto si richiede per
esser bella, e se fosse ricca e varia, e se non fosse piuttosto geometria che
lingua, non sarebbe universale. Ma il mondo se ne serve come delle formole o dei
termini di una scienza, noti e facili a tutti, perchè formati sullo sterile
modello della ragione, o come di un'arte o scienza pratica, di una geometria, di
un'aritmetica, ec. comuni a tutti i popoli, perchè tutti dalle stesse maggiori
deducono le stesse conseguenze. (13 Nov. 1820.).