14. Ott. 1823.
[3687,2]
Alla p. 3618.
fine. Io credo che niun de' verbi di questo genere abbia perfetto
proprio, nè i tempi che ne dipendono, nè supino, nè participio in us, ma li tolgano in prestito {#1. V. p.
3725.} dal verbo originale. Che se questo non esiste, io
credo che un tempo esistesse. P. es. di suesco, adolesco, cresco ec. che
hanno perfetto e supino, io credo che esistessero verbi originali, come sueo, adoleo ec. {+V.
p. 3696.} di cui fossero propri i detti perfetti e
participii, giacchè
3688 il perfetto e participio o
supino regolare e dovuto di suesco ec. sarebbe suesci, suescitum, non suevi
suetum. {#1. V. p. 3703..} Così dico di
glisco, il quale non ha nè perfetto nè supino.
Così di adipiscor, di nascor, di nosco. Se ciò è vero, notus, natus, non sarebbero
contrazioni di noscitus (questo esistè come prova il
verbo noscitare), di nascitus
{+e questo ancora è provato da nasciturus} (nè adeptus di adipiscitus) come ho detto
altrove in più luoghi [p. 1119]
[p.
2826]
[p.
2835]
[p.
3063], ma participii e supini proprii d'ignoti verbi da cui nosco, nascor ec. sarebbero
stati formati. E nosco non verrebbe da νοΐσκω, come ho
detto p. 2777., ma sarebbe stato
anche in latino un verbo originale no (diverso da nare) conforme al greco νοῶ (come δόω do, πόω po che altrove
abbiam dimostrato [p. 2772]
[p.
2972], e simili monosillabi di cui ho detto in più luoghi [p.
2775]); dal qual no, sarebbe stato fatto il
verbo nosco, non per uso greco, ma per uso latino,
{#2. (e secondo la ragion latina di
formazione e significato ec.)} concordevole in questa parte {#3. quanto al materiale della formazione o
della forma} col greco, che ebbe pur νοΐσκω e νώσκω, onde γινώσκω e
γιγνώσκω che suonan lo stesso di nosco. {#4. Ma concordevole per pura combinazione
particolare, anzi singolare forse.}
{{V. p. 3826.}}
[3688,1] Io credo certo che tutti questi tali verbi
3689 sieno originariamente fatti da altri verbi ignoti,
come vivesco dal noto vivo, {#2. V. p.
3708.}
hisco dal noto hio, e altri
tali di questa desinenza in sco. E lo credo perchè,
come vivesco significa divenir vivo, cioè divenir quello che dal verbo vivo è significato essere,
cioè esser vivo, e come hisco significa aprirsi, cioè divenire aperto, mentre hio significa essere o stare aperto ec.; così tutti i
detti verbi nosco, nascor,
adipiscor, suesco, adolesco, cresco ec. di cui
non si conoscono gli originali, significano però divenire, incominciare a essere
o a fare quella tal cosa o azione, venir essendo o soffrendo ec. {#1. secondo ch'e' sono neutri o attivi {ec.} di senso, e così i rispettivi verbi originali
ec.} che è proprietà del significato de' verbi latini in sco. E stimo che dovessero avervi per tutti questi,
altrettanti verbi originali che significassero il pieno essere quella tal cosa, il pieno fare o patire quella tale azione o passione. Come vivo rispetto a vivesco, hio rispetto ad hisco, ed altri tali non pochi. Così augesco rispetto ad augeo
neutro (v. Forcellini in Augeo sulla
fine). Così scisco da scio, è propriamente
3690
divenire sciens, cioè quasi imparare, intendere, conscius, certior fieri, divenire, esser fatto
consapevole, e quel che i latini dicono discere, il qual verbo (che manca del supino) spetta pure a questa
categoria. E poichè i perfetti e supini di tali verbi (se e' gli hanno) non sono
regolari, io credo che ciò sia perchè questi non son loro, ma di {altri} verbi originali, ne' quali essi sarebbero
regolari, e stimo che tale irregolarità e tali perfetti e supini, convenienti ad
altri verbi, e sconvenienti (per analogia grammaticale) a quei verbi a cui ora
appartengono, dinotino altri verbi originali perduti. Massime che si trovano
vestigi de' supini ec. regolari di detti verbi ch'ora esistono, come noscitare, nasciturus, che
mostrano i regolari supini di nascor e nosco, cioè noscitus e nascitus; i quali non è verisimile che sieno stati
contratti essi medesimi in natus e notus, e che sieno grammaticalmente tutt'uno con
questi{# 1.Posco ha poposci, cioè, tolta la
duplicazione (ch'è un accidente), posci, regolare,
e non povi. Perchè dunque nosco
novi? Posco non ha il
supino oggidì. Perchè scisco
scivi, suesco
evi, e non suesci, nosci ec.?} Il difettivo novi
novisti, usato in senso presente ec. (ond'e' non si
può considerare per parte di nosco, come fanno i
grammatici) è, secondo me un avanzo e un segno
3691
evidente di no verbo perduto, che nel perfetto fece
novi, e nel supino notum
(come po fece potum che
ancor resta, onde potare: resta anche potus participio ec.), voci poi trasportate al suo
derivato nosco, che grammaticalmente è in verità
difettivo, non men di novi isti con cui egli è
supplito, facendo d'ambo un solo {#1. Che
novi
novisti spetti ad altro verbo che a nosco, provasi e dal suo significato del presente
(or perchè ciò s'e' fosse il proprio perfetto di nosco? il quale ha pure il presente ec.) e dell'imperfetto nel
piuccheperfetto ec.; e dal veder che i grammatici, sebbene da un lato
l'appropriano a nosco, dall'altro lato tutti,
antichi e moderni lo considerano e chiamano difettivo, come memini, nè più nè meno. Dunque gli suppongono un
altro tema, e questo ignoto, come a memini, odi
ec.} Così memini è avanzo e segno certo di
meno perduto, anzi rimasto difettivo; da cui reminiscor o reminisco
(mancante di perfetto e supino) che spetta pure a questa categoria, e s'altri
v'ha, suoi compagni; come, secondo me, comminiscor,
che viene, credo, da meno (non da mens come Forcell.), a cui o a commeno
(ignoto) spetta, grammaticalmente parlando, il participio commentus, contratto da menitus o da commenitus. (Puoi vedere la p. 2774.)
[3691,1] Del resto se in qualunque modo si volesse credere,
come si è creduto finora, che p. e. suevi
suetum sieno propri perfetti e supini di suesco, e non tolti in prestito, allora si dovrà dire
che anche scivi
scitum che sono della
3692
stessa forma, sieno propri e veri di scisco, ch'è
della stessa forma, genere di significato e categoria di suesco. Ma il verbo sciscitor dimostrando il
supino sciscitum è un altro esempio che conferma, come
noscito, la mia opinione. E la conferma altresì il
vedere che il perfetto e il supino di scisco sono
infatti, grammaticalmente, gli stessi che quelli di scio, verbo noto ed esistente e usitato, e verbo riconosciuto fuor di
dubbio per origine di scisco. {{V. p.
3763.}}
[3692,1]
Niteo es ui - nitesco is.
Albeo es - albesco is.
Nigreo es ui - nigresco
is. Flaveo es - flavesco
is. Horreo es ui - horresco is. Candeo es ui - candesco is - excandesco is
ui (notate lo stesso perfetto di candeo, che
certo, almeno grammaticalmente, è di excandeo ignoto,
e non, come dicono, di excandesco. {+Così dite di extimesco, e pertimesco, is,}). Notesco is
ui. ec. {{Vireo - Viresco.
Valeo - Valesco - Convalesco, ui. Sanesco, Consanesco ui. Fluesco.
Liquesco. Seneo, Senesco. Consenesco ui.}}
[3692,2] Tutti questi verbi in esco
significano fio congiunto col participio attivo de'
rispettivi verbi in eo. Cioè nitens fio, candens fio ec. (14. Ott. 1823.).
3693 che hanno il perfetto ui, il quale grammaticalmente è certo di un pertimeo e di un extimeo, da timeo che ha infatti timui.
E trovasi veramente pertimens, e fors'anche il verbo
extimeo. Crebresco is
ui. Flammesco is. (14. Ott. 1823.).
Concupisco is-concupio.
Il proprio senso de' verbi in sco, è quale l'abbiam
definito: pur se ne troverà che o sempre o {per lo più}
o talvolta abbiano un senso diverso, p. e. conforme a quel de' loro verbi
originali noti o ignoti {#2. V. p. e. la definizione di tremisco nel Forcell.} Ciò non fa meraviglia. Il simile ho
notato accadere ne' continuativi pp. 1115. sgg.
pp. 2033. sgg.
pp. 2187. sgg.
pp. 2285. sgg.. E questo
esempio de' verbi in sco, del cui proprio significato
non v'è controversia, {#1. Vi sono anche
molti altri esempi simili di molti generi di verbi che per negligenza degli
scrittori, o per dimenticanza del lor primo destino ec. ec. escono sovente
de' termini {+del modo} e
proprietà generali del loro significato ec. ec.} può servire a
rispondere a chi dal non continuativo senso di molti continuativi, o in molti
casi ec., volesse trarre argomento di riprovare la nostra teoria della vera e propria e regolare significazione de'
continuativi ec. (14. Ott. 1823.).