10. Dec. 1823. dì della Venuta della S. Casa di Loreto.
[3968,3] Ho detto, non mi ricordo il dove pp. 2280-81, di un diminutivo, mi pare, italiano che la sua
inflessione in ol (sia verbo o sia nome ec. che non mi
sovviene) dimostrava lui essere originariamente latino. Ma si osservi che la
diminuzione in olo, olare
ec. è non men propria dell'italiano moderno di quel che sia del latino quella in
ulus, ulare, olus (come in filiolus) ec.
Ben è vero ch'essa deriva onninamente da
3969 questa
latina, anzi è la medesima con lei. Del resto l'aggiunta dell'u in questa nostra inflessione (come in figliuolo ec.). 1. è una gentilezza della scrittura e
ortografia, un toscanesimo, non è proprio della favella, seppur non lo è della
toscana, e in tal caso, che non credo neanche in toscana
sia troppo frequente e' sarebbe un accidente della pronunzia. 2. non si trova
nelle più antiche scritture, nè in moltissime delle meno antiche, benchè esatte,
anzi fuorchè nelle moderne, {forse} nel più delle
scritture ella manca, {+e credo ancora
che manchi regolarmente anche oggidì, almeno secondo l'ortografia della
Crusca, in molte parole dove l'olo è pur lungo.} 3. ella svanisce regolarmente (per la
regola de' dittonghi mobili) sempre che l'accento non è sull'o: quindi da figliuolo
figliolanza ec. 4. essa è veramente una proprietà
italiana onde anche da sono, bonus e tali altri o semplici, facciamo uo, come suono, buono ec. siccome gli spagnuoli ue, che pur si risolve, o ritorna, in o
sempre che l'accento non è sull'e, come da volvo
buelvo e poi bolver ec.
{V. p.
4008.}
{+E anche quando la desinenza ec. in olus o ulus ec. non è
diminutiva, noi ne facciamo sovente uolo
{ec.} come da phaseolus,
fagiuolo ec.} 5. Essa manca sempre in
moltissime parole {italiane,} come in tanti verbi
diminutivi o frequentativi ec. in olare de' quali ho
detto altrove pp. 2280-81
pp.
1116-17
p.
1241, che sarebbe sproposito scrivere in uolare. Insomma essa giunta non è propria di questa tale italiana
inflessione diminutiva derivante dal latino, ma è un accidente di pronunzia o di
ortografia italiana o toscana, che ha luogo anche in infiniti altri casi
alienissimi da questa inflessione, e che in questa medesima non ha sempre luogo
ec. (10. Dec. dì della Venuta della S. Casa di Loreto. 1823.).
{{V. p. 3984. 3992. 3993.}}