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29. Agos. 1828.

[4354,2]  Sinizesi. Dittonghi. - Dittonghi greci e vocali lunghe, avanti a vocali brevi, spesso divengono brevi perchè si suppone elisa la 2a vocale del dittongo, e l'una delle due vocali componenti la lunga. Così presso Virg. Te, Corydōn, ŏ Ălexi. * Pēlĭŏ Ossam.. * Īlĭŏ alto. * Ne' quali due ultimi esempi l'o non resta eliso interamente in forza della sua duplicità, come vocale lunga. Dugas-Montbel, loc. cit. alla p. 4334. in nota. {{V. p. 4467.}}
[4354,3]  Alla p. 4344. Divulgato l'uso della scrittura, è ben naturale che si pensasse a comporre e a scrivere nel modo il più naturale, cioè in prosa. Forse però non subito, perchè è anche naturale che le cose e i modi più semplici ed ovvi non si trovino al più presto: massime essendo inveterata, come nel nostro caso, un'usanza diversa. {+Del resto, riman fermo che le prime composizioni del mondo, {e per gran tempo le sole,} furono in versi, non per altro, se non perchè si compose assai prima che si scrivesse. V. p. 4390.}
[4354,4]  Alla p. 4349. Oggi più che mai bisogna che gli uomini si contentino della stima de' contemporanei, o per dir meglio, de' conoscenti; e i libri, della vita di pochi anni al più. {(Oggi veramente ciascuno scrive solo pe' suoi conoscenti.)}
[4354,5]  Alla p. 4327. Sarebbe questo il caso del Gialiso di Protogene (o di Apelle), dove l'azzardo fece meglio, anzi fece quello, che l'arte non aveva  4355 potuto. Del resto, o che Pisistrato, o che alcun altro per suo ordine, o che il suo figlio Ipparco, o che parecchi letterati di quel tempo, amici e aiutatori di questi due o dell'un d'essi (Wolf. p. cliii-v.), fossero quei che raccolsero i versi omerici, li disposero in quell'ordine che ora hanno, e li dividessero ne' due corpi dell'iliade e dell'Odissea, ad essi forse si apparterrebbe tutta la lode dell'{effetto che risulta dall'}insieme di questi due corpi, e la creazione del poema epico, se non fosse manifesto che anch'essi crearono il poema epico senza saperlo, e non ebbero altra intenzione che di porre quei canti in ordine, di classarli e dividerli secondo i loro argomenti. I διασκευασταί d'Omero furono politori e limatori, che emendarono probabilmente il metro e la dizione in assai luoghi, aggiunsero, tolsero, mutarono quello che parve lor necessario, per dare unità, insieme, liaison scambievole, e continuità a quei canti. Diversi dai Critici, il cui officio fu cercare quel che il poeta avesse scritto in fatti, non quello che stesse meglio; emendare i testi, non limarli. (Wolf. cli - ii.) Onde è diversa cosa διασκευή e recensio, sì in queste e sì nelle altre opere antiche. (p. cclvi. not.) Il Wolf crede (p. clii.) che i διασκευασταί, ch'egli interpreta exactores seu politores, * travagliassero alla riduzione de' canti omerici una cum Pisistrato vel paulo post. * {+Non ne ha però alcuna prova; non si trovano menzionati che negli scoliasti; io li credo molto più recenti (perchè così mi par naturale), benchè molto anteriori, com'ei pur dice, ai critici alessandrini.} Ad essi un poco più propriamente si dee dunque parte dell'effetto dell'insieme di que' due corpi, atteso ch'{in} essi v'ebbe l'intenzione. {{V. p. 4388.}}
[4356,1]   4356 In somma il poema epico nelle nostre letterature, non è nato che da un falso presupposto. Omero, e i poeti {greci} di quello e de' seguenti secoli non conobbero in tal genere che degl'inni. Quippe vocabulum ὕμνος latius patet, et saepe omne genus ἐπῶν complectitur. Unde illud in fine trium Hymnorum * (homericor.), manifestum istius moris vestigium: Σεῦ δ᾽ ἐγὼ ἀρξάμενος μεταβήσομαι ἄλλον ἐς ὕμνον * (Wolf. §. 25. p. cvii. not.) Cioè {passerò} a qualcuno de' canti omerici, a cui gl'inni {sacri} servivano di proemii, perciò dagli antichi sovente chiamati προοίμια, προοίμιον Διός, προοίμιον ᾽Aπόλλωνος etc. {+I rapsodi componevano o cantavano or l'uno or l'altro di tali proemii secondo il luogo e l'occasione del recitare gli squarci omerici, il nume protettor del paese, la solennità ec.} Vedi le mie osservazioni sui 3. generi di poesia, lirico, epico, drammatico pp. 4234-36; le quali riceveranno luce altresì dalle presenti. {{V. p. 4460.}}
[4356,2]  E in fatti il poema epico è contro la natura della poesia. 1.o Domanda un piano concepito e ordinato con tutta freddezza: 2. Che può aver a fare colla poesia un lavoro che domanda più e più anni d'esecuzione? la poesia sta essenzialmente in un impeto. È anche contro natura assolutamente impossibile che l'immaginazione, la vena, gli spiriti poetici, durino, bastino, non vengano meno in sì lungo lavoro sopra un medesimo argomento {+V. p. 4372.} {+È famosa, non meno che manifesta, la stanchezza e lo sforzo di Virgilio negli ultimi 6. libri dell'Eneide scritti veramente per proposito, e non per impulso dell'animo, nè con voglia.} {{V. p. 4460.}}- Il Furioso è una successione di argomenti diversi, e quasi di diverse poesie; non è fatto sopra un piano concepito e coordinato in principio; il poeta si sentiva libero di terminare quando voleva; continuava di spontanea volontà, e con una elezione, impulso, ὁρμή primitiva ad ogni canto; e certo in principio non ebbe punto d'intenzione a quella lunghezza. - I lavori di poesia vogliono per natura esser corti. E tali furono e sono tutte le poesie primitive (cioè le più poetiche e vere), di qualunque genere,  4357 presso tutti i popoli.
[4357,1]  Si obbietterà la drammatica. Direi che la drammatica spetta alla poesia meno ancora che l'epica. Essa è cosa prosaica: i versi vi sono di forma, non di essenza, nè le danno natura poetica. Il poeta è spinto a poetare dall'intimo sentimento suo proprio, non dagli altrui. Il fingere {di avere} una passione, un carattere ch'ei non ha (cosa necessaria al drammatico) è cosa alienissima dal poeta; non meno che l'osservazione esatta e paziente de' caratteri e passioni altrui. Il sentimento che l'anima al presente, ecco la sola musa ispiratrice del vero poeta, il solo che egli provi inclinazione ad esprimere. Quanto più un uomo è di genio, quanto più è poeta, tanto più avrà de' sentimenti suoi propri da esporre, tanto più sdegnerà di vestire un altro personaggio, di parlare in persona altrui, {d'imitare,} tanto più dipingerà se stesso e ne avrà il bisogno, tanto più sarà lirico, tanto meno drammatico. In fatti i maggiori geni {e poeti} che hanno coltivata la drammatica, {+(coltivata perchè l'hanno creduta poesia, {ingannati dal verso,} come Virgilio fece un poema epico perchè credè che Omero ne avesse fatto),} peccano sempre in questo, di dar se stessi più che altrui. {V. p. 4367.} L'estro del drammatico è finto, perch'ei dee fingere: un che si sente mosso a poetare, non si sente mosso che dal bisogno d'esprimere de' sentimenti ch'egli prova veramente {V. p. 4398.} Noi ridiamo delle Esercitazioni de' sofisti: che avrà detto Medea ec. che direbbe uno il quale ec. Così delle Orazioni di finta occasione, come tante nostre del 500, cominciando dal Casa. Or che altro è la drammatica? meno ridicola perchè in versi? Anzi l'imitazione è cosa prosaica: in prosa, come ne' romanzi, è più ragionevole: così nella nostra commedia, dramma in prosa, ec.
[4358,1]   4358 L'imitazione tien sempre molto del servile. Falsissima idea considerare e definir la poesia per arte imitativa, metterla colla pittura ec. Il poeta immagina: l'immaginazione vede il mondo come non è, si fabbrica un mondo che non è, finge, {inventa,} non imita, non imita (dico) di proposito suo: creatore, {inventore,} non imitatore; ecco il carattere essenziale del poeta. Quum philosophus ille * (Plato), primus, ut nobis videtur, ex aliquot generibus, maxime scenico, poëticae arti naturam affingeret μίμησιν etc. Primariam illius sententiam de arte poëtica suscepit Aristoteles in celebratiss. libello, correctam quidem passim a se, verum ne sic quidem explicatam, ut cuique generi Carminum satis conveniret; adeo didascalicum genus ab eo prorsus excluditur. Neque post Aristot. quisquam philosophor. veram vim illius artis aut historicam interpretationem recte assecutus videtur. * (Wolf. §. 36. p. clxiv - v.) Questa definizione di Platone, definizione di quel genere dialettico, esercitativo, anzi ludicro, secondo cui egli metteva p. e. la rettorica colla μαγειρική ec. (v. il Gorgia, e il Sofista, specialmente in fine.), è la sola origine di questa sì inventerata[inveterata] opinione che la poesia sia un'arte imitativa. {{V. p. 4372. fine.}}
[4358,2]  Ma, lasciando questo discorso ad altra occasione, basta ora rispondere che in origine e presso i greci (come tutte le cose in origine sono più ragionevoli), i drammi furono assai più brevi componimenti che ora, e quasi senza piano, cioè con intreccio semplicissimo. Omnino vero utilissimum esset, undecumque collecta unum in locum habere, quae in libris veterum vel praecepta de arte poëtica, vel iudicia de poëtis suis sparsim leguntur.  4359 Docerent ea, ni fallor, cum optimis, quae exstant, Carminibus comparata, quam sero Graeci in poësi didicerint totum ponere, ac ne Horatium quidem, qui illud praecipit, eius praecepti eosdem fines ac nostros philosophos constituisse. Erunt ei pręcipue hęc disquirenda, qui dramata Graecorum ad antiquę artis leges exigere volet. Quodsi in his saepius ab historica ratione deflexit Aristoteles, tanto magis admiranda est viri perspicacitas, qua saeculum suum praecucurrit. * {+V. p. 4458.} (Wolf §. 29. p. cxxv. not.)
[4359,1]  Del resto, vedesi insomma che l'epica, da cui apparentemente derivò la drammatica {+v. la pag. 4408. capoverso 2.} (anzi piuttosto da' canti, non ancora epici, ma lirici, de' rapsodi: Wolf.), si riduce per origine alla lirica, solo primitivo e solo vero genere di poesia: solo, ma tanto vario, quanto è varia la natura dei sentimenti che il poeta e l'uomo può provare, e desiderar di esprimere. (29. Agos. 1828.). {{V. p. 4412 fine.}}