4. del 1829.
[4429,1] Quanto presto e facilmente arrivi il fanciullo a
cavar conclusioni dal confronto de' particolari, a generalizzare, {ad astrarre,} e ad acquistar da se stesso la cognizione
di principii e di astrazioni che paiono di acquisto difficilissimo (e certo è
mirabile il conseguirlo), si può vedere, fra l'altre, da questa considerazione.
Io ho notato, e tutti possono notare, bambini di due anni, profferire i verbi
irregolari della lingua colle inflessioni che essi
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avrebbero dovuto avere se fossero stati regolari: p. e. dire io teno, io veno, io poto, per tengo, vengo, posso. Certamente, da
nessuno sentivano essi dire io teno ec.; non dicevano
dunque così per imitazione, ma per riflessione, per ragionamento; concludevano
essi che se da sentire p. e. si fa io sento, da vedere, io vedo, la prima persona di tenere, potere, doveva essere io teno, io poto; di venire, io veno. E
sbagliavano per esattezza di raziocinio e di generalizzazione. Avevano dunque
già trovate da se le regole generali delle inflessioni de' verbi, e formatosi
già in mente il tipo, il paradigma, delle loro diverse coniugazioni:
ritrovamento che esige tanta infinità di confronti, tanto acume di mente, e che
pare uno sforzo dello spirito metafisico de' primi grammatici: ai quali non è
punto inferiore un tal bambino. ec. ec. {+Quest'osservazione merita grand'attenzione dagli psicologi e ideologi. V. p. 4519.}
(4. del 1829.).