12-13. Aprile 1821.
[932,1] L'estensione reale strettamente considerata, della
quale è capace una lingua, in quanto lingua
933 usuale,
quotidiana, propria, e materna, è piccolissima; e molto minore che non si crede.
Una stretta conformità di linguaggio, e per conseguenza una medesima lingua
strettamente considerata, non è comune se non ad un numero ben piccolo di
persone, e non occupa se non un piccolo tratto geografico.
[933,1] 1. Ognuno sa e vede in quante lingue riconosciute, e
scritte, e distinte con precisione, sia divisa l'europa, e il mondo, e come
ciascuna nazione usi una lingua differente precisamente dalle altre, e propria
sua, sebbene possa aver qualche maggiore o minore affinità colle forestiere.
[933,2] 2. Diffondendosi una nazione, ed occupando un troppo
largo tratto di paese, e crescendo a un soverchio numero d'individui,
l'esperienza continua dei secoli, e la fede di tutte le storie, dimostra che la
lingua di quella nazione si divide, la conformità del linguaggio si perde, e per
quanto quella nazione sia veramente ed originariamente la stessissima, la sua
lingua non è più una. Così è accaduto alla lingua de' Celti, diffusi per la Gallia, la
Spagna,
la Bretagna, e l'italia ec. con che la
lingua Celtica s'è divisa in tante lingue, quanti paesi ha occupato la nazione.
{+Così alla teutonica, alla slava ec.
e fra le orientali all'arabica, colla diffusione de' maomettani.}
[933,3] 3. Sebbene un {popolo}
conquistatore trasporti e pianti la sua lingua nel paese conquistato, e distrugga anche del tutto la lingua paesana, la sua
lingua in quel tal paese appoco appoco si altera, finattanto che torna a
diventare una lingua diversa dalla introdottaci. Testimoni i Romani,
934 la cui lingua piantata colla conquista nella Francia e
nella Spagna,
(per non estenderci ora ad altro) e distrutta intieramente la lingua indigena
(giacchè quei minimi avanzi che ne potessero ancora restare, non fanno caso),
non fece altro che alterandosi a poco a poco, finalmente emettere dal suo seno
due lingue da lei formalmente diverse, la francese, e la spagnuola. Lo stesso si
potrebbe dire d'infinite altre famiglie di lingue Europee, e non Europee, che
uscite ciascuna da una lingua sola, colla diffusione dei loro parlatori, si sono
moltiplicate e divise in tante lingue quante compõgono[compongono] quella tal famiglia.
[934,1] 4. Anche dalle osservazioni precedenti si può dedurre,
che questa impossibilità naturale e positiva dello estendersi una lingua più che
tanto, in paese, e in numero di parlatori (o provenga dal clima che diversifichi
naturalmente le lingue, o da qualunque cagione), non è solamente dipendente
dalla mescolanza di altre lingue che guastino quella tal lingua che si estende,
a misura che trova occupato il posto da altre, e ne le caccia: ma che è
un'impossibilità materiale, innata, assoluta, per cui, quando anche tutto il
resto del mondo fosse vuoto, o muto, quella tal lingua, dilatandosi più che
tanto, si dividerebbe appoco appoco in più lingue. E ciò intendo di confermare
anche colle osservazioni seguenti.
[934,2] 5. Le colonie che trasportano di pianta una lingua in
diversi luoghi, portandovi i di lei stessi parlatori
935
naturali, sono soggette alla stessa condizione. Testimoni i tre famosi e
principali dialetti delle colonie greche, Ionico, Dorico, Eolico, per tacere
d'infiniti altri esempi.
[935,1] 6. Ciò non basta. Solamente che una nazione, senza
occupare paesi discosti, e forestieri, senza trasportarsi in altri luoghi, si
dilati, e formi un corpo più che tanto grande, la sua lingua, dentro la stessa
nazione, e nelle sue proprie viscere, si divide, e si diversifica più o meno
dalla sua primitiva, in proporzione della distanza dal primo e limitato seggio
della nazione, dalla prima fonte della nazione e della lingua, la quale non si
conserva pura se non in quel preciso {e ristretto}
luogo dov'ella fu primieramente parlata. Testimoni i moltissimi dialetti {minori} ne' quali era divisa la lingua greca dentro la
stessa grecia, {paese di sì poca estensione
geografica,} il Beotico, il Laconico, il Macedonico, lo Spartano, il
Tessalico: e parimente suddivisi i di lei dialetti principali negli altri
minori, Cretese, Sciotto, Cipriotto, Cirenese, Delfico, Efesio, Lidio, Licio,
Megarese, Panfilio, Fenicio, Regino, Siciliano, Siracusano, Tarentino ec. ({v.}
Sisti, Introduz. alla lingua Greca
§. 211.) Testimoni i dialetti della lingua italiana, della francese,
{della spagnuola,} della tedesca, e di tutte le
lingue antiche o moderne, purchè i loro parlatori siano più che tanto estesi di
numero e di paese. {{Che} la lingua Ebraica fosse distinta in dialetti nelle stesse
tribù Ebraiche, dentro la stessa Cananea, v. Iudic. c. XII. vers. 5.-6. e quivi i
comentatori. La
lingua Caldaica ec. non è che un Dialetto dell'Ebraica. La samaritana
parimente; o l'ebraica è un dial. della Samarit. o figlia o corruzione
di essa. ec. De' tre dialetti egiziani-coptici {tutti
tre scritti,}
v. il Giorgi.}
[935,2] 7. Neppur questo è tutto. Ma dentro i confini di un
medesimo ed unico dialetto, non v'è città, il cui linguaggio non differisca più
o meno, da quello medesimo della città più immediatamente vicina. Non differisca
dico, nel tuono {e inflessione e modulazione} della
pronunzia, nella inflessione {e modificazione} diversa
delle
936 parole, e in alcune parole, frasi, maniere,
intieramente sue proprie e particolari. Questo si vede nelle città di Toscana
(tanto che il Varchi vuole perciò che la lingua scritta
italiana, non solo non si chiami italiana, ma neppur toscana, bensì fiorentina),
si vede nelle altre città di qualunque provincia italiana, e dappertutto. Di più
in ciascuna città, il linguaggio cittadinesco è diverso dal campestre. Di più
senza uscire dalla città medesima, è noto che nella stessa firenze si parla più di
un dialetto, secondo la diversità delle contrade: (e di ciò pure il Varchi) Così che una lingua non arriva ad essere
strettamente conforme e comune, neppure ad una stessa città, s'ella è più che
tanto estesa, e popolata. E così credo che avverrà pure in Parigi ec. {{V. p. 1301. fine.}}
[936,1] Da questi dati caviamo alcune conseguenze più alte ed
importanti. 1. Che la diversità de' linguaggi è naturale e inevitabile fra gli
uomini, e che la propagazione del genere umano portò con se la moltiplicità
delle lingue, e la divisione e suddivisione dell'idioma primitivo, e finalmente
il non potersi intendere, nè per conseguenza comunicare scambievolmente più che
tanto numero di uomini. {+La confusione de' linguaggi che
dice la Scrittura essere stato un gastigo dato da Dio agli uomini, è
dunque effettivamente radicata nella natura, e inevitabile nella
generazione umana, e fatta proprietà essenziale delle nazioni
ec.}
[936,2] 2. Che il progetto di una lingua universale, (seppure
per questa s'è mai voluta intendere una lingua propria e nativa e materna e
quotidiana di tutte le nazioni) è una chimera non solo {materialmente, e relativamente, e} per le circostanze e le difficoltà
che risultano dalle cose quali ora sono,
937 ossia dalla
loro condizione attuale, ma anche in ordine all'assoluta natura degli uomini;
vale a dire non solamente in pratica, ma anche in ragione.
[937,1] 3. Considerando per l'una parte la naturale e
inevitabile ristrettezza, che ho detto, de' confini di una lingua assolutamente
uniforme; per l'altra parte, che la lingua è il principalissimo istrumento della
società, e che per distintivo principale delle nazioni si suole assegnare la
uniformità della lingua; ne inferiremo
[937,2] I. Una prova di quello che ho detto p. 873. fine - p. 877.
intorno alla ristrettezza delle società primitive quanto all'estensione; cioè si
conoscerà come la natura avesse effettivamente provveduto anche per questa parte
alla detta ristrettezza.
[937,3] II. Una nuova considerazione intorno agli ostacoli che
la natura avea posto all'incivilimento. Giacchè l'incivilimento essendo opera
della società, e andando i suoi progressi in proporzione della estensione di
essa società e del commercio scambievole ec.; e per l'altra parte, l'istrumento
principale della società essendo la lingua, e questa avendo fatto la natura che
non potesse essere uniforme se non fra pochissimi; si viene a conoscere come
anche per questa parte la natura si sia opposta alla soverchia dilatazione e
progresso della società, ed all'alterazione
938 degli
uomini che ne aveva a seguire. Opposizione che non si è vinta, se non con
infinite difficoltà, con gli studi, e con cento mezzi niente naturali, facendo
forza alla natura, come si sono superate tutte le altre barriere che la natura
avea poste all'incivilimento e alla scienza.
[938,1] III. Come la società, così anche la lingua fa
progressi coll'estensione: e la lingua di un piccolo popolo, è sempre rozza,
povera, e bambina balbettante, se non in quanto ella può essere influita dal
commercio coi forestieri, che è fuori anzi contro il caso. Si vede dunque che la
natura coll'impedire l'estensione di una lingua uniforme, ne ha voluto anche
impedire il perfezionamento, anzi anche la semplice maturità o giovanezza. Da
ciò segue che la lingua destinata dalla natura primitivamente e sostanzialmente
agli uomini, era una lingua di ristrettissime facoltà, e quindi di
ristrettissima influenza. Dunque segue che essendo la lingua l'istrumento
principale della società, la società destinata agli uomini dalla natura, era una
società di pochissima influenza, una società lassa, e non capace di corromperli,
una società poco maggiore di quella ch'esiste fra i bruti, come ho detto in
altri pensieri [pp.
579-81].
[938,2] IV. Colla debolezza della lingua destinataci, la
natura avea provveduto alla conservazione del nostro stato primitivo, non solo
in ordine alla generazione contemporanea,
939 ma anche
alle passate e future. Mediante una lingua impotente, è impotente la tradizione;
e le esperienze, cognizioni ec. degli antenati arrivano ai successori,
oscurissime incertissime debolissime e più ristrette assai di quelle
ristrettissime che con una tal lingua e una tal società avrebbero potuto
acquistare i loro antenati; {cioè quasi nulle.} Perchè
i bruti non avendo lingua, non hanno tradizione, cioè comunicazione di
generazioni, perciò il bruto d'oggidì è freschissimo e naturalissimo come il
primo della sua specie uscito dalle mani del Creatore. Tali dunque saremmo noi
appresso a poco, con una lingua limitatissima nelle sue facoltà. Il fatto lo
conferma. Tutti i popoli che non hanno una lingua perfetta, sono
proporzionatamente lontani dall'incivilimento. {V. p. 942.
capoverso 1.} E finchè il mondo non l'ebbe,
conservò proporzionatamente lo stato primitivo. Così pure in proporzione, dopo
l'uso della scrittura dipinta, e della geroglifica. L'incivilimento, ossia
l'alterazione dell'uomo, fece grandi progressi dopo l'invenzione della scrittura
per cifre, ma però sino a un certo segno, fino all'invenzione della stampa,
ch'essendo la perfezione della
tradizione, ha portato al colmo l'incivilimento. Invenzioni tutte
difficilissime, e soprattutto la scrittura per cifre; onde si vede quanto la
natura fosse lontana dal supporle, e quindi dal volere e ordinare i loro
effetti.
[939,1] E questo si può riferire a quello che ho detto
940 in altri pensieri [pp. 371-73]
pp. 830-38 contro coloro
che considerano l'incivilimento come perfezionamento, e quindi sostengono la
perfettibilità dell'uomo. Il quale incivilimento apparisce e dalla ragione e dal
fatto che non si poteva conseguire, e molto meno perfezionare senza l'invenzione
della scrittura per cifre; invenzione astrusissma, e mirabile a chi un momento
la consideri, e della quale gli uomini hanno dovuto mancare, non già
casualmente, ma necessariamente per lunghissima serie di secoli, com'è accaduto.
Torno dunque a domandare se è verisimile che la natura alla perfezione di un
essere privilegiato fra tutti, abbia supposto e ordinato un tal mezzo ec. ec. Lo
stesso dico del perfezionamento di una lingua, cosa anch'essa difficilissima e
tardissima a conseguirsi, e intendo ora, non quello che riguarda la bellezza, ma
la semplice utilità di una lingua. Lo stesso altresì della stampa inventata 4
soli secoli fa, non intieri. ec. ec. {V. p. 955. capoverso 1.
e il mio pensiero circa la diversità degli alfabeti naturali [p.
51,6.]}
[940,1] Altro è la perfettibilità della società, altro quella
dell'uomo ec. ec. ec. (12-13. Aprile 1821.)