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L'egoismo comune causa e necessità dell'egoismo individuale.

Common egoism is the cause and necessity of individual egoism.

463,2 607,1 669,1 930,1 1100,1 1913,1 2436,1 2653,2

[463,2]  L'egoismo comune cagiona e necessita l'egoismo di ciascuno. Perchè quando nessuno fa per te, tu non puoi vivere se non t'adopri tutto per te solo. E quando gli altri ti tolgono quanto possono, e per li loro vantaggi non badano al danno tuo, se vuoi vivere, conviene che tu combatta per te, e contrasti agli altri tutto quello che puoi. Perchè di qualunque cosa tu voglia cedere, non devi aspettare nè gratitudine nè compenso, essendo abolito il commercio de' sacrifizi e liberalità e benefizi scambievoli: anzi se tu cedi un passo gli altri ti cacciano indietro venti passi, adoperandosi ciascuno per se con tutte le sue forze; onde bisogna che ciascuno  464 contrasti agli altri quanto può, e combatta per se fino all'ultimo, e con tutto il potere: essendo necessario che la reazione sia proporzionata all'azione, se ne deve seguire l'effetto, cioè se vuoi vivere. E l'azione essendo eccessiva, dev'esserlo anche la reazione. E quanto l'una è maggiore, tanto l'altra dee crescere necessariamente. Come in una truppa di fiere affollate intorno a una preda, dove ciascuna è risoluta di non lasciare alle altre se non quanto sarà costretta; quella fiera che o restasse inattiva, o cedesse alle altre, o aspettasse che queste pensassero a lei, o finalmente non adoperasse tutte le sue forze; o resterebbe a digiuno, o perderebbe tanto, quanto meno forza avesse adoperata, o potuto adoperare. Tutto quello che si cede è perduto, posto il sistema dell'egoismo universale. Anche per altra parte, questo egoismo cagiona l'egoismo individuale, cioè non solo per l'esempio, ma pel disinganno che cagiona in un uomo virtuoso, la trista esperienza della inutilità, anzi nocevolezza della virtù e de' sacrifizi magnanimi: e per la misantropia che ispira il veder tutti occupati per se stessi, e non curanti del vostro vantaggio, non grati ai vostri benefizi, e pronti a danneggiarvi o beneficati o no.  465 La qual cosa cambia il carattere delle persone, e introduce non solo materialmente, ma radicalmente l'egoismo, anche negli animi più ben fatti. Anzi principalmente in questi, perchè l'egoismo non vi entra come passione bassa e vile, ma come alta e magnanima, cioè come passione di vendetta, e odio de' malvagi e degl'ingrati. Si nocentem innocentemque idem exitus maneat, acrioris viri esse, merito perire: * diceva Ottone Imp. appresso Tacito Hist. l. 1. c. 21. (2. Gen. 1821.). {{V. p. 607. fine.}}

[607,1]  {Alla p. 465.} Bisogna combattere ad armi uguali, chi non vuol restare sicuramente inferiore. Dunque  608 tutto il mondo oggidì essendo armato di egoismo, bisogna che ciascuno si provveda della medesima arma, anche i più virtuosi e magnanimi, se voglion far qualche cosa.

[669,1]  L'orgueil nous sépare de la société: notre amour-propre nous donne un rang à part qui nous est toujours disputé: l'estime de soi-même qui se fait trop sentir est presque toujours punie par le mépris universel. * Mme de Lambert, Avis d'une mère à sa fille, dans ses oeuvres complètes citées ci-dessus, (p. 633), p. 99. fine. Così è naturalmente nella società, così porta la natura di questa istituzione umana, la quale essendo diretta al comun bene e piacere, non sussiste veramente, se l'individuo non accomuna  670 più o meno cogli altri la sua stima, i suoi interessi, i suoi fini, pensieri, opinioni, sentimenti ed affetti, inclinazioni, ed azioni; e se tutto questo non è diretto se non a se stesso. Quanto più si trova nell'individuo il se stesso, tanto meno esiste veramente la società. Così se l'egoismo è intero, la società non esiste se non di nome. Perchè ciascuno individuo non avendo per fine se non se medesimo, non curando affatto il ben comune, e nessun pensiero o azione sua essendo diretta al bene o piacere altrui, ciascuno individuo forma da se solo una società a parte, ed intera, e perfettamente distinta, giacchè è perfettamente distinto il suo fine; e così il mondo torna qual era da principio, e innanzi all'origine della società, la quale resta sciolta quanto al fatto e alla sostanza, e quanto alla ragione ed essenza sua. Perciò l'egoismo è sempre stata la peste della società, e quanto è stato maggiore, tanto peggiore è stata  671 la condizione della società; e quindi tanto peggiori essenzialmente quelle istituzioni che maggiormente lo favoriscono o direttamente o indirettamente, come fa soprattutto il dispotismo. (Sotto il quale stato la Francia, era divenuta la patria del più pestifero egoismo, mitigato assai dalla rivoluzione, non ostante gl'immensi suoi danni, come è stato osservato da tutti i filosofi.) L'egoismo è inseparabile dall'uomo, cioè l'amor proprio, ma per egoismo, s'intende più propriamente un amor proprio mal diretto, male impiegato, rivolto ai propri vantaggi reali, e non a quelli che derivano dall'eroismo, dai sacrifizi, dalle virtù, dall'onore, dall'amicizia ec. Quando dunque questo egoismo è giunto al colmo, per intensità, e per universalità; e quando a motivo e dell'intensità, e massime dell'universalità si è levata la maschera (la quale non serve più a nasconderlo, perchè troppo vivo, e perchè tutti sono animati dallo stesso sentimento), allora la natura del commercio sociale (sia relativo alla conversazione,  672 sia generalmente alla vita) cangia quasi intieramente. Perchè ciascuno pensando per se (tanto per sua propria inclinazione, quanto perchè nessun altro vi pensa più, e perchè il bene di ciascheduno è confidato a lui solo), si superano tutti i riguardi, l'uno toglie la preda dalla bocca e dalle unghie dell'altro; gl'individui di quella che si chiama società, sono ciascuno in guerra più o meno aperta, con ciascun altro, e con tutti insieme; il più forte sotto qualunque riguardo, la vince; il cedere agli altri qualsivoglia cosa, {o per creanza, o per virtù, onore ec.} è inutile, dannoso e pazzo, perchè gli altri non ti son grati, non ti rendono nulla, e di quanto tu cedi loro, o di quella minore resistenza che opponi loro, profittano in loro vantaggio solamente, e quindi in danno tuo. E così, per togliere un esempio dal passo cit. di Mad. di Lambert, si vede nel fatto che oggidì, il disprezzo degli altri, e la stima aperta e ostentata di se stesso, non solamente non è più così dannosa come  673 una volta, ma bene spesso è necessaria, e chi non sa farne uso non guadagna nulla in questo mondo presente. Perchè gli altri non sono disposti ad accordarti {spontaneamente, e in forza del vero, e del merito} nulla, come di nessuna altra cosa, così neanche di stima, e bisogna quindi che tu la conquisti come per forza, e con guerra aperta e ostilmente, mostrandoti persuasissimo del tuo merito, ad onta di chicchessia, disprezzando e calpestando gli altri, deridendoli, profittando d'ogni menomo loro difetto, rinfacciandolo loro, non perdonando nulla agli altri, cercando in somma di abbassarli e di renderteli inferiori, o nella conversazione o dovunque con tutti i mezzi più forti. Che se oggidì ti vuoi procacciare la stima degli altri, col rispetto, buona maniera verso loro, col lusingare il loro amor proprio, dissimulare i loro difetti ec. e quanto a te, colla modestia, col silenzio ec. ti succede tutto l'opposto. Essi profittano di te {e de' tuoi riguardi verso loro,} per innalzarsi, e della tua poca resistenza {quanto a te,} per deprimerti. Quello che concedi  674 loro, l'adoprano in loro mero vantaggio, e danno tuo; quello che non ti arroghi o non pretendi, o quel merito che tu dissimuli, te lo negano e tolgono, per vederti inferiore ec. Così, nel modo che ho detto, ritornano effettivamente nel mondo i costumi selvaggi, {e} di quella prima età, quando la società non esistendo, ciascuno era amico di se solo, e nemico di tutti gli altri esseri o dissimili o simili suoi, in quanto si opponevano a qualunque suo menomo interesse o desiderio, o in quanto egli poteva godere a spese loro. Costumi che nello stato di società son barbari, perchè distruttivi della società, e contrari direttamente all'essenza ragione, e scopo suo. Quindi si veda quanto sia vero, che lo stato presente del mondo, è propriamente barbare[barbarie], o vicino alla barbarie quanto mai fosse. Ogni così detta società dominata dall'egoismo individuale, è barbara, e barbara della maggior barbarie. (17. Feb. 1821.).

[930,1]  Oggi l'uomo è nella società quello ch'è una colonna d'aria rispetto a tutte le altre e a ciascuna di loro. S'ella cede, o per rarefazione, o per qualunque conto, le colonne lontane premendo le vicine, {e queste premendo nè più nè meno in tutti i lati,} tutte accorrono ad occupare e riempiere il suo posto. Così l'uomo nella società egoista. L'uno premendo l'altro, quell'individuo che cede in qualunque maniera, o per mancanza di abilità, o di forza, o per virtù, e perchè lasci un vuoto di egoismo, dev'esser sicuro di esser subito calpestato dall'egoismo che ha dintorno per tutti i lati: e di essere stritolato come una macchina {pneumatica} dalla quale, senza le debite precauzioni, si fosse sottratta l'aria. (11. Aprile 1821.).

[1100,1]   1100 L'uomo non si può muovere neanche alla virtù, se non per solo e puro amor proprio, modificato in diverse guise. Ma oggi quasi nessuna modificazione dell'amor proprio può condurre alla virtù. E così l'uomo non può esser virtuoso per natura. Ecco come l'egoismo universale, rendendo per ogni parte inutile anzi dannoso ogni genere di virtù all'individuo, e la mancanza delle illusioni {e di cose che le destino, le mantengano, le realizzino,} producono inevitabilmente l'egoismo individuale, anche nell'uomo per indole più fortemente e veramente e vivamente virtuoso. Perchè l'uomo non può assolutamente scegliere quello che si oppone evidentemente e per ogni parte all'amor proprio suo. E perciò gli resta solo l'egoismo, cioè la più brutta modificazione dell'amor proprio, e la più esclusiva d'ogni genere di virtù. (28. Maggio 1821.).

[1913,1]  Oggi chi conoscendo ed avendo sperimentato il mondo, non è divenuto egoista, se ha niente niente di senso e d'ingegno, non può esser divenuto che misantropo. (14. Ott. 1821.).

[2436,1]  Il mondo, o la società umana nello stato di egoismo (cioè di quella modificazione dell'amor proprio così chiamata) in cui si trova presentemente, si può rassomigliare al sistema  2437 dell'aria, le cui colonne (come le chiamano i fisici) si premono l'une l'altre, ciascuna a tutto potere, e per tutti i versi. Ma essendo le forze uguali, e uguale l'uso delle medesime in ciascuna colonna, ne risulta l'equilibrio, e il sistema si mantiene mediante una legge che par distruttiva, cioè una legge di nemicizia scambievole continuamente esercitata da ciascuna colonna contro tutte, e da tutte contro ciascuna.

[2653,2]  {Alla p. 2441.} Luciano nel Dial. Χάρων ἢ ἐπισκοποῦντες, dopo i due terzi del Dial. in bocca di Caronte dice: ῾Oρῶ ποικίλην τινὰ τύρβην, καὶ μεστὸν ταραχῆς τὸν βίον, καὶ τὰς πόλεις γε αὐτον * (ἀνϑρώπων) ἐοικυίας τοῖς σμήνεσιν, ἐν οἷς ἅπας μὲν ἰδιόν τι κέντρον ἔχει, καὶ τὸν πλησίον κεντεῖ. ὀλίγοι δέ τινες, ὥσπερ σϕῆκες, ἄγουσι καὶ ϕέρουσι τὸν ὑποδεέστερον. * (Roma 13. Dic. 1822.).

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