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Fine, o Sommo bene dell'uomo. Perchè tanta discordia de' filosofi intorno ad esso.

End, or Supreme good of man. Why so much disagreement about it among philosophers.

4168,3 4228,1

[4168,3]  Alla p. 4137. L'uomo tende ad un fine principale e unico. Ogni suo atto volontario o di pensiero o d'opera è indirizzato a questo fine. Questo fine è dunque il suo sommo bene. E questo sommo bene che è? Certamente la felicità. {Sin qui tutti i filosofi sono d'accordo, antichi e moderni.} Ma che è, ed in che consiste, e di che natura è la felicità conveniente e propria alla natura dell'uomo, desiderata sommamente e supremamente, anzi per verità unicamente, dall'uomo, cercata e procacciata continuamente dall'uomo? Che cosa è per conseguenza il sommo bene dell'uomo, il fine dell'uomo? Qui non v'è setta, non v'è filosofo, nè tra gli antichi nè tra i moderni, che non discordi dagli altri. Sonovi alcuni che si maravigliano di tanta discordia dei filosofi in questo punto, dopo tanta loro concordia nel rimanente. Ma che maraviglia? Come trovare, come determinare, quello che non esiste, che non ha natura nè essenza alcuna, ch'è un ente di ragione? Il fine dell'uomo, il sommo suo bene, la sua felicità, non esistono. Ed egli cerca e cercherà sempre sommamente ed unicamente queste cose, ma le cerca senza sapere di che natura sieno, in che consistano, nè mai lo saprà, perchè infatti queste cose non esistono, benchè per natura dell'uomo sieno il necessario fine dell'uomo. Ecco spiegate le famose controversie intorno al sommo bene. Il sommo bene è voluto, desiderato, cercato di necessità, e ciò sempre e sommamente anzi unicamente, dall'uomo; ma egli nel volerlo, cercarlo, desiderarlo, non ha mai saputo nè mai saprà che cosa esso sia (le dette controversie medesime ne sono prova); e ciò perchè il suo sommo bene non esiste in niun modo. Il fine della natura dell'uomo esisterà forse in natura. Ma bisogna ben distinguerlo dal fine cercato  4169 dalla natura dell'uomo. Questo fine non esiste in natura, e non può esistere per natura. E questo discorso debbe estendersi al sommo bene di tutti gli animali e viventi. (11. Marzo. Vigil. della Domenica di Passione. 1826. Bologna.).

[4228,1]   4228 Molto impropriamente la questione del sommo bene è stata chiamata la questione dei fini. Il fine dell'uomo è noto e certo a ciascuno che interroghi se medesimo: un piacere perfetto, non dico in se, e però non importa se sommo o non sommo, ma perfetto rispetto ad esso uomo; un piacere che lo contenti del tutto. Questo è il nostro fine, notissimo a tutti, benchè poi non si possa conoscere di qual natura sia o possa essere questo piacere perfetto, niuno avendolo sperimentato mai; e per conseguenza che cosa e di qual natura sia o possa essere la felicità umana. Se la virtù, o la voluttà del corpo, o altre cose tali, possano proccurare all'uomo il piacere perfetto; o qual di loro più; o in somma donde possa o debba l'uomo conseguire il piacer perfetto che egli desidera, e che è il suo fine, questo può ben cadere e cade in questione; ma tal questione è dei mezzi, non già dei fini. Il fine è certo, il mezzo s'ignora, e la cagione di questa ignoranza è in pronto. La cagione, dico, si è che il mezzo o i mezzi di ottener questo fine, che niuno ha mai ottenuto, non esistono al mondo; che per conseguenza il sommo bene, che ci possa o debba dare il piacer perfetto che cerchiamo, non si trova, è un'immaginazione, come lo è questo piacer perfetto esso stesso, quanto alla sua natura; e che infine l'uomo sa e saprà ben sempre che cosa desiderare, ma non mai che cosa cercare, cioè che mezzo che cosa possa soddisfare il suo desiderio, dargli il piacer perfetto, cioè che cosa sia il suo sommo bene, dal quale debba nascere la sua felicità. (Recanati. 28. Nov. 1826.).