Infelicità, stimata biasimo, e segno di malvagità, e di odio divino, dagli antichi.
Unhappiness, was considered a blame and a sign of wickedness and of divine hatred among the ancients.
2463,2 3342,1 4021,1 4078,2 4088,2 4166,3 4188,6 4213,2 4248,2[2463,2]
Alla p. 2457.
marg. Qual nazione, se non dopo fatta Cristiana, non riputò per doni
2464 di Dio, e segni del favor celeste le
prosperità, e per gastighi di Dio, e segni dell'odio suo le sventure? (Onde fra'
più antichi, e fra gli stessi ebrei, come i lebbrosi ec., si fuggiva con orrore
l'infelice come scellerato, e quando anche non si sapesse, o non si fosse mai
saputa da alcuno la menoma sua colpa, si stimava reo di qualche occulto delitto,
noto ai soli Dei, e la sua infelicità s'aveva per segno certo di malvagità in
lui, e se l'avevano creduto buono, vedendo una sua sciagura, {credevano di disingannarsene.}). Al contrario accade nella nostra
religione, la quale, se non altro, definisce per maggior favore, e segno di
maggior favore di Dio l'infelicità, che la prosperità. (5. Giugno.
1822.).
[3342,1]
3342
Alla p. 3098.
Tutte le nazioni e società primitive, non altrimenti che oggidì le selvagge,
riputarono l'infelice e lo sventurato per nemico agli Dei o a causa di vizi e
delitti ond'ei fosse colpevole, o a causa d'invidia o d'altra passione o
capriccio che movesse i Numi ad odiar lui in particolare o la
sue[sua] stirpe ec. secondo le diverse idee
che tali nazioni avevano della giustizia e della natura degli Dei. Un'impresa
mal riuscita mostrava che gli Dei l'avessero contrariata o per se stessa o per
odio verso l'imprenditore o gl'imprenditori. Un uomo solito a échouer nelle sue intraprese, era senza fallo in ira
agli Dei. Una malattia, un naufragio, altre tali disgrazie provenienti più
dirittamente dalla natura erano segni più che mai certi dell'odio divino. Si
fuggiva quindi l'infelice, come il colpevole; se gli negava ogni soccorso e
compassione, temendo di farsi complice in questo modo della colpa, per poi
divenire partecipe della pena. Qua si dee riferire l'infamia pubblica in cui
erano i lebbrosi appresso gli Ebrei, e lo sono ancora, s'io non m'inganno, appo
gl'indiani. Gli amici {e la moglie} di Giobbe lo
3343
stimarono uno scellerato, com'ei lo videro percosso da tante disgrazie, benchè
testimonii dell'innocenza della passata sua vita. I Barbari dell'isola di
Malta vedendo l'Apostolo S. Paolo naufrago, e pur salvato in terra, e
quivi assalito da una vipera, lo stimarono un omicida che la divina vendetta
perseguitasse per ogni dove (Act. cap. 28. 3-6.) Rimane eziandio nelle
antiche lingue il segno, come d'ogni altra antica cosa, così di queste opinioni.
Tάλας (Aristoph.
Plut.) 4. 5. 19.), κακοδαίμων (ib. 4. 3.
47.), ἄϑλιος e simili nomi tanto valevano infelice, quanto malvagio,
scellerato ec. V. i latini. Onde anche tra noi sciagurato, disgraziato, misero,
miserabile {ec.} hanno l'uno e l'altro significato;
ovvero si attribuiscono altrui anche per avvilimento e disprezzo. Così in
francese malheureux, miserable ec. Cattivo ha perduto affatto il significato di
misero, che prima ebbe, ma non quello di ribaldo, reo, malo ch'è il suo più
ordinario e volgare significato oggidì. (3. Settembre 1823.). {{V. p. 3351.}}
{μοχϑηρός, πονηρός (πόνηρος infelix) μοχϑηρία, πονηρία ec. ec. V. lo Scapula, e p. 3382. κακοδαίμων quegli
che ha nemico τὸ δαιμόνιον cioè la
divinità, o τὸν δαίμονα. Ma e' vuol dire infelice. Luciano congiunge ϑεοῖς ἐχϑροὺς καὶ
κακοδαίμονας. Εὐδαίμων ch'ha gli dei amici, ma e'
vuol dir fortunato, felice. V. lo Scapula in queste voci e in
ἐχϑροδαίμων, e in βαρυδαίμων co' derivati ec. e Aristot.
Polit. l. 3. p. 260. e ivi
il Vettori (ed. Flor. 1576.).}

[4021,1]
4021 Kακοδαίμων per che ha gli déi
nemici, del che altrove p. 3343. Luciano
de Sacrificiis. t. 1. p. 362.
init.
(21. Gen. 1824.).
[4078,2]
Alla p. 3106.
Niuna cosa è forse più atta di questa a mostrare la differenza del pensar
moderno e del pensare antico (massime molto antico, al qual tempo appartiene
Frinico e più
che mai Omero) intorno a questi punti di
cui qui discorriamo, differenza che tiene strettamente alla diversità generale
dello stato dello spirito umano a' tempi antichi e a' moderni. Quando negli
ultimi anni, dopo
4079 il ritorno de' Borboni, fu
rappresentata a Parigi
la Tragedia del Vespro
Siciliano, tragedia che ebbe un successo distinto, qual
mai o francese o straniero, pensò ad accusare il poeta di poco amor nazionale o
di mancamento alcuno verso la patria, per aver commosso o cercato di commuovere
sopra una sventura de' suoi nazionali seguìta per opera di stranieri? Anzi chi
non riputò e questo proposito e la {scelta del}
soggetto nazionalissima e degnissima quanto qualunque altra di un buon
cittadino? perocchè il poeta non volle far piangere sopra i nemici della
Francia, ma sopra i Francesi sventurati. Or questo
appunto fece Frinico, il quale non commosse le lagrime sopra i barbari nè per li
barbari, ma sopra i greci e per li greci. E per questo medesimo fu condannato, e
sarebbe stato applaudito per lo contrario, e stimato buon cittadino, se avesse
fatto piangere e rivolta la compassione e pietà degli uditori sopra i nemici
della nazione, come fece Eschilo ne'
Persiani tragedia che ha per soggetto e per materia unica di
pietà e di terrore i mali de' nemici della grecia, nè
però fu condannata da alcuno, nè stimata altro che nazionalissima. Tale appunto
nè più nè meno si è il caso della iliade, che fa piangere quasi
unicamente {o certo principalmente} sopra e per li
troiani nemici de' suoi. (23. Aprile. 1824.).
[4088,2]
Malheureux per scellerato e
peggio ancora, cioè aggiuntovi il disprezzo. Aggiungasi al detto altrove in
questo proposito p. 3343. (14. Maggio. 1824.).
[4166,3] Ἄθλιος vale a un tempo infelice, e malvagio, del che altrove p.
3343.
[4188,6]
Malastroso, cioè infelice, per ribaldo. V. Monti
Proposta t. 6. p. xlix. not.