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Moda di filosofare in questo secolo.

The fashion to philosophize in our century.

31,1

Moda in questo secolo di parlare e studiar politica.

The fashion of our centiry to talk and study politics.

309,4 574-5

[31,1]  Il gusto presente per la filosofia non si dee stimare passeggero nè casuale, come fu varie volte anticamente p. e. appresso i greci al tempo di Platone dopo Socrate, e appresso i Romani in altri tempi ancora, ma fra i nobili e gli scioli come presentemente al tempo di Luciano, quando mantenevano il filosofo come ingrediente di corte e di famiglia illustre, e si trattenevano benchè scioccamente con lui ec. V. Luciano fra le altre opere nel trattato De mercede conductis. In questi tali tempi era effetto di moda, e non avendo il suo principio radicale nello stato dei popoli poteva passare e passava come ogni altra moda, sicch'era cosa accidentale che sopravvenisse questo gusto piuttosto che un altro. Ma presentemente il commercio scambievole dei popoli, la stampa ec. e tutto quello che ha tanto avanzato l'incivilimento cagiona questo amore dei lumi e per conseguenza della filosofia, e questo gusto filosofico che si manifesta nelle opere più alla moda e quello spirito senza il quale si può dire che nessun[nessuna] opera moderna incontra: onde questo gusto avendo la sua ferma radice nella condizione presente dei popoli si dee stimare durevole e non casuale nè passeggero e molto differente da una moda.

[309,4]  Il gusto decisamente di preferenza che ha questo secolo per le materie politiche, è una conseguenza immediata e naturale, della semplice diffusione dei lumi, ed estinzione dei pregiudizi. Perchè quando per una parte non si pensa più colla mente altrui, e le opinioni non dipendono più dalla tradizione,  310 per l'altra il sapere non è più proprio solamente di pochi, i quali non potrebbero formare il gusto comune; allora le considerazioni cadono necessariamente sopra le cose che c'interessano più da vicino, più fortemente, più universalmente. L'uomo pregiudicato o irriflessivo, segue l'abitudine, lascia andar le cose come vanno, e perchè vanno e sono andate così, non pensa che possano andar meglio. Ma l'uomo spregiudicato e avvezzo a riflettere, com'è possibile che essendo la politica in relazione continua colla sua vita, non la renda l'oggetto principale delle sue riflessioni, e per conseguenza del suo gusto? Nei secoli passati, come in quello di Luigi 14. anche gli uomini abili, non essendo nè spregiudicati, nè principalmente riflessivi, della politica conservavano l'antica idea, cioè che stesse bene come stava, e toccasse a pensarvi solamente a chi aveva in mano gli affari. Più tardi, gli uomini spregiudicati non mancavano, ma eran pochi; pensavano e parlavano di politica, ma il gusto non poteva essere universale. Aggiungete che i letterati {e i sapienti} per lo più vivono in una certa lontananza dal mondo; perciò la politica non toccava il sapiente così dappresso, non gli stava tanto avanti gli occhi, non era in tanta relazione  311 colla sua vita, come ora che tutto il mondo è sapiente, e le cognizioni son proprie di tutte le classi. Del resto, sebbene la morale per se stessa è più importante, e più strettamente in relazione con tutti, di quello che sia la politica, contuttociò a considerarla bene, la morale è una scienza puramente speculativa, in quanto è separata dalla politica: la vita, l'azione, la pratica della morale, dipende dalla natura delle istituzioni sociali, e del reggimento della nazione: ella è una scienza morta, se la politica non cospira con lei, e non la fa regnare nella nazione. Parlate di morale quanto volete a un popolo mal governato; la morale è un detto, e la politica un fatto: la vita domestica, la società privata, qualunque cosa umana prende la sua forma dalla natura generale dello stato pubblico di un popolo. Osservatelo nella differenza tra la morale pratica degli antichi e de' moderni sì differentemente governati. (9 Nov. 1820.). {{Oltracciò il comune è bensì illuminato e riflessivo al dì d'oggi, ma non profondo, e sebbene la politica domanda forse maggior profondità di lumi e di riflessioni che la morale, contuttociò il suo aspetto e superficie offre un campo più facile agl'intelletti volgari, e generalmente la politica si presta  312 davantaggio ai sogni alle chimere alle fanciullaggini. Finalmente il volgo preferisce il brillante e il vasto al solido {ed} utile, ma in certo modo più ristretto e meno nobile, perchè la morale spetta all'individuo, e la politica alla nazione e al mondo. E la superbia degli uomini è lusingata dal parlare e discutere i pubblici interessi, dall'esaminare e criticare quelli che gli amministrano ec. e il volgare si crede capace e degno del comando, allorchè parla della maniera di comandare.}}

[574,1]  Il mondo ha marcito appresso a poco in questo stato dal principio dell'impero romano, fino al nostro secolo. Nell'ultimo secolo, la filosofia, la cognizione delle cose, l'esperienza, lo studio, l'esame delle storie, degli uomini, i confronti, i paralelli, il commercio scambievole d'ogni sorta d'uomini, di nazioni, di costumi, le scienze d'ogni qualità, le arti ec. ec. hanno fatto progressi tali, che tutto il mondo rischiarato e istruito, si è rivolto a considerar se stesso, e lo stato suo, e quindi principalmente  575 alla politica ch'è la parte più interessante, più valevole, di maggiore e più generale influenza nelle cose umane. Ecco finalmente che la filosofia, cioè la ragione umana, viene in campo con tutte le sue forze, con tutto il suo possibile potere, i suoi possibili mezzi, lumi, armi, e si pone alla grande impresa di supplire alla natura perduta, rimediare ai mali che ne son derivati, e ricondurre quella felicità ch'è sparita da secoli immemorabili insieme colla natura. Giacchè insomma la felicità e non altro, è {o dev'esser} lo scopo di questa nostra oramai perfetta ragione, in qualunque sua opera: come questo è lo scopo di tutte le facoltà ed azioni umane.