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Piacere del legger poesia.

Pleasure of reading poetry.

259,2 1574,1 3158,1

[259,2]  Hanno questo di proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l'inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le più terribili disperazioni, tuttavia ad un'anima grande che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggimento della vita, o nelle più acerbe e mortifere disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque altra cosa); servono sempre di consolazione,  260 raccendono l'entusiasmo, e non trattando nè rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta. E così quello che veduto nella realtà delle cose, accora e uccide l'anima, veduto nell'imitazione o in qualunque altro modo nelle opere di genio (come p. e. nella lirica che non è propriamente imitazione), apre il cuore e ravviva. Tant'è, siccome l'autore che descriveva e sentiva così fortemente il vano delle illusioni, pur conservava un gran fondo d'illusione, e ne dava una gran prova, col descrivere così studiosamente la loro vanità (v. p. 214. 215.), nello stesso modo il lettore quantunque disingannato, e per se stesso e per la lettura, pur è tratto dall'autore, in quello stesso inganno e illusione nascosta ne' più intimi recessi dell'animo, ch'egli provava. E lo stesso conoscere l'irreparabile vanità e falsità di ogni bello e di ogni grande è una certa bellezza e grandezza che riempie l'anima, quando questa conoscenza si trova nelle opere di genio. E lo stesso spettacolo della nullità, è una cosa in queste opere, che par che ingrandisca l'anima del lettore, la innalzi, e la soddisfaccia di se stessa e della propria disperazione. (Gran cosa, e certa madre di piacere e di entusiasmo, e magistrale effetto della poesia, quando giunge a fare che il lettore acquisti maggior concetto di se, e delle sue disgrazie, e del suo stesso abbattimento e annichilamento di spirito). Oltracciò  261 il sentimento del nulla, è il sentimento di una cosa morta e mortifera. Ma se questo sentimento è vivo, come nel caso ch'io dico, la sua vivacità prevale nell'animo del lettore alla nullità della cosa che fa sentire, e l'anima riceve vita (se non altro passeggiera) dalla stessa forza con cui sente la morte perpetua delle cose, e sua propria. Giacchè non è piccolo effetto della cognizione del gran nulla, nè poco penoso, l'indifferenza e insensibilità che inspira ordinarissimamente e deve naturalmente ispirare, sopra lo stesso nulla. Questa indifferenza e insensibilità è rimossa dalla detta lettura o contemplazione di una tal opera di genio: ella ci rende sensibili alla nullità delle cose, e questa è la principal cagione del fenomeno che ho detto.

[1574,1]  Osservo però che non solo gli studi soddisfanno più di qualunque altro piacere, e ne dura più il gusto, e l'appetito ec. ma che fra tutte le letture, quella che meno lascia l'animo desideroso del piacere, è la lettura della vera poesia. La quale destando mozioni vivissime, e riempiendo l'animo d'idee vaghe e indefinite e vastissime e sublimissime e mal chiare ec. lo riempie quanto più si possa a questo mondo. Così che Cicerone  1575 non avrebbe forse potuto dire della poesia ciò che disse dell'eloquenza. Ben è vero che questa è proprietà del genere, e non del poeta individualmente, e non deriva dall'arte sua, ma dalla materia che tratta. Certo è che un poeta con assai meno arte ed abilità di un eloquente, può lasciare un assai minor vôto nell'animo, di quello che possa il più grande oratore; e produr ne' lettori quel sentimento che Cicerone esprime, in assai minor grado. (27. Agos. 1821.).

[3158,1]  4. Oggi, come ho già detto p. 564 pp. 3141. sgg., e proporzionatamente eziandio a' tempi di Virgilio, si può dir che più non esista interesse pubblico, se non in quei pochi che le cose pubbliche amministrano, e che il pubblico rappresentano,  3159 anzi, si può dir, lo compongono {e} costituiscono. Ed è ben cosa ragionevole e consentanea che l'interesse pubblico negli altri più non esista (e chi governa non legge poemi). Ora dunque i poemi il cui soggetto non è che qualche felicità {e gloria} nazionale, poco possono oggidì interessare, o certo assai meno che a' tempi d'Omero. Ma la sventura, e massime degl'immeritevoli, è sempre dell'interesse privato di ciascheduno uomo. Niuno è che non si stimi infelice e conseguentemente nol sia, e niuno è parimente che non si reputi immeritevole della infelicità ch'ei sostiene. Queste disposizioni benchè comuni a tutti i tempi, sono massimamente sensibili oggidì, poichè {+per le circostanze politiche} la vita non ha più come {vivamente} occuparsi e distrarsi, e {d'altronde} il lume della filosofia dissipa ben tosto, o soffoca nel nascere, o impedisce del tutto qualunque illusione di felicità. Quindi eziandio indipendentemente dalla compassione, egli era  3160 tanto più conveniente oggidì che a' tempi d'Omero il far molto giuocare ne' poemi epici le sventure degli uomini, quanto che oggi il sentimento della infelicità nelle nazioni civili è più vivo che fosse mai nel genere umano, ed {è} il sentimento e il pensiero per così dir dominante, {+da cui niuno oramai trova più come distrarsi.} E la infelicità individuale degli uomini è, per così dire, il carattere o il segno di questo secolo. Tutto al contrario di quel d'Omero, il quale forse godette di quella maggior felicità o minore infelicità che possa godersi dall'uomo nello stato sociale, e che sempre risulta dalla grande attività della vita e dalle grandi {e forti} illusioni, cose proprissime di quel tempo, massime nella Grecia. Or dunque oggidì le sventure cantate da' poeti, non possono non interessar grandemente, e più che in ogni altro tempo, e tutti; essendo il sentimento della propria sventura l'universale e più continuo sentimento degli uomini d'oggidì, ed amando naturalmente gli uomini di parlare e  3161 udir parlare delle cose proprie, e riguardando ciascheduno la infelicità come propria sua cosa, e dilettandosi gli uomini singolarmente di quelli che loro più si assomigliano, nè potendosi trovar somiglianza più universale che quella della infelicità, e compiacendosi ciascheduno di vedere in altrui o di legger ne' poeti i suoi propri sentimenti, e contando per somma ventura ogni volta ch'egli incontra o nella vita o ne' libri qualche notabile conformità o di casi o di circostanze o di opinioni o di carattere o di pensieri o d'inclinazioni o di modi o di vita e abitudini, colle sue proprie; e consolandosi ciascheduno delle sue sventure coll'esempio vivamente rappresentato, e più col vederle quasi celebrate e piante in altrui {+(e ciò in soggetto e circostanze e persone e avvenimenti illustri, come son quelli cantati ne' poemi epici),} innalzando il concetto di se stesso quasi il canto del poeta avesse per soggetto la di lui stessa infelicità, ed intenerendosi nella lettura quasi sui proprii mali. Chè in verità qualora leggendo i poeti (versificatori o prosatori) {o le storie} noi ci sentiamo  3162 commuovere da quelle vere o finte calamità, e ci lasciamo andare alle lagrime, crediamo forse di piangere le miserie altrui ma più spesso e più veramente, o più intensamente piangiamo in quel med. punto le nostre proprie, o mescoliamo il pensiero di queste al pensiero di quelle, e questa mescolanza (ch'è vera e propria e debita arte, e dev'essere scopo, del poeta l'occasionarla) è principal cagione di quelle nostre lagrime. E ci accade allora (e così ne' teatri ec.) come ad Achille piangente sul capo di Priamo il suo vecchio padre e la breve vita a se destinata ec. ec. sublimissimo e bellissimo e naturalissimo quadro di Omero. {+Le sventure, quando sieno nazionali, o in altra maniera più {particolarmente} appartenenti ai lettori, interesseranno sempre più, per la maggior somiglianza e prossimità, che non è quella dello sventurato in generale, e perchè sarà tanto più facile e pronto il passaggio dell'animo del lettore da quelle calamità alle sue proprie ec. Onde sarà sempre importantissimo che il soggetto del poema sia nazionale, e questi soggetti saranno sempre preferibili agli altri, e la nazionalità conferirà moltissimo all'interesse.}