4. Gen. 1822.
[2324,2]
Alla p. 1121.
fine. Il verbo periclitari che cosa crediamo
noi che sia con quella sua desinenza in tari?
Null'altro che un continuativo o frequentativo di un periculari, participio periculatus contratto
in periclatus, (come periculum spessissimo in periclum, e qui con
più ragione per non dire
2325 duramente periculitari) donde periclitari nè più nè meno come da minatus
di minari, minitari. Che è? questo periculor è un sogno? 1. Perchè dunque da periculum o periclum s'ha da
far di prima mano periclitor, e non periclor o periculor secondo
tutte le regole? 2. Eccovi periculor presso Festo in Catone,
che disse Periculatus sum. (Forcell.
in Periculatus). Ed eccovi appunto questo antichissimo
verbo dimenticato nella letteratura latina, vivo e verde ne' volgari dal volgar
latino derivati. Pericolare diciamo noi (e non periclitare, come potevamo ben dire, ma non può esser
oggi parola se non poetica, e forse forse): peligrar
gli spagnuoli, ed è lo stesso, perchè in ispagnuolo periculum s'è fatto peligro. Sempre, ὃ οὐ
διαλείπω λέγων, i nostri volgari si trovano più simili all'antichissimo che
all'aureo latino. V. il Dufresne in Periculare.
(4. Gen. 1822.).
{abbiamo
però anche periclitare. V. la Crusca.}
