11. Luglio 1823.
[2939,1] Dalle lunghe considerazioni da me fatte circa quello
che voglia significare nella Genesi l'albero della scienza ec.
pp. 393. sgg. ,
dalla favola di Psiche della quale ho
parlato altrove pp. 637-68, e da altre o favole o dogmi ec.
antichissimi, che mi pare avere accennato in diversi luoghi pp.
63-64, si può raccogliere non solo quello che generalmente si dice,
che la corruzione e decadenza del genere umano da uno stato migliore, sia
comprovata da una remotissima, universale, costante e continua tradizione, ma
che eziandio sia comprovato da una tal tradizione e dai monumenti della più
antica storia e sapienza, che questa corruttela e decadimento del genere umano
da uno stato felice, sia nato dal sapere, e dal troppo conoscere, e che
l'origine della sua infelicità sia stata la scienza e di se stesso e del mondo,
e il troppo uso della ragione. E pare che questa verità fosse nota ai più
antichi sapienti, e una
2940 delle principali e
capitali fra quelle che essi, forse come pericolose a sapersi, enunziavano sotto
il velo dell'allegoria e coprivano di mistero e vestivano di finzioni, o si
contentavano di accennare confusamente al popolo; il quale era in quei tempi
assai più diviso per ogni rispetto dalla classe de' sapienti, che oggi non è:
onde nasceva l'arcano in cui dovevano restare quei dogmi ch'essendo sempre
proprii de' soli sapienti, non erano {allora} quasi per
niun modo communicati al popolo, separato affatto dai saggi. Oltrechè in quei
tempi l'immaginazione influiva e dominava così nel popolo, come anche nei
sapienti medesimi, onde nasceva che questi, eziandio senz'alcuna intenzione di
misteriosità, e senz'alcun secondo fine, vestissero le verità di {figure,} e le rappresentassero {altrui} con sembianza di favole. E infatti i primi sapienti furono i
poeti, o vogliamo dire i primi sapienti si servirono della poesia, e le prime
verità furono annunziate in versi, non, cred'io, con espressa intenzione di
velarle e farle poco intelligibili, ma perchè esse si presentavano
2941 alla mente stessa dei saggi in un abito lavorato
dall'immaginazione, e in gran parte erano trovate da questa anzi che dalla
ragione, {+anzi avevano eziandio gran
parte d'immaginario, specialmente riguardo alle cagioni ec., benchè di buona
fede creduto dai sapienti che le concepivano o annunziavano.} E
inoltre per propria inclinazione e per secondar quella degli uditori, cioè de'
popoli a cui parlavano, i saggi si servivano della poesia e della favola per
annunziar le verità, benchè niuna intenzione avessero di renderle méconnaissables. (11. Luglio 1823.).