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5. Dic. 1828.

[4425,1]   4425 Conservare la purità della lingua è un'immaginazione, un sogno, un'ipotesi astratta, un'idea, non mai riducibile ad atto, se non solamente nel caso di una nazione che, sia riguardo alla[alle] letterature e alle dottrine, sia riguardo alla vita, non abbia ricevuto nulla da alcuna nazione straniera. La greca, per una stranissima combinazione di circostanze, si trovò, dopo la formazione della sua lingua e letteratura, per lunghissimo spazio di tempo, nel detto caso. Essa nazione greca (se non vogliamo associarvi la chinese) è fra le nazioni civili la cui storia sia conosciuta, il solo esempio reale di un caso siffatto, e la lingua greca è altresì la sola lingua colta che abbia per lungo spazio conservata una vera ed effettiva purità. La lingua latina fu impura tosto che divenne colta e letteraria. L'italiana fu impurissima nel suo stesso nascere {come lingua scritta,} piena di provenzalismi e di francesismi: poi, per la rara circostanza che l'Italia, divenuta maestra e lume e fonte alle altre nazioni, si trovò, come la Grecia, nel caso di non ricever nulla di fuori, essa lingua conservò una certa purità; finchè mutata {(anzi ridotta all'opposto)} la circostanza, essa divenne nuovamente, e rimane, impurissima. Alle nazioni presenti e future {(e all'italiana soprattutto)} durando il presente stato reciproco delle nazioni e delle letterature, la purità della lingua, presupposto che di questa lingua le nazioni vogliano far uso, è cosa immaginaria e impossibile. (5. Dic. 1828.).