5. Luglio 1820.
[152,1] L'ubbriachezza mette in fervore tutte le passioni, e
rende l'uomo facile a tutte, all'ira, alla sensualità ec. massime alle dominanti
in ciascheduno. Così proporzionatamente il vigore del corpo. È famoso quello di S.
Paolo, castigo corpus
meum et in servitutem redigo.
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In fatti in un
corpo debole non ha forza nessuna passione.
[152,2] Altro è la forza altro la fecondità dell'immaginazione
e l'una può stare senza l'altra. Forte era l'immaginazione di Omero e di Dante, feconda quella di Ovidio e dell'Ariosto. Cosa
che bisogna ben distinguere quando si sente lodare un poeta o chicchessia per
l'immaginazione. Quella facilmente rende l'uomo infelice per la profondità delle
sensazioni, questa al contrario lo rallegra colla varietà e colla facilità di
fermarsi sopra tutti gli oggetti e di abbandonarli, {e
conseguentemente colla copia delle distrazioni.} E ne seguono
diversissimi caratteri. Il primo grave, passionato, ordinariamente (ai nostri
tempi) malinconico, profondo nel sentimento e nelle passioni, e tutto proprio a
soffrir grandemente della vita. L'altro scherzevole, {leggiero,} vagabondo, incostante nell'amore, bello spirito, incapace
di forti e durevoli passioni e dolori d'animo, facile a consolarsi anche nelle
più grandi sventure ec. Riconoscete in questi due caratteri i verissimi ritratti
di Dante e di Ovidio, e vedete come la differenza della loro poesia
153 corrisponda appuntino alla differenza della
vita. Osservate ancora in che diverso modo Dante ed Ovidio sentissero e
portassero il loro esilio. Così una stessa facoltà dell'animo umano è madre di
effetti contrarii, secondo le sue qualità che quasi la distinguono in due
facoltà diverse. L'immaginazione profonda non credo che sia molto adattata al
coraggio, rappresentando al vivo il pericolo, il dolore, ec. e tanto più al vivo
della riflessione, quanto questa racconta e quella dipinge. E io credo che
l'immaginazione degli uomini valorosi (che non debbono esserne privi, perchè
l'entusiasmo è sempre compagno dell'immaginazione e deriva da lei) appartenga
più all'altro genere. (5. Luglio. 1820.).