8. Luglio 1820.
[159,1] Osservate ancora un finissimo magistero della natura.
Gli uccelli ha voluto che fossero per natura loro i cantori della terra, e come
ha posto i fiori per diletto dell'odorato, così gli uccelli per diletto
dell'udito. Ora perchè la loro voce fosse bene intesa, che cosa ha fatto? Gli ha
resi volatili, acciocchè il loro canto venendo dall'alto, si spargesse molto in
largo. Questa combinazione del volo e del canto non è certamente accidentale. E
perciò la voce degli uccelli reca a noi più diletto che quella degli altri
animali (fuorchè l'uomo) perchè era espressamente ordinata al diletto
dell'udito. E credo che ne rechi anche più agli altri animali che sono in uno
stato naturale, e forse perciò più capaci di trovarci o tutta o in parte
quell'armonia che ci trovano gli stessi uccelli, e che noi non ci troviamo,
perchè allontanandoci dalla natura, abbiamo perduto certe idee primitive intorno
alla convenienza, non assolute e necessarie, ma tuttavia dateci forse
arbitrariamente dalla natura. Io credo che i selvaggi trovino il canto degli
uccelli molto più dolce, e mi pare che si potrebbe provar lo stesso degli
antichi, i quali è noto che sentivano maggior diletto di noi nel canto delle
cicale ec. {{delle quali pure e simili si può notare che
cantano sopra gli alberi.}}
[159,2] Da tutte le cose dette nei pensieri qui sopra,
inferite che le nostre cognizioni intorno alla natura o dell'uomo o delle cose,
{e le nostre deduzioni, raziocini, e conclusioni,}
per la maggior parte non sono assolute ma relative,
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cioè sono vere in quanto alla maniera di essere delle cose esistenti, e da noi
conosciute per tali, ma era in arbitrio della natura che fossero altrimenti. E
intendo anche della maggior parte degli assiomi astratti, pochi de' quali sono
veramente assoluti e necessari in qualunque sistema di cose possibili (benchè
paiano), eccetto forse in matematica. E apprendiamo a formarci della possibilità un'idea più estesa della
comune, e della necessità e verità un'idea più limitata assai.
Vedete {in questo proposito} il fine del primo Libro del Zanotti sopra le forze che chiamano
vive.
[160,1] Applicate le cose dette nel pensiero che incomincia
Anche la stessa negligenza ec. (p. 50) alle produzioni francesi
riputate da quella nazione, modelli di semplicità naïveté ec. p. e. al Tempio
di Gnido di Montesquieu{{, sebbene in questo il male
deriva piuttosto dal contrasto della semplicità delle cose col ricercato e
manierato dello stile.}}
[160,2] La rivoluzione Francese posto che fosse preparata
dalla filosofia, non fu eseguita da lei, perchè la filosofia specialmente
moderna, non è capace {per se medesima} di operar
nulla. E quando anche la filosofia fosse buona ad eseguire essa stessa una
rivoluzione, non potrebbe mantenerla. È veramente compassionevole il vedere come
quei legislatori francesi repubblicani, credevano di conservare, e assicurar la
durata, e seguir l'andamento la natura e lo scopo della rivoluzione, col ridur
tutto alla pura ragione, e pretendere per la prima volta ab
orbe condito di geometrizzare tutta la vita. Cosa non solamente
lagrimevole {in tutti i casi} se riuscisse, e perciò
stolta a desiderare, ma impossibile a riuscire anche in questi tempi matematici,
perchè dirittamente contraria alla natura dell'uomo e del mondo. Le
Comité d'instruction publique réçut ordre de présenter un projet
tendant a substituer un culte raisonnable au culte
catholique!
*
(Lady
Morgan, France
161 l. 8. 3me édit. française,
Paris 1818. t. 2. p. 284. note de l'auteur)
E non vedevano che l'imperio della pura ragione è quello del dispotismo per
mille capi, ma eccone sommariamente uno. La pura ragione dissipa le illusioni e
conduce per mano l'egoismo. L'egoismo spoglio d'illusioni, estingue lo spirito
nazionale, la virtù ec. e divide le nazioni per teste, vale a dire in tante
parti quanti sono gl'individui. Divide et impera.
Questa divisione della moltitudine, massimamente di questa natura, e prodotta da
questa cagione, è piuttosto gemella che madre della servitù. Qual altra è la
cagione sostanziale della universale e durevole servitù presente a differenza
de' tempi antichi? Vedete che cosa avvenne ai Romani quando s'introdusse fra
loro la filosofia e l'egoismo, in luogo del patriotismo. Il qual egoismo è così
forte che dopo la morte di Cesare,
quando parea naturalissimo, che le antiche idee si risvegliassero ne' romani, fa
pietà il vederli così torpidi, così indifferenti, così tartarughe, così marmorei
verso le cose pubbliche. E Cicerone nelle filippiche il cui grande scopo
era di render utile la morte di Cesare,
vedete se predica la ragione, e la filosofia, o non piuttosto le pure illusioni,
e quelle gran vanità che aveano creata e conservata la grandezza romana.
(8. Luglio 1820.). {{V. p. 357.
capoverso 1.}}