16. Nov. 1820.
[331,1]
331 Quello ch'io dico della filosofia de' romani, e in
genere di ogni filosofia, si conferma dall'esser cosa già osservata che la
religione si ritrova presso la culla di tutti i popoli, in quella
guisa che la filosofia si è trovata sempre vicina alla lor
tomba.
*
(Essai sur
l'indifférence en matière de Religion. nelle prime linee del
Capo 2. E poco dopo il principio del C. 1. dopo aver detto che la filosofia
greca, tanto temuta da Catone, e
nondimeno insinuatasi fra i romani, fu la cagione della rovina di
Roma vincitrice del mondo, soggiunge ch' è un fatto degno della più seria
considerazione che tutti gl'imperi la cui storia è da noi
conosciuta, e che erano stati consolidati dal tempo e dalla
prudenza, si videro rovesciati dai Sofisti
*
. Nel capo
secondo si estende maggiormente in provare che la filosofia fu la
distruttrice di Roma, e conviene con Montesquieu il quale non teme di attribuire la caduta di
quest'impero alla filosofia di Epicuro,
*
aggiungendo in nota che Bolinghbroke pensa in questo punto assolutamente come
Montesquieu: "L'obblio ed il disprezzo della Religione furono la cagione
principale dei mali che"
332 "provò
Roma in seguito: la Religione e
lo Stato decaddero nella medesima
proporzione."
*
T. 4 p. 428.).
*
Colla differenza che laddove gli apologisti della religione ne deducono che gli
stati sono stabiliti e conservati dalla verità, e distrutti dall'errore, io dico
che sono stabiliti e conservati dall'errore, e distrutti dalla verità. La verità
non si è mai trovata nel principio, ma nel fine di tutte le cose umane; e il
tempo e l'esperienza non sono mai stati distruttori del vero, e introduttori del
falso, ma distruttori del falso e insegnatori del vero. E chi considera le cose
al rovescio, va contro la conosciuta natura delle cose umane. Questo è il
controsenso fondamentale in cui è caduto l'autore sopracitato. Egli avrebbe
difesa molto meglio la Religione se l'avesse difesa non come dettame
dell'intelligenza, ma come dettame del cuore. E quando egli dice che dunque
l'esistenza e la felicità, la perfezione e la vita dell'uomo sarebbero contro
natura, perchè la natura è il complesso delle perpetue verità, s'inganna, perchè
la natura è il complesso delle verità in tal modo che tutto quello ch'esiste sia
vero, ma non tutto quello ch'è vero sia conosciuto da ciascuna delle di lei
parti. Ed una di queste verità che son comprese
333 nel
sistema della natura, è che l'errore e l'ignoranza è necessaria alla felicità
delle cose, perchè l'ignoranza e l'errore è voluto, dettato, e stabilito
fortemente da lei, e perch'ella in somma ha voluto che l'uomo vivesse in quel
tal modo in cui ella l'ha fatto. E non perchè l'uomo ha voluto speculare il
fondo delle cose, contro quello che doveva anzi poteva fare naturalmente, perciò
è meno vero ch'egli doveva ignorare quello che ha scoperto, e che la sua
felicità sarebbe stata vera, se egli
avesse errato, e ignorato quelle verità che così considerate riescono
indifferenti all'uomo, e che la natura ha seguite (ma segretamente) nel suo
sistema, perchè gli erano necessarie, (16. Nov. 1820.). {{o perchè così gli è piaciuto.}}