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23. Nov. 1820.

[349,1]  L'Essai sur l'indifférence en matière de religion, {alquanto} dopo il principio del capo V. nel luogo dove tratta delle origini storiche del Deismo, dimostra i neri presentimenti che agitavano i Capi della Riforma intorno al futuro stato delle opinioni, della religione, e dei popoli. Buon Dio, qual tragedia, esclamava uno di essi, vedrà mai la posterità! Pur troppo bene. Essi cominciavano  350 a sentire e prevedere la febbre divorante e consuntiva della ragione, e della filosofia; la distruzione di tutto il bello il buono il grande, e di tutta la vita; l'opera micidiale e le stragi di quella ragione e filosofia che aveva avuto il primo impulso, e cominciò la sua trista devastazione in Germania, patria del pensiero, (come la chiama la Staël) non inducendo gli uomini da principio se non ad esaminar la religione, e negarne alcuni punti, per poi condurli alla scoperta di tutte le verità più dannose, e all'abbandono di tutti gli errori più vitali e necessari. I lumi cagionati dal risorgimento delle lettere, erano appunto allora giunti a quel grado che bastava per cominciare l'infelicità e il tormento di un popolo, al quale la natura era stata meno larga dei mezzi di felicità, che sono l'immaginazione ricca e varia, e le illusioni. Ne avevano naturalmente quanto bastava (e così gl'inglesi ai tempi di Ossian, come gli stessi germani ai tempi de' Bardi e di Tacito), ma non tanti, nè tanto forti da resistere ai lumi così lungamente, come i paesi meridionali, e soprattutto (la Spagna e) l'Italia, dove anche oggidì si vive poco, è vero, perchè manca il corpo e il pascolo materiale e sociale delle illusioni, ma si pensa anche ben poco. (23. Nov. 1820.) {{La Spagna s'è trovata finora nello stesso caso. Il suo clima, e la situazione geografica, e il governo ec.  351 proteggevano le illusioni come in italia, senza però lasciarnela profittare, nè proccurarsene punto di vita, massime esterna e sociale.}}