28. Nov. 1823.
[3932,3]
Alla p. 3802.
fine. Sebben però quanto all'animo, alla cognizione della verità, alla
spiritualizzazione dell'uomo (p. 3910. segg. ) che son tutte cose parte necessarie alla
civilizzazione, parte suoi naturali effetti, parte sostanza e quasi sinonimi di
essa, lo stato dell'uomo civile è indubitatamente di gran lunga inferiore a
quello delle più selvagge e brutali società, e più lontano incomparabilmente
dalla natura, e sotto questo rispetto non meno che per se medesimo infinitamente
più infelice. L'individuo nella società civile nuoce meno agli altri, ma molto
più a se stesso. Ed anche quanto agli altri, ei nuoce meno al lor fisico ma al
morale molto più, ei li danneggia fisicamente meno, ma moralmente in mille guise
e sotto mille rispetti, molto davantaggio. Ora il morale nell'uomo civile, lo
spirito ec. è {+per natura dell'uomo in
tale stato} la parte principale e τὸ κυριώτατον dell'uomo, anzi quasi
tutto l'uomo, non altrimenti e niente manco
3933 che
nell'uomo primitivo o di società salvatica, la parte principale e quasi il
tutto, sia il corpo. Dunque nella società civile, nuocendo gl'individui a' lor
simili moralmente assai più che nella selvaggia, e contribuendo alla infelicità
dello spirito gli uni degli altri, essi non {si}
nocciono scambievolmente meno, nè si cagionano l'un l'altro minore infelicità,
nè di questa ne son manco cagione essi, di quel che avvenga nella società
barbara, dove il nocumento scambievole, e l'infelicità che risulta dalla società
stessa è più fisica che morale, perchè i lor subbietti cioè quegli uomini sono
altresì più materia che spirito nella stessa proporzione. Anzi quanto e maggiore
l'infelicità dello spirito che quella del corpo, tanto è maggiore il danno
morale, o influente principalmente sul morale, e affliggente il morale, che gli
uomini civili si recano scambievolmente (anche quando offendono in cose e con
mezzi fisici); e quindi tanto maggiore è l'infelicità che gli uni agli altri in
tal società si proccurano, di quella che nelle società barbare, o semibarbare, o
semicivili, a proporzione. E quanto a se stessi, niuno nella società selvaggia
nuoce a se moralmente, come inevitabilmente accade nella civile. Fisicamente già
non può nuocersi il selvaggio se non per accidente. Il civile arriva fino al
suicidio. Insomma si conchiude che tutto compensato, la società civile {per sua natura} è cagione all'uomo, benchè di minore
infelicità fisica {ed appariscente} (o piuttosto di
minori sciagure fisiche, perchè com'ella noccia generalmente al fisico, e
particolarmente colle malattie, che a lei quasi tutte si debbono ec. si è
mostrato in più luoghi pp. 68-69
pp. 1597-602
pp. 1631-32
pp.
3179-82
pp.
3643. sgg.
pp. 3773. sgg. ), pur di
maggiori sciagure morali, e tutto insieme
3934 di molto
maggiore infelicità, che non è la società selvaggia o mal civile, altresì per
sua natura. E similmente, {+compensato il
tutto insieme,} è molto più lontana dalla natura, benchè le
snaturatezze della società selvaggia diano molto più nell'occhio, non per altro
che perchè sono più materiali e fisiche, siccome gli uomini che compongono tali
società, e siccome le sciagure e la infelicità generale che ne risulta. Non v'è
cosa più contro natura, di quella spiritualizzazione delle cose umane e
dell'uomo, ch'è essenzial compagna, effetto, sostanza della civiltà. Come le
snaturatezze, le calamità, e la infelicità delle società selvagge, per esser
{+naturalmente} più fisiche,
anzi tutte fisiche e materiali, sono più evidenti e tali che ognuno le può
riconoscere per quel che sono, non v'è uomo il quale non convenisse che se la
società umana non potesse esser altra che la selvaggia, la società nel gener
nostro sarebbe cosa contro natura, e l'uomo non esser fatto per la società, ed
in questa esser necessariamente imperfettissimo e infelicissimo. Ma perchè i
danni e le snaturatezze della società civile sono più morali e spirituali, il
che è ben consentaneo, perchè tale si è altresì l'uomo civile, ed' e' non può
esser altrimenti, perciò, quantunque tali danni sieno molto più gravi veramente
e contro natura, e tali snaturatezze molto maggiori, niuno però conviene che la
società civile sia contro natura, e l'uomo non esser fatto per lei, e ch'ella
sia necessariamente infelice, e molto meno ch'ella per propria essenza sia più
contraria alla natura, e complessivamente più infelice che la società selvaggia.
Questo veramente non è un ragionare da uomini civili, cioè spiritualizzati, ma
appunto da primitivi o selvaggi, cioè materiali, non avendo riguardo che alle
3935 snaturatezze e infelicità materiali e
sensibili, e che si riconoscono senza ragionamento, o stimandole sempre assai
minori di quelle che il ragionamento dimostra essere molto maggiori, o negando
affatto di riconoscere quelle che in verità sono molto maggiori, {e negandolo perchè} solo il ragionamento può mostrarle
per tali e per infelicità e snaturatezze. Gli uomini anche i più civili e
filosofi, così facendo (come quasi tutti, anche i sommi, fanno), somministrano
nello stesso eccesso della lor civiltà {e
spiritualizzazione,} una forte conferma di questa nostra proposizione
che non vi sia cosa più contraria alla natura che la spiritualizzazione
dell'uomo e di qualsivoglia cosa, e che tutto insomma per natura è materiale, e
che la materia sempre vince, e che quindi essi così civili e spiritualizzati
sono corrottissimi, perchè nello stesso loro ragionamento con cui vogliono
difendere questo loro stato, {+e che loro
è inspirato da questo,} dánno la preferenza alla materia e non
vogliono ragionare che materialmente.
[3935,1]
Tout
homme qui pense est un animal dépravé.
*
Dunque
l'uomo e la società civile lo è più che mai, e tanto più quanto più civile, non
essendo quasi altro che spirito, ed éssere pensante, o adunanza di tali
esseri.
[3935,2] Tutto questo discorso conviene colle osservazioni e
prove che in mille di questi miei pensieri si sono fatte sopra la snaturatezza e
infelicità vera dell'uomo corrispondente in proporzione alla sua maggior
civiltà. Del che vedi in particolare il pensiero seguente [p. 3936,1], {+e quello a cui esso si riporta,} come per natura sua, la
civiltà sia supremamente contraria alla natura sì dell'uomo sì universale, e
causa d'infelicità somma {+più che non è
lo stato selvaggio,} per una conseguenza della teoria e delle leggi
universali di tutte le cose,
3936 e dell'esistenza.
(28. Nov. 1823.).