13. Aprile 1821.
[940,2] Quello che ho detto in parecchi pensieri della
compassione che eccita la debolezza [p. 108]
[p. 164]
[p. 196]
[p. 211]
[p.
234]
[p. 281], si deve considerare massimamente in quelli che sono forti, e
che sentono in quel momento la loro forza, e ne' quali questo sentimento
contrasta coll'aspetto della debolezza o impotenza di quel tale oggetto amabile
o compassionevole: amabilità che in
941 questo caso
deriva dalla sorgente della compassione, quantunque quel tale oggetto in quel
punto non soffra, o non abbia mai sofferto, nè provato il danno della sua
debolezza. Al qual proposito si ha una sentenza {o
documento} de' Bardi Britanni rinchiusa in certi versi che suonano
così: Il soffrire con
pazienza e magnanimità, è indizio sicuro di coraggio e d'anima
sublime; e l'abusare della propria forza è segno di codarda
ferocia
*
. (Annali di Scienze e Lettere l.
cit. di sopra (p. 932.) p.
378.) L'uomo forte ma nel tempo stesso magnanimo, deriva senza sforzo
e naturalmente dal sentimento della sua forza un sentimento di compassione per
l'altrui debolezza, e quindi anche una certa inclinazione
ad amare, e {una certa facoltà di sentire
l'amabilità,} trovare amabile un oggetto, maggiore che gli
altri. Ed egli suol sempre soffrire con pazienza dai deboli, piuttosto
che soverchiarli, ancorchè giustamente. (13. Aprile 1821).