Divinità antiche. Gli antichi non abbassarono la divinità, ma innalzarono la umanità: perchè stimarono le cose umane assai più che il Cristianesimo non le stima: ec.
Ancient divinities. The ancients did not debase divinity but rather elevated humanity, because they esteemed human things much more than Christianity does, etc.
Vedi Démoni.Semidei. See Daemons. Demigods. 3494,1 4048,3 4050,2 4076,3 4094,2 4110,3 4117,1[3494,1] Si suol dire che gli antichi attribuivano agli Dei
le qualità umane, perch'essi avevano troppo bassa idea della divinità. Che
questa idea non fosse appo loro così alta come
3495 tra
noi, non posso contrastarlo, ma ben dico che se essi attribuirono agli Dei le
qualità umane, ne fu causa eziandio grandemente l'aver essi degli uomini e delle
cose umane e di quaggiù troppo più alta idea che noi non abbiamo. E soggiungo
che umanizzando gli Dei, non tanto vollero abbassar questi, quanto onorare e
inalzar gli uomini; e ch'effettivamente non più fecero umana la divinità che
divina l'umanità, sì nella lor propria immaginazione e nella stima popolare, sì
nella espressione ec. dell'una e dell'altra, nelle favole, nelle invenzioni, ne'
poemi, nelle costumanze, ne' riti, nelle apoteosi, ne' dogmi e nelle discipline
religiose ec. (22. Sett. 1823.). Tanto grande idea ebbero gli
antichi dell'uomo e delle cose umane, tanto poco intervallo posero fra quello e
la divinità, fra queste e le cose divine (non per abbassar l'une ma per elevar
l'altre, nè per disistima dell'une ma per altissimo concetto dell'altre),
ch'essi stimarono la divinità e l'umanità potersi congiungere insieme in un solo
subbietto, formando una persona sola. Onde immaginarono un intiero genere
participante
3496 dell'umano e del divino,
participazione che lor sembrò naturalissima, e ciò furono i semidei. E
similmente i fauni, le ninfe, i pani ed altre tali divinità, anzi semidivinità
{#1. δαίμονες, genii, lares, penates, manes ec. V. Forcell. in tutte queste voci.} terrestri,
acquatiche, aeree, insomma sublunari, reputate mortali, si possono ridurre a
questo genere di partecipanti
(v. il Forcellini in Nympha): sebben
elle erano inferiori ai semidei, come Ercole (di cui vedi Luciano
Dial. d'Ercole e Diogene, che fa molto a proposito), cioè participanti forse
di minor parte di divinità e più d'umanità o mortalità; siccome gli eroi,
finch'essi sono mortali possono parere un grado inferiori a' Pani, ninfe ec.
cioè men divini. (V. Forcell. in Heros, Indigetes, Semideus; e Platone nel Convito
ed. Astii t. 3.
498. D- 500. E, che fa ottimamente al caso {#1.) V. p.
3544.} Gli antichi non trovarono maggior difficoltà a
comporre in {un} suggetto medesimo l'umanità e la
divinità, di quel che a comporre i due sessi umani, il maschio e la femmina,
negl'immaginari ermafroditi; quasi l'umano e il divino fossero, non altrimenti
che il virile e il donnesco, due {diverse} specie, per
dir così, d'un genere istesso, nè maggior differenza, o intervallo,
3497 o distinzion di natura fosse tra loro. (22.
Sett. 1823.).
[4048,3]
Luciano nel Dialogo di Menippo, Amfiloco e Trofonio.
M. τί δὲ
*
(lego δὴ ut contextus expetit)
ὁ ἥρως ἐστίν; ἀγνοῶ γὰρ. T. ἐξ ἀνϑρώπου τι καὶ ϑεοῦ
σύνϑετον. M. ὃ μήτε ἄνϑρωπός ἐστιν, ὡς ϕῄς, μήτε ϑεός, καὶ συναμϕότερόν
ἐστι.
*
Rechisi al detto altrove pp. 3494-97
pp.
3544-45 sopra l'opinione degli antichi circa i semidei, segno
dell'alto concetto che avevano della natura umana. (16. Marzo
1824.).
[4050,2] Dell'antiche opinioni circa i semidei e gli eroi,
delle quali altrove pp. 3494-96
pp.
3544-45
p.
4048, vedi ancora il Dialogo di
Diogene ed Ercole ne' Dial. de'
morti di Luciano.
(21. Marzo. 1824.).
[4076,3] A proposito del detto altrove pp. 3494-97
pp.
3544-45
p.
4048
p.
4050 circa i semidei dimostranti l'alta opinione che gli antichi
avevano della natura umana, osservisi con quanta facilità si divinizzavano
appresso i romani gl'imperatori o altri della loro famiglia, o loro liberti e
favoriti, o vivi ancora, o morti al tempo e sotto gli occhi di quelli che li
divinizzavano, anzi allora allora.
{anche
Cesare Dittat. fu divinizzato,
con flamine ec. ec., dopo la morte almeno. V. gli storici e Sveton. in fine della sua vita.} Non
dirò già io che nè quelli che li divinizzavano, nè le altre persone
intelligenti, nè forse anche la più ignorante feccia del popolo e la più
superstiziosa, massime in quei tempi già illuminati e disingannati in tante cose
(sebbene anche a quei tempi v'aveano persone, eziandio tra' nobili e senatori,
di maravigliosa superstizione, come e più che non fu Senofonte, spirito sì colto e istruito, fra' greci in
tempi simili) credessero veramente alla divinità di quei tali imperatori o
parenti o favoriti di essi, vivi o morti. Ma quest'uso solo di divinizzare delle
persone
4077 contemporanee, cosa che poichè era tanto
ricercata da un canto dall'ambizione, dall'altro dall'adulazione, non doveva
essere al tutto senza qualche effetto di persuasione in qualche parte del
popolo, dimostra quanto poca distanza e diversità di natura ponessero gli
antichi fra il divino e l'umano, senza di che non sarebbe stato possibile che
una tale assurdità fosse pur venuta loro nella mente. Certo nè anche a' più
barbari, ignoranti e superstiziosi tempi del Cristianesimo, niuno pensò nè
avrebbe potuto pensare o di far credere ad alcuno o solamente di dire {per adulazione o per altro qualunque motivo} che una
persona non solo contemporanea, non solo viva, ma morta ed antica e famosa pure
per santità e per qualsivoglia virtù o dignità, potenza ed opere vere o credute,
fosse stato trasformato o dovesse trasformarsi, non dirò nella natura divina, ma
neanche nell'angelica. E {qual Cristiano} avrebbe osato
fare sopra qualsivoglia Principe Cristiano o no, fosse stato anche molto più
grande e formidabile e più despotico di Augusto, ed esso molto più adulatore e più vile di tutti gli uomini
di quel secolo, un distico simile a quello attribuito a Virgilio: Nocte pluit
tota
*
ec.? Qual Principe Cristiano sarebbesi fatto
rappresentare cogli attributi non dirò dell'Eterno Padre o del Figliuolo, ma
d'un Angelo o di un Apostolo, come gl'Imperatori, i loro parenti, i loro
favoriti, si facevano scolpire, dipingere ec., o erano dipinti e scolpiti per
adulazione, non pur dopo morte, ma in vita, cogli attributi e sotto la forma di
Ercole, (anche una donna è nel
Museo Vaticano rappresentata in istatua sotto questa forma, cioè con clava,
pelle di leone ec.) di Venere, di Mercurio e simili. Lascio i templi,
gl'idoli ed altari eretti a' viventi appo i Romani, con culto {sacrifizi} e onori regolari e giornalieri al tutto
divini, con flamine apposta
4078 destinato al
particolar culto di quella divinità ancor vivente (flamen augustalis ec.), le
pene decretate ed eseguite contro i bestemmiatori o violatori qualunque d'esse
divinità morte o vive, come rei di religione, non di politica, le accuse e
giudizi contro gl'incolpati di tali delitti ec. ec. Anche Alessandro si fece passare per figlio di Giove Ammone, e pare che da qualche
parte del popolaccio fosse creduto, non solo de' barbari, ma de' greci e
macedoni, ed è ben verisimile, o certo egli usò questa finzione come un mezzo
politico per farsi rispettare e temere ec. e tenere in dovere ec. onde mostra
che egli giudicò dovergli essere creduto, e ciò dai greci principalmente e dai
macedoni, poichè i barbari non riconosceano gli stessi déi. V. in Luciano
tra i Diall. de' Morti, quello di Alessandro e Diogene, Alessandro e Filippo,
Alessandro, Annibale, Scipione e Minosse.
(21. Aprile. 1824.). E certo la grecia
allora non era una sciocca nè meno illuminata che fosse
Roma al tempo degl'Imperatori. (21. Apr.
1824.).

[4094,2] Non solo gli antichi avevano tanto alta idea della
natura umana che la stimavano poco inferiore alla divina, come ho detto altrove
pp. 3494-97
pp.
3544-45
p.
4048
p.
4050
p.
4076 parlando de' semidei, ma credevano ancora le anime nostre
parenti, emanazioni, parti della divinità, divine esse stesse, e quasi dee (τὸ
ἐν ἡμῖν ϑεῖον). Della quale opinione non già volgare, anzi propria de' filosofi,
e questi molti e diversi, vedi fra i mille luoghi degli antichi, Cic.
de Divin. l. 1. c. 30. 49. l. 2. c. 11.
58.
Virg.
Georg. l. 4. v. 219. sqq. e quivi
Servio ec. (28. Maggio.
1824.)
{{Cic.
de nat. deor. l. 1. c. 11. 12.
Vedilo anche ib. 2. c. 53.
fin. 62. principio.}}
[4110,3] Il titolo di divino (divinamente ec.) solito darsi in greco, in latino e
nelle lingue moderne per una conseguenza dell'uso di quelle, agli uomini e alle
cose singolari, eccellenti ec. ancorchè in niente sacre nè appartenenti alla
Divinità, non avrebbe certamente avuto mai principio nè luogo nel Cristianesimo.
Esso uso è un residuo dell'antica opinione che innalzava gli uomini poco più
sotto degli Dei ec., del che altrove in più luoghi pp. 3494-97
p.
3544-45
p.
4048
p.
4050
p.
4076
p.
4094. (6. Luglio. 1824.).
Related Themes
Mitologia greca. (1827) (1)
Semidei. (1827) (1)
Cristianesimo, ha peggiorato i costumi. (1827) (1)