Storia romana, dopo Tacito, non ha che scrittori greci.
Roman history, after Tacitus, has only Greek writers.
2731,2[2731,2] In proposito della prontissima decadenza della
letteratura latina, e della lunghissima conservazione della greca, è cosa molto
notabile, come dopo Tacito, cioè dall'imperio di Vespasiano in poi (fino al quale si stendono le
2732 sue storie) la storia latina restò in mano dei greci, e le azioni
nostre furono narrate da Appiano, Dione, Erodiano, anche prima della traslocazione
dell'imperio a Constantinopoli, e dopo questa da Procopio, Agazia, Zosimo ec. Senza i quali la storia del nostro
impero da Vespasiano in poi, sarebbe quasi cieca, non avendo altri scrittori
latini che quei miserabili delle Vite degli Augusti, piene di
errori di fatto, di negligenza, di barbarie, e Ammiano non meno barbaro, per non dir di Orosio e d'altri tali più miserabili
ancora. Così quella nazione che ne' tempi suoi più floridi aveva narrato le sue
proprie cose, e i suoi splendidissimi gesti, e le sue altissime fortune, e forse
prima d'ogni altra, aveva dato in Erodoto l'esempio e l'ammaestramento di questo genere di scrittura;
dopo tanti secoli, quando già non restava se non la lontana memoria della sua
grandezza, estinto il suo imperio e la sua potenza, fatta
2733 suddita di un popolo che quando ella scriveva le sue proprie
storie, ancora non conosceva, seguiva pure ad essere l'istrumento della memoria
dei secoli, e i casi del genere umano e di quello stesso popolo dominante che
l'aveva ingoiata, ed annullato da gran tempo la sua esistenza politica, erano
confidati unicamente alle sue penne. Tanto può la civilizzazione, e tanto è vero
che la civilizzazione della grecia ebbe una prodigiosa
durata, e vide nascere e morire quella degli altri popoli (anche grandissimi), i
quali erano infanti, anzi ignoti, quand'ella era matura e parlava e scriveva; e
giunsero alla vecchiezza e alla morte, durando ancora la sua maturità, e
parlando essa tuttavia e scrivendo. Veramente la grecia
si trovò sola civile nel mondo ai più antichi tempi, e senza mai perdere la sua
civiltà, dopo immense vicissitudini di casi, così universali
2734 come proprie, dopo aver veduto passare l'intera favola del più grande impero, che nella
di lei giovanezza non era ancor nato; dopo aver communicata la sua civiltà a
cento altri popoli, e vedutala in questi fiorire e cadere, tornò un'altra volta,
in tempi che si possono chiamar moderni, a trovarsi sola civile nel mondo, e
nuovamente da lei uscirono i lumi e gli aiuti che incominciarono la nuova e
moderna civiltà nelle altre nazioni.
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