16. Giugno 1821.
[1170,1] Si consideri per l'una parte che cosa sarebbe la
civiltà senza l'uso della moneta. Oltre ch'ella non potrebbe reggersi, non
sarebbe neppur giunta mai ad un punto di gran lunga inferiore al presente,
essendo la moneta, di prima necessità ad un commercio vivo ed esteso, e questo
commercio scambievole vivo ed esteso, tanto delle nazioni, quanto degl'individui
di ciascuna, essendo forse la principal fonte dei progressi della civiltà, o
della corruzione umana. E se bisognassero prove di una proposizione così
manifesta, si potrebbe addurre, fra gli altri infiniti de' popoli selvaggi ec.,
l'esempio di Sparta che, avendo poco uso della moneta per
le leggi di Licurgo, in mezzo al paese
più civile del mondo a quei tempi, cioè la Grecia, si
mantenne sì lungo spazio, e incorrotta, e quasi stazionaria, o certo la sua
civiltà, o corruzione, fu sempre di molti gradi minore di quella degli altri
popoli greci, e {le} andò sempre molti passi
indietro.
[1170,2] Per l'altra parte si consideri l'immensa
1171 difficoltà, l'immenso spazio che ha dovuto
percorrere lo spirito umano prima di pur pensare a ridurre all'uso suo
quotidiano, materie così nascoste dalla natura, così difficili a trarsi in luce,
così difficili, non dico a lavorarsi, ma a dar sospetto che potessero mai esser
lavorate, e solamente modificate e cambiate alquanto di forma. Anzi prima di
trovare i metalli. E dopo tutto ciò, prima di pensare a ridurre ed erigere in
rappresentanti di tutte le cose o necessarie, o utili o dilettevoli, de' pezzi
di materia per se stessa (massime anticamente) o inutile, o poco utile,
disadatta, pesantissima, e (riguardo ai metalli che formarono le prime monete,
cioè rame o ferro ec.) bruttissime ancora a vedersi. E quanto spazio passasse
effettivamente prima di tutto ciò, si deduce anche dal fatto, e dal vedere che
a' tempi d'Omero, o almeno a' tempi
troiani (benchè certo non incolti), o mancava, o era di poco e raro uso la
moneta.
[1171,1] E qui torno a domandare se la natura poteva
ragionevolmente porre sì grandi, numerosi, incredibili ostacoli al ritrovamento
di un mezzo necessario e principale {per ottener}
quella che noi chiamiamo
1172 perfezione e felicità del
genere umano, cioè l'incivilimento; e dico al ritrovamento dell'uso della
moneta.
[1172,1] Osservate poi, nella stessa moderna perfezione delle
arti, le immense fatiche e miserie che son necessarie per proccurar la moneta
alla società. Cominciate dal lavoro delle miniere, ed estrazion dei metalli, e
discendete fino all'ultima opera del conio. Osservate quanti uomini sono
necessitati ad una regolare e stabile infelicità, a malattie, a morti, a
schiavitù (o gratuita {e violenta,} o mercenaria) a
disastri, a miserie, a pene, a travagli d'ogni sorta, per proccurare agli altri
uomini questo mezzo di civiltà, e preteso mezzo di felicità. Ditemi quindi 1. se
è credibile che la natura abbia posta da principio la perfezione e felicità
degli uomini a questo prezzo, cioè al prezzo dell'infelicità regolare di una
metà degli uomini. (e dico una metà, considerando non solo questo, ma anche gli
altri rami della pretesa perfezione sociale, che costano il medesimo prezzo.)
Ditemi 2. se queste miserie de' nostri simili sono consentanee a quella medesima
civiltà, alla quale servono. È noto come la schiavitù sia
1173 difesa da molti e molti politici ec. e conservata {poi} nel fatto anche contro le teorie, come necessaria
al comodo, alla perfezione, al bene, alla civiltà della società. E quello che
dico della moneta, dico pure delle derrate che ci vengono da lontanissime parti,
mediante le stesse o simili miserie, schiavitù ec. come il zucchero, caffè ec.
ec. e si hanno per necessarie alla perfezione della società. {{V. p. 1182.}}
[1173,1] E vedete da questo, come la civiltà (secondo il
costume di tutte le false teorie) contraddica a se stessa anche in teorica, ed
oltracciò non possa sussistere senza circostanze che ripugnano alla sua natura,
e sono assolutamente incivili, anzi barbare in tutta la verità e la forza del
termine. Sicchè la perfetta civiltà non può sussistere senza la barbarie
perfetta, {+la perfezione della società
senza la imperfezione (e imperfezione nello stesso senso e genere in cui
s'intende la detta perfezione);} e tolta questa {imperfezione,} si taglierebbero le radici alla {pretesa} perfezione della società.
[1173,2] Torno a domandare se tali contraddizioni ed assurdi
è presumibile che fossero ordinati e disposti primordialmente dalla natura,
intorno alla perfezione, vale a dire al ben
essere della principal creatura terrena,
cioè l'uomo.
[1174,1]
1174 E notate che l'uso della moneta quanto è
necessario a quella che oggi si chiama perfezione dello stato sociale, tanto
nuoce a quella perfezione ch'io vo predicando; giacchè il detto uso è l'uno de'
principalissimi ostacoli alla conservazione dell'uguaglianza fra gli uomini, e
quindi degli stati liberi, alla preponderanza del merito vero e della virtù ec.
ec. e l'una delle principalissime cagioni che introducono, e appoco appoco
costringono la società all'oppressione, al dispotismo, {alla
servitù} alla gravitazione delle une classi sulle altre, insomma
estinguono la vita morale {ed intima} delle nazioni, e
le nazioni medesime in quanto erano nazioni. (16. Giugno 1821.).
{{Quel che si è detto della moneta si può dire
di mille altri usi ec. necessari alla società o civiltà, e pur
d'invenzione ec. difficilissima, come la scrittura, la stampa
ec.}}