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24. Nov. 1823.

[3904,5]  Ho detto altrove pp. 1031-37 che tutte le lingue nascendo dai volgari, le nostre sono nate dal latino volgare e parlato e non dal latino scritto. Da questo principio segue, fra gli altri molti, questo corollario che tutte le voci, frasi, significazioni ec. italiane, francesi spagnuole, e tutte le proprietà di queste tre lingue, o di qualunque di  3905 esse, che si trovano ancora, in qualsivoglia modo, nel latino scritto di qualunque età, e che nelle dette lingue non sono state introdotte dagli scrittori, dalla letteratura, da' letterati, dalla favella de' dotti o colti ec. nè passati dall'una di esse lingue nell'altra per qualunque mezzo, dopo essere in quella stati introdotti dagli scrittori o dal parlar letterato ec., ma che vengono originariamente dal semplice uso del favellare ec.; furono tutte proprie del latino volgare e parlato, non meno che dello scritto; e quindi chi cerca l'antico volgar latino, ha diritto di considerarle come sue parti e qualità ec. (24. Nov. 1823.).
[3905,1]  Alla p. 3835. È da notare però che l'ubbriachezza ec. anche quando esalta le forze, e cagiona una non ordinaria vivacità ed attività ed azione esteriore o interiore o l'uno e l'altro, sempre però o quasi sempre cagiona eziandio nel tempo stesso una specie di letargo, d'irriflessione, d'ἀναισθησία, ancorchè l'uomo per altra parte sia allora straordinariamente sensibile, e riflessivo e profondo sopra ogni cosa. {Veggasi la pag. 3921-27.} Ella infatti per sua proprietà trae l'uomo più o meno, ed in uno o in altro modo, fuor di se stesso, e in certa maniera, quando più quando meno, lo accieca, lo trasporta, lega le sue facoltà, ne sospende l'uso libero ec. Perciò appunto ella è ordinariamente piacevole, perocchè sospendendo o scemando in certo modo il sentimento della vita nel tempo stesso ch'ella accresce la forza, l'energia, l'intensità, {il grado,} la somma, la vitalità d'essa vita, sospende o scema o rende insensibile o men sensibile l'azione, l'effetto,  3906 l'efficacia, le funzioni, l'attualità dell'amor proprio, e quindi il desiderio vano della felicità ec., secondo il detto nella mia teoria del piacere sopra l'essenziale piacevolezza di qualunque assopimento pp. 172. sgg., in quanto sospensivo del sentimento della vita, e quindi del sentimento, anzi dell'attuale esistenza dell'amor proprio, e del desiderio della felicità. {L'ubbriachezza accrescendo la vita e il sentimento di essa, fa nel medesimo tempo che l'individuo non rifletta (naturalmente), non consideri questa vita e questo sentimento, che il suo spirito consideri e s'interessi a questo sentimento accresciuto, assai meno ancora ch'ei non suole al sentimento ordinario e minore, e tanto meno quanto egli è più cresciuto. V. p. 3931.} L'ubbriachezza e tutto ciò che le si assomiglia o le appartiene ec. è piacevole per sua natura, principalmente in quanto ell'è (per sua natura) assopimento. Massime che questo nasce allora dall'eccesso medesimo della vita e del sentimento di lei, il qual eccesso è nella ubbriachezza quello che scema e mortifica più o meno esso sentimento (secondo che il troppo è padre del nulla, come altrove pp. 714-17 pp. 1176-79 pp. 1260-62 pp. 1776-77 pp. 1653-54 p. 2478) e quasi estingue l'animo. (V. Victor. Commentar. in Aristot. Polit. Flor. 1576. pag. ult. lin. 5. 6.). Ond'è sommamente piacevole per se stesso, {#1. astraendo dalle circostanze che possono produrre in qualche parte il contrario, e dall'altre qualità, ed effetti, anche essenziali, dell'ubbriachezza ec. ec.} fra tutti gli assopimenti quello prodotto dall'ubbriachezza e simili cause, perch'esso solo include, suppone e porta seco ed ha per madre l'abbondanza {relativa} della vita e del sentimento di lei, la qual vita {e sentimento} è per natura {e necessità} supremamente piacevole al vivente, come altrove in più luoghi pp. 2410. sgg. pp. 2736-39 pp. 3291. sgg. pp. 3835-36 , se non che negli altri casi la maggior vita e il maggior sentimento di essa è proporzionatamente maggiore amor proprio, e quindi desiderio di felicità, e questo vano, e quindi maggiore infelicità ec. (24. Nov. Festa di S. Flaviano 1823.)