Idee astratte. Voci che le significano ec.
Abstract ideas. Words signifying them, etc.
1388,1 4233,1 4181,1[1388,1]
1388
Alla p. 1262. al
capoverso 1. Chiunque potesse attentamente osservare e scoprire le
origini ultime delle parole in qualsivoglia lingua, vedrebbe che non v'è azione
o idea umana, o cosa veruna la quale non cada precisamente sotto i sensi, che
sia stata espressa con parola originariamente applicata a lei stessa, e ideata
per lei. Tutte simili cose, oltre che non sono state denominate se non tardi,
quantunque fossero comunissime, usualissime e necessarie alla lingua, e alla
vita ec.; non hanno ricevuto il nome se non mediante metafore, similitudini ec.
prese dalle cose affatto sensibili, i cui nomi hanno servito in qualunque modo,
e con qualsivoglia modificazione di significato o di forma, ad esprimere {le} cose non sensibili; e spesso sono restati in
proprietà a queste ultime, perdendo il valor primitivo. Osservate p. e. l'azione
di aspettare. Ell'è affatto esteriore, e materiale, ma siccome non cade
precisamente sotto i sensi, perciò non è stata espressa nelle nostre lingue se
non per via di una metafora presa dal guardare, ch'è azione tutta sensibile.
V. la p. 1106. Bensì questa
metafora
1389 è poi divenuta parola propria, perdendo
il senso primitivo.
[4233,1]
4233 Il tempo non è una cosa. Esso è uno accidente
delle cose, e indipendentemente dalla esistenza delle cose è nulla; è uno
accidente di questa esistenza; o piuttosto è una nostra idea, una parola. La
durazione delle cose che sono, è il tempo: come 7200 battute di un pendolo da
oriuolo sono un'ora; la quale ora però è un parto della nostra mente, e non
esiste, nè da se medesima, nè nel tempo, come membro di esso, non più di quel
che ella esistesse prima dell'invenzione dell'oriuolo. In somma l'esser del
tempo non è altro che un modo, un lato, per dir così, del considerar che noi
facciamo la esistenza delle cose che sono, o che possono o si suppongono poter
essere. Medesimamente dello spazio. Il nulla non impedisce che una cosa che è,
sia, stia, dimori. Dove nulla è, quivi niuno impedimento è che una cosa non vi
stia o non vi venga. Però il nulla è necessariamente luogo. È dunque una
proprietà del nulla l'esser luogo: proprietà negativa, giacchè anche l'esser di
luogo è negativo puramente e non
altro. Sicchè, come il tempo è un modo o un lato del considerar la esistenza
delle cose, così lo spazio non è altro che un modo, un lato, del considerar che
noi facciamo il nulla. Dove è nulla quivi è spazio, e {il} nulla senza spazio non si può dare. Per tanto è manifesto che
eziandio fuori degli ultimissimi confini dell'universo esistente, v'è spazio,
poichè nulla v'è. E se qualche cosa potesse essere o creata o spinta di là da
quegli estremi confini, troverebbe luogo; che è quanto dire non troverebbe nulla
che le impedisse di andarvi o di starvi. La conclusione {si} è che tempo e spazio non sono in sostanza altro che idee, anzi
nomi. E quelle innumerabili e immense quistioni agitate dalla origine della
metafisica in qua, dai primi metafisici d'ogni secolo, circa il tempo e lo
spazio, non sono che logomachie, nate da malintesi, e da poca chiarezza d'idee e
poca facoltà di analizzare il nostro intelletto, che è il solo luogo dove il
tempo e lo spazio, come tante altre cose astratte, esistano indipendentemente e
per se medesimi, e sian qualche cosa. (Recanati.
14. Dic. 1826.).
[4181,1]
Alla p. 4178.
fine. L'ipotesi dell'eternità della materia non sarebbe un'obbiezione
a queste proposizioni. L'eternità, il tempo, cose sulle quali tanto disputarono
gli antichi, non sono, come hanno osservato i metafisici moderni, non altrimenti
che lo spazio, altro che un'espressione di una nostra idea, relativa al modo di
essere delle cose, e non già cose nè enti, come parvero stimare gli antichi,
anzi i filosofi fino ai nostri giorni. La materia sarebbe eterna, e nulla perciò
vi sarebbe d'infinito. Ciò non vorrebbe dire altro, se non che la materia, cosa
finita, non avrebbe mai cominciato ad essere, nè mai lascerebbe di essere; che
il finito è sempre stato e sempre sarà. Qui non vi avrebbe d'infinito che il
tempo, il quale non è cosa alcuna, è nulla, e però la infinità del tempo non
proverebbe nè l'esistenza nè la possibilità di enti infiniti, più di quel che lo
provi la infinità del nulla, infinità che non esiste nè può esistere se non
nella immaginazione o nel linguaggio, ma che è pure una qualità propria ed
inseparabile dalla idea o dalla parola nulla, {il
quale} pur non può essere se non nel pensiero o nella lingua, {e} quanto al pensiero o
4182
alla lingua. (Bologna. 4. Giugno. 1826.
Domenica.).
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