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Piacere e Utilità. Utile e dilettevole.

Pleasure and Utility. Useful and pleasurable.

986,1 987,1 1165,1 1507,1 2157,1

[986,1]  Come non si dà mai l'atto nè il possesso del diletto, così neanche dell'utilità, giacchè utile non è se non quello che conduce alla felicità, la quale non è riposta in altro che nel piacere, con qualunque nome ei venga chiamato. (25. Aprile 1821.).

[987,1]  Il diletto è sempre il fine, e di tutte le cose, l'utile non è che il mezzo. Quindi il piacevole, è vicinissimo al fine delle cose umane, o quasi lo stesso con lui; l'utile che si suole stimar più del piacevole, non ha altro pregio che d'esser più lontano da esso fine, o di condurlo non immediatamente ma mediatamente.  988 (26. Aprile 1821.).

[1165,1]  La convenienza al suo fine, e quindi l'utilità ec. è quello in cui consiste la bellezza di tutte le cose, e fuor della quale nessuna cosa è bella. (13. Giugno 1821.).

[1507,1]  Paragonando le occupazioni di un mercante che travaglia a' suoi complicatissimi negozi, e di un giovane che scherza con una donna, quella {ci par} serissima, e questa frivolissima. E pure qual è lo scopo del mercante? il far danari. E perchè? per godere. E come si gode quaggiù? collo spassarsi; e uno de' maggiori spassi e piaceri è quello che si piglia colle donne. Dunque lo scopo del mercante in ultima analisi è di potersi a suo agio, e con molti mezzi occupare in quello stesso in che si occupa il giovanastro, o in cose tali. Se dunque il fine è frivolo, quanto più il mezzo. Tutto dunque è frivolo a questo mondo, e l'utile è molto più frivolo del semplicissimo dilettevole. Così dico degli studi, e delle carriere ec. (16. Agos. 1821.).

[2157,1]  Ho paragonato altrove p. 1507 le occupazioni di un mercadante con quelle di un giovanastro che si spassa colle donne, e trovatele della stessissima importanza, anzi queste più importanti di quelle. La stessa comparazione col medesimo risultato, si può fare  2158 delle operazioni e intenzioni e desiderii e fatiche di un soldato, di un letterato, di un uomo in carriera ec. Quel filosofo che per puro amore dell'umanità, suda dietro ad un'opera di morale o di politica, o d'altro soggetto della più grande utilità, o si affatica nella speculazione della natura, del cuore umano ec.; quel ministro zelante e integerrimo del maggior monarca immaginabile, che travaglia giorno e notte {unicamente} per il bene della maggior nazione e della maggior possibile quantità di uomini (se pur si trovano tali filosofi, e tali cortigiani); questi tali che cosa cercano essi? La felicità degli uomini. E la felicità che cos'è? il piacere. E qual piacere maggiore che i giovanili? Dunque le occupazioni di costoro non sono più importanti di quelle del giovanastro che mette a profitto i vantaggi dell'età più favorita dalla natura,  2159 e destinata a godere. Anzi sono meno importanti, perchè non fanno altro che proccurare agli uomini, {alla lontanissima} quello stesso piacere, (o altri piaceri che certo saranno sempre minori) che il giovanastro immediatamente ed attualmente si gode. In ultima analisi è manifesto che le occupazioni di coloro hanno appresso a poco per fine quello medesimo che il giovanastro già conseguisce, sebbene questo fine sia molto lontano. Il fine, come dunque non sarà più importante del mezzo? e di un mezzo lontanissimo? e difficilissimo? e spesso immaginario, falso, inutilissimo? spesso ancora conducente ad esito contrario? (24. Nov. dì di S. Flaviano. 1821.).