18. Agos. 1821.
[1513,1] I costumi delle nazioni cambiano bene spesso
d'indole, massime coll'influenza del commercio, de' gusti, delle usanze ec.
straniere. E siccome l'indole della favella è sempre il fedelissimo ritratto
dell'indole della nazione,
1514 e questa è determinata
principalmente dal costume, ch'è la seconda natura, e la forma della natura;
perciò mutata l'indole de' costumi, inevitabilmente si muta, non solo le parole
e modi particolari che servono ad esprimerli individualmente, ma l'indole, il
carattere, il genio della favella. Pur troppo è certissimo che l'indole de'
costumi italiani essendo affatto cambiata, massime dalla rivoluzione in poi, ed
essendo al tutto francese, è perduta quasi effettivamente la stessa indole della
lingua italiana. Si ha un bel dire. Una conversazione del gusto,
dell'atteggiamento, della maniera, della raffinatezza, {della
leggerezza, dell'eleganza} francese, non si può assolutamente fare in
lingua italiana. Dico italiana di carattere; e piuttosto la si potrebbe tenere
con parole purissime italiane, che conservando il carattere essenziale di questa
favella. Così dico dell'indole dello scrivere che oggi piace universalmente. È
troppo vero che non si può maneggiare in lingua italiana, e meno quanto
all'indole che quanto alle parole. È {{troppo}} vero che
l'influenza generale del
1515 costume francese in europa, deve
ed ha realmente mutata l'indole di tutte le lingue colte, e le ha tutte
francesizzate, ancor più nel carattere, che nelle voci. E in tutta europa si
travaglia a richiamar le lingue e letterature alla loro proprietà nazionale. Ma
invano. Nelle parole ch'è il meno importante si potrà forse riuscire: ma
nell'indole, ch'è il tutto, è impossibile, se ciascheduna nazione non ripiglia
il suo proprio costume e carattere; e se noi italiani massimamente (che siamo
più soggetti all'influenza, e a pigliar l'impronta straniera, perchè non siamo
nazione, e non possiamo più dar forma altrui) non torniamo italiani. Il che
dovremmo pur fare: e coloro che ci gridano, parlate
italiano, ci gridano in somma siate
italiani, che se tali non saremo, parleremo sempre forestiero e
barbaro. Ma non essendo nazione, e perdendo il carattere nazionale, quali
svantaggi derivino alla società tutta intera, l'ho spiegato diffusamente altre
volte [pp. 865-66].
[1515,1] Questa influenza del costume e del carattere di una
nazione sopra le altre civili,
1516 nessuna, dopo il
risorgimento della civiltà, l'ebbe più stabilmente della francese. L'ebbero però
anche altre, come l'italia e la spagna (e l'inghilterra
ultimamente), ma per cagioni meno efficaci o salde, e però fu meno durevole. Ma
in proporzione della sua forza, fu sempre ugualmente compagna dell'influenza
sulle lingue. Ne' passati secoli però queste due influenze non potevano esser
grandissime 1. pel minor grado e strettezza di relazioni scambievoli in cui
erano le nazioni: 2. per la minor suscettibilità che queste avevano a perdere
più che tanto del loro carattere, e ricevere l'impronta straniera, e conservarla
più che tanto tempo ec. E ne avevan poca, perchè appunto non vi erano avvezze; e
come è necessaria l'assuefazione particolare a far che tal nazione pigli tal
carattere straniero; così è necessarissima l'assuefazione e disposizione
generale, a far ch'ella possa ricevere profondamente e conservare radicatamente
un nuovo carattere. Giacchè tutto è assuefazione sì nei popoli, come
negl'individui. Ma in que' tempi la civiltà non era ancora in grado sufficiente
a vincere
1517 le diverse nature de' popoli, e le
particolari abitudini, e le tenacità ordinarie ec. nè a condurre il mondo
all'uniformità. {V. se vuoi, p. 1386.} Ora la civiltà tira
sempre, come altrove ho detto [p. 74]
[pp. 1022-23]
[pp. 1386-87]
[p. 1459] ad uniformare; e l'uniformità fra gl'individui di una
nazione, e fra le nazioni è sempre in ragione {+dei progressi generali o particolari} della
civiltà. Ed ella tira quindi sempre a confondere, risolvere, perdere ed
agguagliare i caratteri nazionali, e quindi quelli delle lingue. Il qual effetto
visibilissimo oggidì sì in questi che in quelli, derivando da un grandissimo e
stabilissimo incremento della civiltà, non è maraviglia che sia notabilissimo e
durevolissimo, e che l'universalità e l'influenza della lingua francese non si
perda malgrado i cangiamenti politici, mentre non si perde nè facilmente si
perderà l'universalità e l'influenza {che} sopra questo
secolo di civiltà esercitano i costumi del popolo più civile del mondo.
[1517,1] I costumi de' greci anticamente, ebbero, in
proporzione de' tempi, grande influenza
1518 sulle
diverse nazioni. (Così forse anche altre nazioni più anticamente.) Quindi
l'universalità della loro lingua. Siccome le scienze e discipline portano da per
tutto e conservano le nomenclature che ricevettero dalla nazione che inventolle
e formolle, così anche i costumi. Ma le scienze si estendono a pochi, poco
terreno abbracciano, e poco influiscono sul carattere delle lingue a cui
passano. Laddove i costumi si estendono all'intere nazioni, ed abbracciano tutta
la di lei vita, e quindi tutta la lingua che n'è la copia, e l'immagine.
(18. Agos. 1821.).