[1434,2] In uno stesso tempo e nazione, quegli prova un vivo
senso di eleganza, in tale o tal parola, o metafora, o frase, o stile, perocchè
non v'è assuefatto; questi nessuno, per la contraria ragione. Una stessa
persona, oggi prova gran gusto di eleganza in uno scrittore, che alquanto dopo,
quand'egli s'è avvezzato ad altri scritti più eleganti, non gli pare elegante
per nulla, anzi forse inelegante. Così è accaduto a me, circa l'eleganza degli
scrittori italiani. Così coll'assuefazione (e non altro) si forma il gusto, il
quale come ci tende capaci di molti piaceri, che per l'addietro malgrado la
presenza degli
1435 stessi oggetti ec. non provavamo,
così anche ci spoglia di molti altri che provavamo, e generalmente, o almeno
bene spesso, e sotto molti aspetti, ci rende più difficili al piacere. (1.
Agosto. 1821.).
[1579,3] Per un esempio e in conferma di quanto ho detto
altrove p. 1420
pp.
1434. sgg.
pp. 1449-50
pp.
1456-57, che l'eleganza, la grazia ec. dello scrivere antico, la
semplicità de' concetti e de' modi, la purità ec. della lingua, sono o in tutto
o in parte piaceri artifiziali, dipendenti dall'assuefazione e dall'opinione,
relativi ec. e fanno maggior effetto in noi, e ci piacciono più che agli stessi
antichi, a quegli stessi scrittori che ci recano oggidì tali piaceri ec. ec. si
può addurre il Petrarca,
1580 e il disprezzo in che egli teneva i suoi scritti
volgari, apprezzando i latini che più non si curano. Egli certo non sentiva in
quella lingua illetterata e spregiata ch'egli maneggiava, in quello stile
ch'egli formava, la bellezza, il pregio e il piacere di quell'eleganza, di
quella grazia, naturalezza, semplicità, nobiltà, forza, purità che noi vi
sentiamo a prima giunta. Egli non si credeva nè puro (in una lingua tutta impura
e barbara come giudicavasi la italiana, corruzione della latina) nè nobile, nè
elegante ec. ec. L'opinione, l'assuefazione ec. o piuttosto la mancanza di esse
glielo impedivano. (28. Agos. 1821.).
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