Psicologia.
Psychology.
53,1 181,1 1833,2Psicologia, non mai applicata alla Politica.
Psychology, never applied to Politics.
1826,12[53,1] Spesso ho notato negli scritti de' moderni psicologi che
{in} molti effetti e fenomeni del cuore ec. umano,
nell'analizzarli che fanno e mostrarne le cagioni, si fermano molto più presto
del fine a cui potrebbero arrivare, assegnandone certe ragioni particolari {solamente}, e questo perchè vogliono farli parere
maravigliosi, come il Saint-Pierre negli studi della natura lo
Chateaubriand ec., e non vanno alla prima o quasi prima
cagione che troverebbero semplice e in piena corrispondenza col resto del
sistema di nostra natura. Questo ridurre i diversi fenomeni dell'animo umano a
principii semplici scema la maraviglia, e anche la varietà perchè moltissimi si
vedrebbero derivati da un solo principio modificato leggermente. Costoro parlano
sempre enfaticamente, notano con molta acutezza il fenomeno, ma datane (se la
danno, perchè spesso credono e fanno credere ch'il fenomeno sia inesplicabile,
vale a dire senza rapporto conosciuto al resto del sistema giacchè da ciò solo
nasce la maraviglia in qualunque cosa del mondo) una ragione immediata e
secondaria ed egualmente maravigliosa, non rimontano come sarebbe pur facile
alla sorgente che ridurrebbe il fenomeno {e le sue ragioni
secondarie} alle classi consuete. Io credo che chi istituisse
quest'analisi ultima farebbe cosa nuova (sia per la mala fede, o la minore
acutezza degli antecessori) e semplificherebbe d'assai la scienza dell'animo
umano, rapportando gl'infiniti fenomeni che sembrano anomalie (perchè infatti la
scienza non è ancora stabile nè ordinata e ridotta in corpo) a principii
universali o poco lontani da essi. Opera principale e formatrice di tutte le
scienze e scopo ordinario di chi ricerca le cagioni delle cose. P. e. il
desiderio naturale degli uomini di supporre animate le cose inanimate tanto
manifesto ne' fanciulli deriva dal desiderio e propensione nostra verso i nostri
simili, principio capitale, e primitivo, e fecondissimo. V. il mio discorso sui romantici.
[181,1] Tutto il sopraddetto intorno alla teoria del piacere è un nuovo argomento del quanto si
potrebbe semplificare la teoria dell'uomo e delle cose, (v. p. 53.) e del come il sistema intero della natura
si aggiri sopra pochissimi principii i quali producono gl'infiniti e
variatissimi effetti che vediamo, e stabiliti i quali, si direbbe che la natura
ha avuto poco da faticare, perchè le conseguenze ne son derivate necessariamente
e come spontaneamente. I fenomeni dell'animo umano notati dai moderni psicologi
perderebbero tutta la maraviglia, la quale deriva {ordinariamente} dall'ignoranza della relazione e dipendenza che hanno
gli effetti particolari colle cause generali. P. e. quei fenomeni che ho
analizzati e spiegati di sopra, derivano immediatamente da un principio
notissimo, che è l'amor del piacere. E questo amor del piacere è
182 una conseguenza spontanea dell'amor di se e della
propria conservazione. Questo è un principio anche più noto e universale, e
quasi finale. Tuttavia quantunque la natura potesse separar queste due cose,
esistenza e amor di lei, e perciò l'amor proprio sia una qualità posta da lei
arbitrariamente nell'essere vivente, a ogni modo la nostra maniera di concepir
le cose appena ci permette d'intendere come una cosa che è, non ami di essere,
parendo che il contrario di questo amore, sarebbe come una contraddizione
coll'esistenza - Perciò l'amor proprio si può considerare ancor esso (nella
natura quale la vediamo) come una conseguenza dell'esistere, e questo in certo
modo anche negli esseri inanimati. Ora discendiamo. Esistenza - amore
dell'esistenza (quindi della conservazione di lei, e di se stesso) - amor del
piacere (è una conseguenza immediata dell'amor proprio, perchè chi si ama,
naturalmente è determinato a desiderarsi il bene che è tutt'uno col piacere, a
volersi piuttosto in uno stato di godimento che in uno stato indifferente o
penoso, a volere il meglio dell'esistenza ch'è l'esistenza piacevole, invece del
peggio, o del mediocre ec.) - amore dell'infinito ec. colle altre qualità
considerate di sopra. Così queste qualità che paiono disparatissime {e particolarissime} vengono dirittamente dal principio
generale dell'amor proprio, e tanto necessariamente {e
materialmente,} che si può dire che la natura, dato che ebbe all'uomo
l'amor proprio, {e secondo la nostra maniera di concepire,
data che gli ebbe l'esistenza,} non ebbe da far altro, e le dette
qualità (delle quali ci facciamo tanta maraviglia), senza opera sua, vennero da
loro.
[1833,2] Chi non ha o non ha mai avuto immaginazione,
sentimento, capacità di entusiasmo, di eroismo, d'illusioni vive e grandi, di
forti e varie passioni, {+chi non conosce
l'immenso sistema del bello,} chi non legge o non sente, o non ha mai
letto o sentito i poeti, non può assolutamente essere un grande, vero e perfetto
filosofo, anzi non sarà mai se non un filosofo dimezzato, di corta vista, di
colpo d'occhio assai debole, di penetrazione scarsa, per diligente, paziente, e
sottile, e dialettico e matematico ch'ei possa essere; non conoscerà mai il
vero, si persuaderà e proverà colla possibile evidenza cose falsissime ec. ec.
Non già perchè
1834 il cuore e la fantasia dicano
sovente più vero della fredda ragione, come si afferma, nel che non entro a
discorrere, ma perchè la stessa freddissima ragione ha bisogno di conoscere
tutte queste cose, se vuol penetrare nel sistema della natura, e svilupparlo.
L'analisi delle idee, dell'uomo, del sistema universale degli esseri, deve
necessariamente cadere in grandissima e principalissima parte, sulla
immaginazione sulle illusioni naturali, sul bello, sulle passioni, su tutto ciò
che v'ha di poetico nell'intero sistema della natura. Questa parte {della natura,} non solo è utile, ma necessaria per
conoscer l'altra, anzi l'una dall'altra non si può staccare nelle meditazioni
filosofiche, perchè la natura è fatta così. La detta analisi in ordine alla
filosofia, dev'esser fatta non già dall'immaginazione o dal cuore, bensì dalla
fredda ragione che entri ne' più riposti segreti dell'uno e dell'altra. Ma come
può far tale analisi colui che non conosce perfettamente tutte le dette cose
1835 per propria esperienza, o non le conosce quasi
punto? La più fredda ragione {+benchè
mortal nemica della natura,} non ha altro fondamento nè principio,
altro soggetto di meditazione speculazione ed esercizio che la natura. Chi non
conosce la natura, non sa nulla, e non può ragionare, per ragionevole ch'egli
sia. Ora colui che ignora il poetico della natura, ignora una grandissima parte
della natura, anzi non conosce assolutamente la natura, perchè non conosce il
suo modo di essere.
[1826,2] Finora s'è applicata alla politica piuttosto la
cognizione degli uomini che quella dell'uomo, piuttosto la scienza delle nazioni
che degl'individui di cui le nazioni si compongono, e che sono altrettante
fedeli immagini delle nazioni. (3. Ott. 1821.).
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