Immaginazione, quanto serva al filosofare.
Imagination, the extent to which it serves philosophy.
1650,1 1833,2 1975,1 2019,2 2132,1 3237,1 3245,1 3269,1 3382,2 3881,4[1650,1] Quanto l'immaginazione contribuisca alla filosofia
(ch'è pur sua nemica), e quanto sia vero che il gran poeta in diverse
circostanze avria potuto essere un gran filosofo, promotore di quella ragione
ch'è micidiale al genere da lui professato, {e viceversa il
filosofo, gran poeta,} osserviamo. Proprietà del vero poeta è la
facoltà e la vena delle similitudini. (Omero ὁ ποιητής n'è il più grande e fecondo modello). L'animo in
entusiasmo, {nel caldo della passione qualunque ec.
ec.} discopre vivissime somiglianze fra le cose. Un vigore anche
passeggero del corpo, che influisca sullo spirito, gli fa vedere dei rapporti
fra cose disparatissime, trovare dei paragoni, delle similitudini astrusissime e
ingegnosissime (o nel serio o nello scherzoso), gli mostra delle relazioni a cui
egli non aveva mai pensato, gli dà insomma una facilità mirabile di ravvicinare
e rassomigliare gli oggetti delle specie le più distinte, come l'ideale col più
puro materiale, d'incorporare vivissimamente il pensiero il più astratto, di
ridur tutto ad immagine, e crearne delle più nuove e vive che si possa credere.
{+Nè ciò solo mediante espresse
similitudini o paragoni, ma col mezzo di epiteti nuovissimi, di metafore
arditissime, di parole contenenti esse sole una similitudine ec. Tutte
facoltà del gran poeta, e tutte contenute e derivanti dalla facoltà di
scoprire i rapporti delle cose, anche i menomi, e più lontani, anche delle
cose che paiono le meno analoghe ec.} Or questo è tutto il filosofo:
facoltà di scoprire e conoscere i rapporti, di legare insieme i particolari, e
di generalizzare. (7. Sett. 1821.). {V.
1651
p. 1654.
principio.}
[1833,2] Chi non ha o non ha mai avuto immaginazione,
sentimento, capacità di entusiasmo, di eroismo, d'illusioni vive e grandi, di
forti e varie passioni, {+chi non conosce
l'immenso sistema del bello,} chi non legge o non sente, o non ha mai
letto o sentito i poeti, non può assolutamente essere un grande, vero e perfetto
filosofo, anzi non sarà mai se non un filosofo dimezzato, di corta vista, di
colpo d'occhio assai debole, di penetrazione scarsa, per diligente, paziente, e
sottile, e dialettico e matematico ch'ei possa essere; non conoscerà mai il
vero, si persuaderà e proverà colla possibile evidenza cose falsissime ec. ec.
Non già perchè
1834 il cuore e la fantasia dicano
sovente più vero della fredda ragione, come si afferma, nel che non entro a
discorrere, ma perchè la stessa freddissima ragione ha bisogno di conoscere
tutte queste cose, se vuol penetrare nel sistema della natura, e svilupparlo.
L'analisi delle idee, dell'uomo, del sistema universale degli esseri, deve
necessariamente cadere in grandissima e principalissima parte, sulla
immaginazione sulle illusioni naturali, sul bello, sulle passioni, su tutto ciò
che v'ha di poetico nell'intero sistema della natura. Questa parte {della natura,} non solo è utile, ma necessaria per
conoscer l'altra, anzi l'una dall'altra non si può staccare nelle meditazioni
filosofiche, perchè la natura è fatta così. La detta analisi in ordine alla
filosofia, dev'esser fatta non già dall'immaginazione o dal cuore, bensì dalla
fredda ragione che entri ne' più riposti segreti dell'uno e dell'altra. Ma come
può far tale analisi colui che non conosce perfettamente tutte le dette cose
1835 per propria esperienza, o non le conosce quasi
punto? La più fredda ragione {+benchè
mortal nemica della natura,} non ha altro fondamento nè principio,
altro soggetto di meditazione speculazione ed esercizio che la natura. Chi non
conosce la natura, non sa nulla, e non può ragionare, per ragionevole ch'egli
sia. Ora colui che ignora il poetico della natura, ignora una grandissima parte
della natura, anzi non conosce assolutamente la natura, perchè non conosce il
suo modo di essere.
[1975,1] Un uomo di forte e viva immaginazione, avvezzo a
pensare ed approfondare, in un punto di straordinario e passeggero vigore
corporale, di entusiasmo, {+di
disperazione, di vivissimo dolore o passione qualunque, di pianto, insomma di
quasi ubbriachezza, e furore,} ec. scopre delle verità che molti
secoli non bastano alla pura e fredda e geometrica ragione per iscoprire; e che
annunziate da lui non sono ascoltate, ma considerate come sogni, perchè lo
spirito umano manca tuttavia delle condizioni necessarie per sentirle, e
comprenderle come verità, e perch'esso non può universalmente fare in un punto
tutta la strada che ha fatto quel pensatore, ma segue necessariamente la sua
marcia, e il suo progresso gradato, senza sconcertarsi. Ma l'uomo in quello
stato vede tali rapporti, passa da una proposizione all'altra così rapidamente,
ne comprende così vivamente e facilmente il legame, accumula in un momento
1976 tanti sillogismi, e così ben legati e ordinati, e
così chiaramente concepiti, che fa d'un salto la strada di più secoli. E forse
esso stesso dopo quel punto, non crede più alle verità che allora avea concepite
e trovate, cioè o non si ricorda, o non vede più con egual chiarezza, i
rapporti, le proposizioni, i sillogismi, e le loro concatenazioni che l'avevano
portato a quelle conseguenze. Il mondo alla fine è sempre in istato di freddo, e
le verità scoperte nel calore, per grandi che siano non mettono radici nella
mente umana, finchè non sono sanzionate dal placido progresso della fredda
ragione, arrivata che sia dopo lungo tempo a quel segno. Grandi verità
scoprivano certamente gli antichi colla lor grande immaginazione, grandi salti
facevano nel cammino della ragione, ridendosi della lentezza, e degl'infiniti
mezzi che abbisognano al puro raziocinio ed esperienza per avanzarsi
altrettanto, grandi spazi occupati poi da' loro posteri, preoccupavano essi e
1977 conquistavano in un baleno, ma questi
progressi restavano necessariamente individuali, perchè molto tempo abbisognava
a renderli generali; queste conquiste non si conservavano, anzi erano piuttosto
viaggi che conquiste, perchè l'individuo penetrava solamente in quei nuovi
paesi, e li riconosceva, senza esser seguito dalla moltitudine che vi stabilisse
il suo dominio; i progressi de' grandi individui non giovavano gli uni agli
altri, perchè mancanti di una disposizione generale e comune nel mondo, che li
rendesse intelligibili gli uni agli altri, mancanti anche di una lingua atta a
stabilire, dar corpo, determinare e render a tutti egualmente chiaro quello che
ciascun individuo scopriva. Così che gli antichi grandi spiriti penetravano
nelle terre della verità, ciascuno isolatamente, e senza aiutarsi l'un l'altro,
e quando anche si scontrassero nel cammino, o giungessero ad un medesimo
1978 punto, e quivi casualmente si riunissero, non si
riconoscevano; e tornati dalla loro corsa, e narrandola altrui, non
s'accorgevano di dir le stesse cose, nè il pubblico se n'avvedeva, perchè non le
dicevano allo stesso modo, mancando di un linguaggio filosofico, uniforme; oltre
che le stesse ragioni che impedivano all'universale di riconoscere quelle
proposizioni per pienamente vere, gl'impediva altresì di scoprire l'uniformità
che esisteva tra le proposizioni e i sentimenti di questo e di quel grand'uomo.
E così le grandi scoperte de' grandi antichi, appassivano, e non producevano
frutto, e non erano applicate, mancando i mezzi e di coltivarle, e di aiutare e
legare una verità coll'altra mediante il commercio de' pensieri, e della società
pensante. (23. Ott. 1821.).
[2019,2] I fanciulli con la vivacità della loro
immaginazione, e col semplice dettame della natura, scuoprono e vedono
evidentemente delle somiglianze e affinità fra cose disparatissime, trovano
rapporti astrusissimi, dei quali converrebbe che il filosofo
2020 facesse gran caso, e non si sdegnasse di tornare in qualche parte
fanciullo, e ingegnarsi di veder le cose come essi le vedono. Giacchè è certo
che chi scuopre grandi e lontani rapporti, scopre grandi e riposte verità e
cagioni: e forse perciò il fanciullo sa talvolta assai più del filosofo, e vede
chiaramente delle verità e delle cagioni, che il filosofo non vede se non
confusamente, o non vede punto, perocch'egli è abituato a pensare diversamente,
e a seguire nelle sue meditazioni tutt'altre vie che quelle che seguì
naturalmente da fanciullo. (31. Ott. 1821.).
[2132,1] La facoltà inventiva è una delle ordinarie, e
principali, e caratteristiche qualità e parti dell'immaginazione. Or questa
facoltà appunto è quella che fa i grandi filosofi, e i grandi scopritori delle
grandi verità. E si può dire che da una stessa sorgente,
2133 da una stessa qualità dell'animo, diversamente applicata, e
diversamente modificata e determinata da diverse circostanze e abitudini,
vennero i poemi di Omero e di Dante, e i Principii matematici della
filosofia naturale di Newton. Semplicissimo è il sistema e l'ordine della
macchina umana in natura, pochissime le molle, e gli ordigni di essa, e i
principii che la compongono, ma noi discorrendo dagli effetti che sono infiniti
e infinitamente variabili secondo le circostanze, le assuefazioni, e gli accidenti, moltiplichiamo gli elementi,
le parti, le forze del nostro sistema, e dividiamo, e distinguiamo, e
suddividiamo delle facoltà, dei principii, che sono realmente unici e
indivisibili, benchè producano e possano sempre produrre non solo nuovi, non
solo diversi, ma dirittamente contrarii effetti. L'immaginazione per tanto è la
sorgente della ragione, come del sentimento, delle
2134
passioni, della poesia; ed essa facoltà che noi supponiamo essere un principio,
una qualità distinta e determinata dell'animo umano, o non esiste, o non è che
una cosa stessa, una stessa disposizione con cento altre che noi ne distinguiamo
assolutamente, e con quella stessa che si chiama riflessione o facoltà di
riflettere, con quella che si chiama intelletto ec. Immaginazione e intelletto è
tutt'uno. L'intelletto acquista ciò che si chiama immaginazione, mediante gli
abiti e le circostanze, e le disposizioni naturali analoghe; acquista nello
stesso modo, ciò che si chiama riflessione ec. ec. (20. Nov.
1821.)
[3237,1] Chiunque esamina la natura delle cose colla pura
ragione, senz'aiutarsi dell'immaginazione nè del sentimento, nè dar loro alcun
luogo, ch'è il procedere di molti tedeschi {#1. Così anche parecchi inglesi, e generalmente tutti
coloro che non sono assuefatti e non conoscono altro che studi e cose
esatte. Ma certo è che di tali filosofi, metafisici, politici-matematici, ed
aridi, ve n'ha più copia fra' tedeschi e dipoi fra gl'inglesi che altrove,
come in francia o in
italia.} nella filosofia, come dire nella
metafisica e nella politica, potrà ben quello che suona il vocabolo analizzare,
3238 cioè risolvere e disfar la natura, ma e' non potrà
mai ricomporla, voglio dire e' non potrà mai dalle sue osservazioni e dalla sua
analisi tirare una grande e generale conseguenza, nè stringere e condurre le
dette osservazioni in un gran risultato; e facendolo, come non lasciano di
farlo, s'inganneranno; e così veramente loro interviene. Io voglio anche
supporre ch'egli arrivino colla loro analisi fino a scomporre e risolvere la
natura ne' suoi menomi ed ultimi elementi, e ch'egli ottengano di conoscere
ciascuna da se tutte le parti della natura. Ma il tutto di essa, il fine e il
rapporto scambievole di esse parti tra loro, e di ciascuna verso il tutto, lo
scopo di questo tutto, e l'intenzion vera e profonda della natura, quel ch'ella
ha destinato, la cagione (lasciamo ora star l'efficiente) la cagion finale del
suo essere e del suo esser tale, il perchè ella abbia così disposto e così
formato le sue parti, nella cognizione delle quali cose dee consistere lo scopo
del filosofo, e intorno alle quali si aggirano insomma tutte le verità generali
veramente grandi e importanti, queste cose, dico, è impossibile il ritrovarle
3239 e l'intenderle a chiunque colla sola ragione
analizza ed esamina la natura. La natura così analizzata non differisce punto da
un corpo morto. Ora supponghiamo che noi fossimo animali di specie diversa dalla
nostra, anzi di natura diversa dalla general natura degli animali che
conosciamo, e nondimeno fossimo, siccome siamo, dotati d'intendimento. Se {+non avendo noi mai veduto nè uomo alcuno
nè animale di quelli che realmente esistono, e niuna notizia
avendone,} ci fosse portato innanzi un corpo umano morto, e
notomizzandolo noi giungessimo a conoscerne a una a una tutte le più menome
parti, e chimicamente decomponendolo, arrivassimo a scoprirne ciascuno ultimo
elemento; perciò forse potremmo noi conoscere, intendere, ritrovare, concepire
{qual fosse} il destino {l'azione le funzioni le virtù le forze ec.} di ciascheduna parte
d'esso corpo rispetto {a se stesse,} all'altre parti ed
al tutto, quale lo scopo e l'oggetto di quella disposizione e di quel tal ordine
che in esse patti scorgeremmo, e osserveremmo pure co' propri occhi, e colle
proprie mani tratteremmo; quali gli effetti {+particolari e l'effetto generale e complessivo} di
esso ordine, e del tutto di esso corpo; {+quale il fine di questo tutto;} quale insomma e che cosa la vita
dell'uomo; anzi se quel corpo fosse mai e dovesse esser vissuto;
3240 anzi pure, se dalla nostra stessa {vita} non l'arguissimo, o se alcuno potesse intendere
senza vivere, concepiremmo noi e ritrarremo[ritrarremmo] in alcun modo dalla piena e perfetta e analitica ed
elementare cognizione di quel corpo morto, l'idea della vita? o vogliamo {solamente} dire l'idea di quel corpo vivo? e
intenderemmo noi quale e che cosa fosse l'uomo vivente, e il suo modo di vivere
esteriore o interiore? Io credo che tutti sieno per rispondere che niuna di
queste cose intenderemmo; che volendole congetturare, andremmo le {mille} miglia lontani dal vero, o sarebbe a scommetter
millioni[milioni] contro uno che di nulla
mai, neanche facendo un milione di congetture, ci apporremmo; finalmente ch'egli
sarebbe cosa probabilissima, ch'esaminato e conosciuto quel corpo morto, in
questa conoscenza ci fermassimo, e neppur ci venisse in sospetto ch'ei fosse mai
stato altro, nè fosse mai {stato} destinato ad esser
altro che quel che noi lo vedremmo, e tale qual noi lo vedremmo, nè della sua
passata vita nè dell'uom vivo, ci sorgerebbe in capo la più menoma
conghiettura.
[3245,1] In conferma del sopraddetto si osservi che i più
profondi filosofi, i più penetranti indagatori del vero, e quelli di più vasto
colpo d'occhio, furono espressamente notabili e singolari anche per la facoltà
dell'immaginazione e del cuore, si distinsero per una vena e per un genio
decisamente poetico, ne diedero ancora insigni prove o cogli scritti o colle
azioni o coi patimenti della vita che dalla immaginazione e dalla sensibilità
derivano, o con tutte queste cose insieme. Fra gli antichi Platone, il più profondo, più vasto, più sublime
filosofo di tutti {{essi antichi}} che ardì concepire un
sistema il quale abbracciasse tutta l'esistenza, e rendesse ragione di tutta la
natura, fu nel suo stile {nelle sue invenzioni} ec.
così poeta come tutti sanno. V. il Fabric. in Platone. Fra' moderni {{Cartesio}}
Pascal, quasi pazzo per la forza della
fantasia sulla fine della sua vita; Rousseau, Mad. di Staël ec.
(23. Agosto, udita la morte del Papa Pio VII. che fu a' 20.
di questo. 1823.)
[3269,1] Il poeta lirico nell'ispirazione, il filosofo nella
sublimità della speculazione, l'uomo d'immaginativa e di sentimento nel tempo
del suo entusiasmo, l'uomo qualunque nel punto di una forte passione,
nell'entusiasmo del pianto; ardisco anche soggiungere, mezzanamente riscaldato
dal vino, vede e guarda le cose come da un luogo alto {+e superiore a quello in che la mente degli uomini suole
ordinariamente consistere.} Quindi è che scoprendo in un sol tratto
molte più cose ch'egli non è usato di scorgere a un tempo, e d'un sol colpo
d'occhio discernendo e mirando una moltitudine di oggetti, ben da lui veduti più
volte ciascuno, ma non mai tutti insieme (se non in altre simili congiunture),
egli è in grado di scorger con essi i loro rapporti scambievoli, e per la novità
di quella moltitudine
3270 di oggetti tutti insieme
rappresentantisegli, egli è attirato e a considerare, benchè rapidamente, i
detti oggetti meglio che per l'innanzi non avea fatto, e ch'egli non suole; e a
voler guardare e notare i detti rapporti. Ond'è ch'egli ed abbia in quel momento
una straordinaria facoltà di generalizzare (straordinaria almeno relativamente a
lui ed all'ordinario del suo animo), e ch'egli l'adoperi; e adoperandola scuopra
di quelle verità generali e perciò veramente grandi e importanti, che indarno
fuor di quel punto e di quella ispirazione {e quasi μανία e
furore} o filosofico o passionato o poetico o altro, indarno, dico,
con lunghissime e pazientissime {+ed
esattissime} ricerche, esperienze, confronti, studi, {ragionamenti,} meditazioni, esercizi della mente,
dell'ingegno, della facoltà di pensare di riflettere di osservare di ragionare,
indarno, ripeto, non solo quel tal uomo o poeta o filosofo, ma qualunqu'altro o
poeta o ingegno qualunque o filosofo acutissimo e penetrantissimo, anzi pur
molti filosofi insieme cospiranti, e i secoli stessi col successivo avanzamento
dello spirito umano, cercherebbero di scoprire, {o}
d'intendere, o {di} spiegare, siccome
3271 colui, mirando a quella ispirazione, facilmente e
perfettamente e pienamente fa a se stesso in quel punto, e di poi {a se stesso ed} agli altri, purch'ei sia capace di ben
esprimere i propri concetti, ed abbia bene e chiaramente e distintamente
presenti le cose allora concepite e sentite. (26. Agos. 1823.).
[3382,2] È tanto mirabile quanto vero, che la poesia la quale
cerca per sua natura {e proprietà} il bello, e la
filosofia ch'essenzialmente ricerca il vero, cioè la cosa più contraria al
bello; sieno le facoltà le
3383 facoltà le più affini
tra loro, tanto che il vero poeta è sommamente disposto ad esser gran filosofo,
e il vero filosofo ad esser gran poeta, anzi nè l'uno nè l'altro non può esser
nel gener suo nè perfetto nè grande, s'ei non partecipa {+più che mediocremente} dell'altro genere, quanto
all'indole primitiva dell'ingegno, alla disposizione naturale, alla forza
dell'immaginazione. Di ciò ho detto altrove p. 1383
p.
1650
pp.
3269-71. Le grandi verità, e massime nell'astratto e nel metafisico o
nel psicologico ec. non si scuoprono se non per un quasi entusiasmo della
ragione, nè da altri che da chi è capace di questo entusiasmo. (Eccetto ch'elle
sieno scoperte appoco appoco, piuttosto dal tempo e dai secoli, che dagli
uomini, in guisa che a nessuno in particolare possa attribuirsene il
ritrovamento, il che spesso accade). La poesia e la filosofia sono entrambe del
pari, quasi le sommità dell'umano {spirito,} le più
nobili e le più difficili facoltà a cui possa applicarsi l'ingegno umano. E
malgrado di ciò, e dell'esser l'una di loro, cioè la poesia, la più utile
veramente di tutte le facoltà, sì la poesia,
3384 come
la filosofia sono del pari le più sfortunate e dispregiate di tutte le facoltà
dello spirito. Tutte l'altre dánno pane, molte di loro recano onore {anche} durante la vita, aprono l'adito alle dignità ec.:
tutte l'altre, dico, fuorchè queste, dalle quali non v'è a sperar altro che
gloria, e soltanto dopo la morte. Povera e nuda vai,
filosofia.
*
{#1. Petr.
Son. La gola, il sonno.} Della sorte
ordinaria de' poeti mentre vivono, non accade parlare. Chi s'annunzia per
medico, per legista, per matematico, per geometra, per idraulico, per filologo,
per antiquario, per linguista, per perito anche in una sola lingua; il pittore
eziandio e lo scultore e l'architetto; il musico, non solo compositore ma
esecutore, tutti questi son ricevuti nelle società con piacere, trattati nelle
conversazioni e nella vita civile con istima, ricercati ancora, onorati,
invitati, e quel ch'è più premiati, arricchiti, elevati alle cariche e dignità.
Chi s'annunzia solo per poeta o per filosofo, ancorch'egli lo sia veramente, e
in sommo grado, non trova chi faccia caso di lui, non ottiene neppure ch'altri
gli parli con leggiere testimonianze di stima. La ragione si è che tutti si
credono esser filosofi,
3385 ed aver quanto si richiede
ad esser poeti, sol che volessero metterlo in opera, o poterlo facilissimamente
acquistare e adoperare. Laddove chi non è matematico, pittore, musico ec. non si
crede di esserlo, e riguarda come superiori per questo conto a lui ed al comune
degli uomini, quei che lo sono. Il genio, da cui principalmente pende e nasce la
facoltà poetica e la filosofica, non si misura a palmi, come ciò che si richiede
a esser medico o geometra. Quindi nasce che quello ch'è più raro tra gli uomini
tutti si credano possederlo. E quindi è che le due più nobili, più {difficili} e più rare, {+anzi straordinarie,} facoltà, la poesia e la
filosofia, tutti credano possederle, o poterle acquistare a lor voglia. Oltre
che il genio non può essere nè giudicato, nè sentito, nè conosciuto, nè aperçu che dal genio. Del quale mancando quasi tutti,
nol sentono nè se n'avveggono quand'ei lo trovano. E il gustare, e potere anche
mediocremente estimare il valor delle opere di poesia e di filosofia, non è che
de' veri poeti e de' veri filosofi, a differenza delle opere dell'altre facoltà.
ec.
[3881,4] Il vino, il cibo ec. dà talvolta una straordinaria
prontezza vivacità, rapidità, facilità, fecondità d'idee, di ragionare,
d'immaginare, di motti, d'arguzie, sali, risposte ec. vivacità di spirito,
furberie, risorse, trovati, sottigliezze grandissime di pensiero, profondità,
verità astruse, tenacità
3882 e continuità ed esattezza
di ragionamento anche lunghissimo e induzioni successive moltissime, senza
stancarsi, facilità di vedere i più lontani e sfuggevoli rapporti, e di passare
rapidamente dall'uno all'altro senza perderne il filo ec. volubilità somma di
mente ec. Questo secondo le condizioni particolari delle persone, ed anche le
loro circostanze sì attuali {in quel punto,} sì
abituali in quel tempo, sì abituali nel resto della vita ec. Ma quello
accrescimento di facoltà prodotto dal vino, {{ec.}} è
indipendente per se stesso dall'assuefazione. E gli uomini più stupidi di
natura, d'abito ec. divengono talora in quel punto spiritosi, ingegnosissimi ec.
{+V. p. 3886.} Questo si applichi alle mie
osservazioni p. 1553
pp. 1819-22
pp. 3197-206
pp. 3345-47 dimostranti che il talento {e le
facoltà dell'animo ec.} essendo in gran parte cosa fisica, e influita
dalle cose fisiche ec. la diversità de' talenti in gran parte è innata, e
sussiste {anche} indipendentemente dalla diversità
delle assuefazioni, esercizi, circostanze, coltura ec. (14. Nov.
1823.).
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