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15. Ott. - 16. Ott. 1823.

[3704,1]  Alla p. 3702. Queste osservazioni, e i confronti di fletum, netum e tali altri supini tutti della seconda, confermano che suetum, exoletum, e simili, non sono di suesco, exolesco ec. verbi della terza, alla quale punto non conviene questa desinenza, ma di altri della seconda da cui cui essi derivano. Cretum da cerno {#2. e suoi composti} è corrottissimo, {{per cernitum,}} {ch'è il vero,} e la desinenza in etum v'è accidentale ec. (15. Ott. 1823.). {#3. V. p. 3731.} Altresì quel che s'è detto de' perfetti della seconda, e il confronto di nevi, flevi ec. mostra che suevi, crevi, adolevi ec. non sono di suesco ec. verbi della terza. (15. Ott. 1823.). {#4. V. p. 3827.} La desinenza {de' perfetti} in evi o  3705 in vi, propria della prima coniugazione e, come abbiamo mostrato pp. 3698-99, della seconda, che ora ha più sovente ui ch'è il medesimo, e finalmente eziandio della quarta che conserva però anche quella in ii, è al tutto aliena da' verbi della terza, se non se per qualche rara anomalia, come in crevi da cerno, {#1. e suoi composti} perfetto irregolarissimo, per cerni, e in sevi da sero, {#2. e suoi composti} verbo d'altronde ancora irregolarissimo, come si vede nel suo supino satum, {#3. ne' composti situm, solita mutazione in virtù della composizione ec. v. p. 3848. ec.} Ovvero per qualche altra ragione come dal verbo no (di cui p. 3688.) che dovette essere della terza, il perfetto novi per evitare la voce poco graziosa ni, che sarebbe stata il suo perfetto regolare, e che d'altronde concorreva colla particella ni: oltre che niun perfetto latino, se ben mi ricordo, è monosillabo, ancorchè fatto da tema monosillabo: eccetto ii da eo, e da fuo, fui, i quali {{furono}} monosillabi, {+e forse ancora lo sono talvolta presso i poeti latini del buon tempo ec.} secondo il mio discorso altrove fatto pp. 1151-53 pp. 2266-68 della antica monosillabia di tali dittonghi ec. Da' monosillabi do, sto ec. si fece il perfetto dissillabo per duplicazione: dedi, steti, ec. Onde avrebbe da no potuto anche farsi neni. O forse il verbo da cui viene nosco, non fu no, ma noo (νοῶ), onde il perfetto  3706 novi invece del regolare noi sarà stato fatto (come que' della 1. in avi per ai, della 2. in evi per ei, della 4. in ivi per ii) per evitare l'iato; il quale iato però {+non può essere che} affatto accidentale ne' perfetti di questa coniugazione. {V. p. 3756.} Così per fui, regolare perfetto dell'antico fuo, verbo della terza, il qual perfetto anche oggidì si conserva, e solo esso, e tutto regolare, Ennio disse fuvi, non metri causa, come crede il Forcellini, (in fuam), ma secondo me, per evitare l'iato. {#1. V. p. 3885.} {Suo is ha sui, e non ha che questo. Abluo - Diluo ec. lui. Veggasi la p. 3732. Assuo assui ec. e gli altri composti di suo.} L'evitazion del quale stette a cuore principalmente agli scrittori (come anche in altre lingue), e ad essi, cred'io, si deve attribuire l'esser passate in regola le desinenze avi ed evi (poi ui) della 1. e 2. ne' perfetti e lor dipendenze, ed in parte la desinenza ivi nella quarta, in vece delle primitive ai, ei, ii. E quelle in avi, evi, ivi, secondo me, non furon proprie che della scrittura, o certo del linguaggio illustre, o di esso principalmente, e nulla o poco le adottò il plebeo, perocch'esso conservò le primitive ai, ei, ii, come lo dimostra l'italiano (e anche il francese  3707 aimai, onde lo spagn. amè, come ho detto nella mia teoria de' continuativi). Tornando a proposito la desinenza in vi, fuori de' detti casi, amalie[anomalie] ec. non è propria punto, anzi impropria, de' perfetti della terza, se non per puro accidente, come in solvi, volvi e simili. Ne' quali casi il v non è di tal desinenza, nè del perfetto, {+nè dell'inflessione ordinaria de' verbi della 3.a nel perfetto ec.} ma del tema (solvo, volvo), ed è lettera radicale di tutto il verbo ec. Trovansi però molti verbi della 3.a che (per anomalia) fanno il perfetto in ui (come il più di quelli della seconda): e questi sono in {molto} maggior numero che quelli della 3.a che facciano il perfetto in vi. (siccome anche nella 2.a oggi son più quelli in ui che quelli in vi). Per esempio l'altro sero (diverso dal sopraddetto a p. 3705.) che ha il supino sertum, nel perfetto fa serui, e così i suoi composti. Così colo is ui. Ed altri molti. {{Ma questa desinenza è pure affatto impropria della 3. e vi è sempre anomala, come quella in vi o}} {+in evi ec. che originalmente son tutt'una con quella in ui.}
[3707,1]  Del resto dalle soprascritte osservazioni si potrebbe conchiudere che i veri e regolari e primitivi supini delle 4. coniugazioni son questi: 1.a ātum, 2.a ētum, 3.a ĭtum {+(a) Puoi vedere il pensiero seg. e p. 3710. capoverso 1. ec. ec.,} 4.a ītum.  3708 E i perfetti (con lor dipendenze): 1.a avi (antic. ai), 2.a evi (ant. ei, più mod. ui), 3.a i preceduto dalla ultima radicale del tema, 4.a ii (antica {+ma conservata}) ed ivi (posteriore). (16. Ott. 1823.).