Interesse per altrui, non ha luogo in chi è senza speranza ec.
Interest on others' behalf, has no space in those who are without hope, etc.
Vedi Compassione, Beneficenza. See Compassion, Beneficence. 1589,1 3836,1 4105,2 4283,2[1589,1] Chi ha perduto la speranza d'esser felice, non può
pensare alla felicità degli altri, perchè l'uomo non può cercarla che per
rispetto alla propria. Non può dunque neppure interessarsi dell'altrui
infelicità. (30. Agos. 1821.).
[3836,1] Similmente, come {+in generale} i più forti per l'ordinario, così
gl'individui in quel punto, sogliono essere (proporzionatamente alle loro
rispettive abitudini e caratteri {+età,
circostanze morali, fisiche, esteriori, {+di fortuna, di condizione e grado sociale, di
avvenimenti ec.} costanti, temporarie, momentanee ec.}) più
del lor solito disposti alle grandi e generose azioni, agli atti eroici, al
sacrifizio di se stessi, alla beneficenza, alla compassione (dico più disposti,
e voglio dire la potenza, non l'atto, che ha bisogno dell'occasione e di
circostanze, che mancando, come per lo più, fanno che l'uomo neppur si avveda in
quel punto di tal sua disposizione e potenza, ed anche in tutta la sua vita non
si accorga che in quei tali punti egli ebbe ed ha questa disposizione ec.);
perocchè la sua vita in quel punto è maggiore, e quindi più potente l'amor
proprio, e quindi questo è meno egoista, secondo le teorie altrove esposte pp. 3291-97. Lasciando le
illusioni proprie e naturali di quello stato, proporzionatamente all'abitual
condizione morale dell'individuo ec.
[4105,2] L'infelicità abituale, ed anche il solo essere
abitualmente privo di piaceri e di cose che lusinghino l'amor proprio, estingue
a lungo andare nell'anima la più squisita ogn'immaginazione, ogni virtù di
sentimento, ogni vita ed attività e forza, e quasi ogni facoltà. La cagione è
che una tale anima, dopo quella prima inutile disperazione, e contrasto feroce o
doloroso colla necessità, finalmente riducendosi in istato tranquillo, non ha
altro espediente per vivere, nè altro produce in lui la natura stessa ed il
tempo, che un abito di tener continuamente represso e prostrato l'amor proprio,
perchè l'infelicità offenda meno e sia tollerabile e compatibile colla calma.
Quindi un'indifferenza e insensibilità verso se stesso maggior che è possibile.
Or questa è una perfetta morte dell'animo e delle sue facoltà. L'uomo che non
s'interessa a se stesso, non e capace d'interessarsi a nulla, perchè nulla può
interessar l'uomo se non in relazione a se stesso, più o men vicina e palese, e
di qualunque sorte ella sia. Le bellezze della
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natura, la musica, le poesie più belle, gli avvenimenti del mondo, felici o
tragici, le sventure o le fortune altrui, anche dei suoi più stretti, non fanno
in lui nessuna impressione viva, non lo risvegliano, non lo riscaldano, non gli
destano immagine, sentimento, interesse alcuno, non gli danno nè piacere nè
dolore, se bene pochi anni avanti lo empievano di entusiasmo e lo eccitavano a
mille creazioni. Egli stupisce stupidamente della sua sterilità e della sua
immobilità e freddezza. Egli è divenuto incapace di tutto, inutile a se e agli
altri, di capacissimo ch'egli era. La vita è finita quando l'amor proprio ha
perduto il suo ressort. Ogni potenza dell'anima si
estingue colla speranza. Voglio dire colla disperazione placida, perchè la
furiosa è pienissima di speranza, o almeno di desiderio, ed anela smaniosamente
alla felicità nell'atto stesso che impugna il ferro o il veleno contro se
medesimo. Ma il desiderio è più spento che sia possibile in un'anima avvezza a
vederli sempre contrariati, e ridotta o per riflessione o per abito o per
ambedue a sopirli e premerli. L'uomo che non desidera per se stesso e non ama se
stesso non è buono agli altri. Tutti i piaceri, i dolori, i sentimenti e le
azioni che gl'inspiravano le cose dette di sopra, cioè la natura e il resto, si
riferivano in un modo o nell'altro a se stesso, e la loro vivezza consisteva in
un ritorno vivo sopra se medesimo. Sacrificandosi ancora agli altri, non
d'altronde egli ne aveva la forza se non da questo ritorno e rivolgimento sopra
di se. Ora
4107 senz'alcuna ferocia, nè misantropia nè
rancore nè risentimento, senza neppure egoismo, {+quell'anima già poco prima sì tenera} è
insensibile alle lagrime, inaccessibile alla compassione. Si moverà anche a
soccorrere, ma non a compatire. Beneficherà o sovverrà, ma per una fredda idea
di dovere o piuttosto di costume, senza un sentimento che ve lo sproni, un
piacere che gliene venga. La noncuranza vera e pacifica di se stesso è
noncuranza di tutto, e quindi incapacità di tutto, ed annichilamento dell'anima
la più grande e fertile per natura.
[4283,2] Il primo fondamento del sacrificarsi o adoperarsi
per gli altri, è la stima di se medesimo e l'aversi in pregio; siccome il primo
fondamento dell'interessarsi per altrui, è l'aver buona speranza per se
medesimo. (Firenze. 1. Luglio. 1827.).
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