Bisogni dell'uomo nella vita civile.
Needs of man in civil life.
401-2 2256,1 2237,22337,2 2454,2 2686,1 4198,1[400,2] 5o. La descrizione che fa Mosè del paradiso terrestre, prova che i piaceri
destinati all'uomo naturale in questa vita, erano piaceri di questa vita,
materiali, sensibili,
401 e corporali, e così per tanto
la felicità. Oltracciò Dio pose Adamo
in
paradiso voluptatis ut operaretur et custodiret illum.
*
(2.
15.) Dunque sebben l'uomo fu condannato {dopo il
peccato} a lavorar la terra maledetta nell'opera di
esso,
*
(3. 17.) e scacciato dal paradiso di voluttà
(3. 23.)
ut
operaretur terram de qua sumptus est
*
(ib.), si deve intendere a lavorarla con
sudore, e {con} ingratitudine d'essa terra, secondo il
contesto della Genesi, e non che la sua vita avanti il peccato, e
la sua felicità dovesse consistere nella contemplazione, ed essere inattiva,
ossia senza opere {e occupazioni} corporali {ed esterne}, e piacere di queste opere. Infatti chi non
vede che l'uomo corrotto, ossia l'uomo tal qual è oggi ha molto più bisogni
degli altri viventi, molto più ostacoli a proccurarsi il necessario, e quindi ha
mestieri di molto più fatica per la sua conservazione? Fatica di stento,
comandata dalla ragione e dalla necessità, ma ripugnante alla natura: fatica non
piacevole ec. Laddove gli altri animali con poca fatica, e quasi nessuno stento si procacciano il bisognevole;
non lavorano la terra, nè questa produce loro spinas et
tribulos,
*
(3. 18.) cioè non contrasta ai loro
desideri, ma somministra loro il necessario spontaneamente; ed essi raccolgono e
non
402 seminano. Intendo parlare di qualunque cibo del
quale si pascano. Del vestire, l'uomo abbisogna nello stato presente, essi no,
ma nascono vestiti dalla natura. La società primitiva qual è usata anche dagli
animali; il raziocinio primitivo, ossia il principio di cognizione comune a
tutti gli esseri capaci di scelta, erano destinati a supplire ai bisogni
dell'uomo. La società qual è, la ragione qual è ridotta, accresce smisuratamente
questi bisogni: il mezzo di servire ai bisogni e di estinguerli, è divenuto
padre, e cagione, e fonte perenne e abbondantissima di bisogni. I bisogni
naturali dell'uomo sarebbero pochissimi, come quelli degli altri anmali; ma la
società e la ragione aumentano il numero e la misura de' suoi bisogni
eccessivamente. Questa distinzione fra' bisogni naturali, e sociali o fattizi, e
nonpertanto inevitabili nel nostro stato, formava il fondamento della setta
Cinica, la quale si prefiggeva di mostrare col fatto, di quanto poco abbisogni
l'uomo naturalmente. V. l'epitaffio di Diogene nel Laerzio. L'uomo fu dunque veramente
condannato alla fatica, e fatica di stento; vi fu condannato a differenza degli
altri animali; ed essendovi stato condannato sotto l'aspetto che ho esposto, non
ne segue che la sua vita innanzi la corruzione dovesse essere inattiva, cioè
dovesse
403 contenere meno attività ed occupazione
fisica, di quello che ne contenga la vita degli altri animali.
[2256,1]
2256
Ciò che dice Virg.
Georg. 2. 420-30. paragonato a ciò
che precedentemente scrive della difficilissima e laboriosissima cultura delle
vigne, e loro inevitabile decadenza, può applicarsi a dimostrare quali cibi e
bevande, e qual vita la natura avesse destinato all'uomo; e quanto i suoi
presenti (acquisiti e fattizi) bisogni, sieno contrarii alla natura, e per
soddisfarli convenga far forza alla natura; e quanto per conseguenza si debba
credere che la nostra presente vita corrisponda all'ordine destinatoci da chi ci
formò. (15. Dic. 1821.).
[2337,2] Volete veder come sia naturale lo stato presente
dell'uomo? Anche quello dell'agricoltore che pur conserva, tanto più che gli
altri, della natura? L'uomo presente, e già da gran tempo, vuol latte vuol biade
per cibarsi, vino per dissetarsi, lana per vestirsi, vuole uova ec. ec. Ecco
seminagioni, vigne, pecore, capre, galline, buoi per arare ec. vacche per
partorirli, e per latte ec. Ma il capro nuoce anzi distrugge la vigna; così
fanno i buoi ed alla vigna e ad ogni albero da frutto se vi si lasciano
appressare; le greggi, e gli armenti, e il
2338 pollame
ec. sterminerebbero i seminati se non si avesse infinita cura d'impedirlo; il
pollame nuoce alle stalle delle greggi, e degli armenti; i danni del porco
sarebbero infiniti ai campi e al bestiame, se non vi si avesse l'occhio ec. ec.
Insomma i bisogni che l'uomo si è fabbricati, anche i più semplici, rurali, ed
universali, e propri anche della gente più volgare e men guasta, si
contraddicono, si nocciono scambievolmente; e la cura dell'uomo non dev'esser
solo di procacciare il necessario a questi bisogni con infiniti ostacoli, ma nel
provvedere all'uno, guardare assai, perchè quella provvisione nuoce ad un altro
bisogno ec. E pure è certo che più facilmente potremo annoverar le arene del
mare di quello che trovare una sola contraddizione in qualunque di quelle cose
che la natura ha veramente e manifestamente resa necessaria, o destinata all'uso
sì dell'uomo, come di qualunque animale, vegetabile ec. (8. Gen.
1822.). {{V. p.
2389.}}
[2454,2] Qual fosse l'opinione di Socrate, o di Senofonte, e anche degli altri antichi, circa quelle
arti e mestieri che da gran tempo si stimano e sono veramente necessarii all'uso
del viver civile, anzi parte, alimento ec. della civilizzazione, e che intanto
nocciono alla salute e al viver fisico, e in oltre all'animo, di chi gli
esercita, v. l'Econom. di Senofonte
cap. 4. §. 2. 3. (3. Giugno 1822.). {{e c.
6. §. 5. 6. 7.}}
[2686,1]
En
Europe le travail des mains déshonore. On
l'appelle travail méchanique. Celui même de labourer la terre y est le
plus méprisé de tous. Un artisan y est bien plus estimé qu'un
paysan.
*
loc. cit. pag. 136. Tutto l'opposto era fra gli
antichi, appresso i quali gli agricoltori e l'agricoltura erano in onore, e
l'arti manuali o meccaniche (αἱ βαναυσικαὶ τεχναί) e i professori delle medesime
erano infami. Vedi Cic.
de Offic. l. 1. e l'Economico di Senofonte, e quello attribuito già ad
Aristotele. (14.
Aprile 1823.).
[4198,1] Se una volta in processo di tempo l'invenzione p. e.
dei parafulmini (che ora bisogna convenire esser di molto poca utilità),
piglierà più consistenza ed estensione, diverrà di uso più sicuro, più
considerabile e più generale; se i palloni aereostatici, e l'aeronautica
acquisterà un grado di scienza, e l'uso ne diverrà comune, e la utilità (che ora
è nessuna) vi si aggiungerà ec.; se tanti altri trovati moderni, come quei della
navigazione a vapore, dei telegrafi ec. riceveranno applicazioni e
perfezionamenti tali da cangiare in gran parte la faccia della vita civile, come
non è inverisimile; e se in ultimo altri nuovi trovati concorreranno a questo
effetto; certamente gli uomini che verranno di qua a mille anni, appena
chiameranno civile la età presente, diranno che noi vivevamo in continui ed
estremi timori e difficoltà, stenteranno a comprendere come si potesse menare
{e sopportar} la vita essendo di continuo esposti
ai pericoli delle tempeste, dei fulmini ec., navigare con tanto rischio di
sommergersi, commerciare
4199 e comunicar coi lontani
essendo sconosciuta o imperfetta la navigazione aerea, l'uso dei telegrafi ec.,
considereranno con meraviglia la lentezza dei nostri presenti mezzi di
comunicazione, la loro incertezza ec. Eppur noi non sentiamo, non ci accorgiamo
di questa tanta impossibilità {o difficoltà} di vivere
che ci verrà attribuita; ci par di fare una vita assai comoda, di comunicare
insieme assai facilmente e speditamente, di abbondar di piaceri e di comodità,
in fine di essere in un secolo raffinatissimo e lussurioso. Or credete pure a me
che altrettanto pensavano quegli uomini che vivevano avanti l'uso del fuoco,
della navigazione ec. ec. quegli uomini che noi, {specialmente in questo secolo,} con magnifiche dicerie rettoriche
predichiamo come esposti a continui pericoli, continui ed immensi disagi, bestie
feroci, intemperie, fame, sete; come continuamente palpitanti e tremanti {dalla paura,} e tra perpetui patimenti ec. E credete a
me che la considerazione detta di sopra è una perfetta soluzione del ridicolo
problema che noi ci facciamo: come potevano mai vivere gli uomini in quello
stato; come si poteva mai vivere avanti la tale o la tal altra invenzione.
(Bologna. 10. Settembre. Domenica.
1826.).
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