Francesi, non possono ben gustar le altre lingue; ne imparano difficilmente; non conoscono le altrui letterature, morte nè vive.
The French, cannot appreciate other languages well; learn them with difficulty; do not know other literatures, dead or living.
962,1 1001,2 1019,12 1054,1 1796,1 1902,3 3672,2 3972,1[962,1]
Sono
perciò rare tra' francesi le buone traduzioni poetiche; eccetto
le Georgiche volgarizzate dall'abate De-Lille. I nostri traduttori
imitan bene; tramutano in francese ciò che altronde pigliano, cosicchè
nol sapresti discernere, ma non trovo opera di poesia che faccia
riconoscere la sua origine, e serbi le sue sembianze forestiere: credo
anzi che tale opera non possa mai farsi. E se degnamente ammiriamo
la georgica dell'abate De-Lille, n'è cagione quella maggior
somiglianza che la nostra lingua tiene colla romana onde nacque, di cui
mantiene la maestà e la pompa. Ma le moderne lingue sono tanto disformi
dalla francese, che se questa volesse conformarsi a quelle, ne
perderebbe ogni decoro.
*
Staël, B. Ital. Vol. 1. p.
12. Esaminiamo.
[1001,2] Quello che ho detto pp. 970-73 della difficoltà naturale che
hanno e debbono avere i francesi a conoscere e molto più a gustare le altrui
lingue, cresce se si applica alle lingue antiche, e fra le moderne Europee e
colte, alla lingua nostra. Giacchè la lingua
1002
francese è per eccellenza, lingua moderna; vale a dire che occupa l'ultimo degli
estremi fra le lingue {nella cui indole ec.}
signoreggia l'immaginazione, e quelle dove la ragione. (Intendo la lingua
francese qual è ne' suoi classici, qual è oggi, qual è stata sempre da che ha
preso una forma stabile, e quale fu ridotta dall'Accademia). Si giudichi dunque
quanto ella sia propria a servire d'istrumento per conoscere e gustare le lingue
antiche, e molto più a tradurle: e si veda quanto male Mad. di Staël (v. p. 962.) la creda più atta ad esprimere la lingua romana che le
altre, perciocch'è nata da lei. Anzi tutto all'opposto, se c'è lingua
difficilissima a gustare ai francesi, e impossibile a rendere in francese, è la
latina, la quale occupa forse l'altra estremità o grado nella detta scala delle
lingue, ristringendoci alle lingue Europee. Giacchè la lingua latina è quella
fra le dette lingue (almeno fra le {ben} note, {e colte,} per non parlare adesso della Celtica poco nota
ec.) dove meno signoreggia la ragione. Generalmente poi le lingue antiche sono
tutte suddite della immaginazione, e però estremamente separate dalla lingua
francese. Ed è ben naturale che le lingue antiche fossero signoreggiate
dall'immaginazione più che qualunque moderna, e quindi siano senza contrasto, le
meno adattabili alla lingua francese, all'indole sua; ed alla conoscenza e molto
più al gusto de' francesi.
1003 Nella scala poi e
proporzione delle lingue moderne, la lingua italiana, {(alla
quale tien subito dietro la Spagnuola)} occupa senza contrasto
l'estremità della immaginazione, ed è la più simile alle antiche, ed al carattere antico. Parlo delle
lingue moderne colte, se non altro delle Europee: giacchè non voglio entrare
nelle Orientali, e nelle incolte regna sempre l'immaginazione più che in
qualunque colta, e la ragione vi ha meno parte che in qualunque lingua formata.
Proporzionatamente dunque dovremo dire della lingua francese rispetto
all'italiana, quello stesso che diciamo rispetto alle antiche. E il fatto lo
conferma, giacchè nessuna lingua {moderna colta,} è
tanto o ignorata, o malissimo e assurdamente gustata dai francesi, quanto
l'italiana: di nessuna essi conoscono meno lo spirito e il genio, che
dell'italiana; di nessuna discorrono con tanti spropositi non solo di teorica,
ma anche di fatto e di pratica; non ostante che la lingua italiana sia sorella
della loro, e similissima ad essa nella più gran parte delle sue radici, e nel
materiale delle lettere componenti il radicale delle parole (siano radici, o
derivati, o composti); e non ostante che p. e. la lingua inglese e la tedesca,
nelle quali essi riescono molto meglio, (anche nel tradurre ec. mentre una
traduzione francese dall'italiano dal latino o dal greco non è riconoscibile)
appartengano a tutt'altra famiglia di lingue. (1 Maggio 1821).
{{V. p. 1007. capoverso 1.}}
[1019,2] Dalle osservazioni fatte da me pp. 963-66
pp. 970-73
pp. 1001-1003 sulla poca attitudine dei francesi a conoscere e
gustare le altre lingue, risulta che per lo contrario gl'italiani sono forse i
più atti del mondo al detto oggetto. E ciò stante la moltitudine, dirò così,
delle lingue che la loro lingua contiene (laddove la francese
1020 è unica); stante la sua copia, la sua ricchezza, la sua varietà;
stante la sua libertà singolare fra tutte le lingue colte, come ho detto altrove
pp. 343-45
p.
788, e inerente al suo carattere; stante la sua arrendevolezza, la
quale produce l'arrendevolezza del gusto e della facoltà conoscitiva rispetto a
quanto appartiene alle altre lingue; mentre l'arrendevolezza della propria
lingua, viene ad essere l'arrendevolezza e adattabilità dell'istrumento che
serve a conoscere e gustare le altre lingue. E ciò tanto più si deve dire
degl'italiani rispetto alle lingue antiche, massime la latina e la greca, sì per
la conformità d'indole ec. che hanno colla nostra; sì ancora perchè precisamente
le dette qualità sono comuni a queste lingue (e generalmente alle antiche {colte}) colla nostra. (7. Maggio
1821.).
[1054,1] Come senza una lingua sono quasi impossibili le
cognizioni e nozioni, massime non corporee, o immateriali, e senza una lingua
ricca e perfetta, la moltitudine e perfezione delle dette cognizioni ed idee, e
il perfezionamento o il semplice incremento delle lingue conferisce
assolutamente a quello delle idee, conforme ha evidentemente dimostrato, oltre a
tanti altri e più antichi {+da Locke in poi,
(Sulzer, l. cit. qui dietro, p. 101. nota del Soave)}
e massime più moderni, il Sulzer nelle
Osservazioni
citate nella pag. qui dietro; così
proporzionatamente senza una lingua {(propria)}
arrendevole, varia, libera ec. è difficilissima la perfetta cognizione, e il
perfetto sentimento e gusto dei segni proprii delle altre lingue, mancando o
scarseggiando l'istrumento della concezione dei segni, come nell'altro caso
sopraddetto, l'istrumento della concezione chiara e fissa, {determinata e formata} delle cose {e delle
idee,} e della memoria di dette concezioni. (15. Maggio
1821.).
[1796,1] Sul proposito che una lingua nuova non s'impara se
non per mezzo della propria, osservate che noi siamo soliti a misurare la
regolarità o irregolarità di una lingua, tanto in genere, quanto in ordine a
ciascuna costruzione, frase ec. dalla conformità ch'essa lingua ha colla lingua
nostra e sue frasi ec. Onde ci sembra regolare, non ciò che lo è per natura, e
ragione analitica, ma ciò che corrisponde esattamente alla maniera della nostra
lingua,
1797 ed a quell'ordine di espressioni e d'idee
e di segni, al quale siamo abituati. E così proporzionatamente fino
all'irregolarità, la quale benchè sia regolarissima, ci pare generalmente
irregolare quando discorda dall'ordine abituale della nostra loquela. Applicate
queste osservazioni 1. al proposito dei francesi incapaci di ben conoscere
un'altra lingua, e giudicarla; e degl'italiani, capacissimi, perchè la loro
lingua si presta quanto è possibile fra le moderne, ad ogni maniera di
favellare, 2. alla debolezza e moltiplicità della ragione umana, alla mancanza
di tipo {universale} per lei, all'influenza che su di
essa esercita l'assuefazione.
[1902,3] Queste ed altre tali osservazioni dimostrano che i
francesi, i quali ho detto pp. 965-66
pp. 970-75
pp.
1001-1003 essere incapaci di ben sentire e gustare le lingue
forestiere, massime le antiche, e l'italiana, lo sono soprattutto in ordine ai
linguaggi della poesia, per la stessa ragione per cui le lingue antiche e
l'italiana
1903 sono meno di ogni altra alla loro
portata. (12. Ott. 1821.).
[3672,2] La impotenza e strettezza della lingua francese e la
sua inferiorità per rispetto all'altre di qui facilmente si può comprendere, che
l'altre lingue possono, sempre che vogliono,
3673
agevolmente vestire la forma {e lo stile} della
francese (com'effettivamente hanno fatto o fanno tutte le lingue colte
d'europa, o per un certo tempo massimamente, come
l'inglese e la tedesca, o anche oggidì, come l'italiana, la spagnuola, la russa,
la svedese, la olandese ec.; e bene avrebbero potuto farlo e potrebbero farlo
sufficientemente anche senza corrompersi e senza violentare dirittamente la loro
propria e caratteristica indole); laddove la francese non può per niun modo
prendere la forma {nè lo stile} dell'altre lingue, nè
altra forma alcuna che la sua propria. E non pur dell'altre lingue che da lei
sono aliene, per così dire, di famiglia e di sangue, come l'inglese, la tedesca,
la russa ec. le quali pur possono vestire ed hanno vestito o vestono la forma
della francese; ma neanche delle cognate, nè delle sorelle, come dell'italiana
{e} della spagnuola; nè della lingua stessa sua
madre, come della latina. (12. Ott. Domenica. 1823.).
[3972,1]
3972 Risulta da quello che in più luoghi si è detto
pp. 838. sgg.
pp.
1683-84
pp. 1946-51
pp. 1953-57
pp. 3253-62 circa la
natura di una lingua atta (massime ne' nostri tempi) veramente alla
universalità, che ella non solo non può esser più delle altre lingue capace di
traduzioni, di assumer l'abito dell'altre lingue, o tutte o in maggior numero o
meglio che ciascun'altra, di piegarvisi più d'ogni altra, di rappresentare in
qualunque modo le altre lingue; ma anzi ella dev'essere per sua natura l'estremo
contrario, cioè sommamente unica d'indole, di modo ec. e sommamente incapace
d'ogni altra che di se stessa, ed in se stessa minimamente varia, e da se
medesima in ogni caso il men che si possa diversa. E una lingua che tenga
l'estremo contrario è di sua natura, massime a' tempi nostri, estremamente
incapace dell'universalità. Non bisogna dunque figurarsi che una lingua
universale nè debba nè possa portare questa utilità di supplire alla cognizione
di tutte le altre lingue, di esser come lo specchio di tutte l'altre, di
raccoglierle, per così dir, tutte in se stessa, col poterne assumer l'indole
ec.; ma solo di servire in vece di
tutte le altre lingue, e di esser loro sostituita. Anzi ella non può veramente altro ch'esser sostituita
all'uso dell'altre e di ciascuna altra, e non supplire ad esse ec. Ben grande
sarebbe quella utilità, ma essa è contraria direttamente alla natura di una
lingua universale. Tale si è infatti la francese. Nè i francesi dunque nè gli
stranieri si lusinghino di avere in quella lingua tutto ciò che potrebbero avere
nell'altre, ma una lingua diversissima per sua natura dall'altre, il cui uso a
quello di tutte l'altre possono facilmente sostituire. Nè stimino che volendo
conoscer
3973 l'altre lingue, autori ec. il posseder la
francese, li dispensi più che alcun'altra lingua dallo studio di tutte l'altre,
anzi per questo effetto la francese non serve a nulla, ed i francesi per parlare
come nativa una lingua sommamente disposta alla universalità, si debbono
contentare di avere una lingua incapacissima di traduzioni, inettissima a servir
loro di specchio e di esempio, e fin anche di mezzo, per conoscere qualunque
altra lingua, autore ec. Il fatto della lingua francese dimostra queste
asserzioni. {+1. Sebbene i francesi
coll'estrema trascuranza che hanno dell'altre lingue mostrano essere
persuasi del contrario.} La natura della greca era appunto l'opposto.
Ella infatti perciò, anche nel tempo antico, non potè essere universale che
debolissimamente e incomparabilmente alla possibile universalità di una lingua,
ed anche all'effettiva presente universalità della francese, malgrado le molte
qualità, e massimamente le infinite circostanze estrinseche (potenza, commercio,
letteratura e civiltà unica della nazione che la parlava) che favorirono, (e per
lunghissimo tempo), e quasi necessitarono la sua universalità, molto più che le
circostanze estrinseche della francese ec. (11. Dec. 1823.).
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