Guerre antiche, guerre moderne.
Ancient wars, modern wars.
872,1 930,2 1004,2 1016,1 1362,1 1422,1 1879,2 1911,2 2305,2 2389,1 2397,1[872,1] L'amor proprio dell'uomo, e di qualunque individuo di
qualunque specie, è un amore di preferenza. Cioè l'individuo amandosi
naturalmente quanto può amarsi, si preferisce dunque agli altri, dunque cerca di
soverchiarli in quanto può, dunque effettivamente l'individuo odia l'altro
individuo, e l'odio degli altri è una conseguenza necessaria ed immediata
dell'amore di se stesso, il quale essendo innato, anche l'odio degli altri viene
ad essere innato in ogni vivente. {{V. p. 926. capoverso 1.}}
[930,2] A quello che ho detto pp. 896-910 delle guerre antiche
paragonate colle moderne, aggiungete che una nazione intera potrà muover guerra
per qualche causa ingiusta, (e ciò ancora più difficilmente che il principe), ma
non mai per un assoluto capriccio. Al contrario il principe. Perchè molti non
possono avere uno stesso capriccio, essendo il capriccio una cosa relativa, e
variabile, secondo le
931 teste, e senza una causa
uniforme di esistere. Così che la nazione non si può accordare tutta intiera in
un capriccio. Ma s'ella non ha bisogno di convenirci, dipendendo già tutta
intera da un solo, e questo solo avendo capricci come gli altri perchè uomo, e
più degli altri perchè padrone, e potendo il suo capriccio disporre della guerra
e della pace, e di tutto quello che spetta a' suoi sudditi; vedete quali sono le
conseguenze; osservate se combinino coi fatti, e poi anche ditemi se dalla
possibilità del capriccio nel mover guerra, segua che queste debbano esser più
rare o più frequenti delle antiche. (11. Aprile 1821.).
[1004,2] Tanto era l'odio degli antichi (quanti aveano una
patria e una società) verso gli stranieri, e verso le altre patrie e società
qualunque; che una potenza minima, o anche una città solo assalita da una
nazione intera (come Numanzia da' Romani), non veniva
mica a patti, ma resisteva con tutte le sue forze, e la resistenza si misurava
dalle dette forze, non già da quelle del nemico; e la deliberazione di resistere
era immãcabile[immancabile], e immediata, e
senza consultazione vervna; e dipendeva dall'essere assaliti, non
1005 già dalla considerazione delle forze degli
assalitori e delle proprie, dei mezzi di resistenza, delle speranze che potevano
essere nella difesa ec. E questa era, come ho detto pp. 879-80, una
conseguenza naturale dell'odio scambievole delle diverse società, dell'odio che
esisteva nell'assalitore, e che obbligava l'assalito a disperare de' patti;
dell'odio che esisteva nell'assalito, e che gl'impediva di consentire a
soggettarsi in qualunque modo, malgrado qualunque utilità nel farlo, e qualunque
danno nel ricusarlo, ed anche la intera distruzione di se stessi e della propria
patria, come si vede nel fatto presso gli antichi, e fra gli altri, nel citato
esempio di Numanzia.
[1016,1] Un effetto dell'antico sistema di odio nazionale,
era in Roma il costume del trionfo,
costume che nel presente sistema dell'uguaglianza delle nazioni, {anche delle vinte colle vincitrici,} sarebbe
intollerabile; costume, fra tanto, che dava sì gran vita alla nazione, che
produceva sì grandi effetti, e sì utili per lei, e che forse fu la cagione di
molte sue vittorie, e felicità militari e politiche. (6. Maggio
1821.).
[1362,1] Tutte le battaglie, le guerre ec. degli antichi,
stante il sistema dell'odio nazionale, che altrove ho largamente esposto pp. 879. sgg.
pp. 1004-1005
pp.
1078-79
pp. 1083-84, erano disperate, e con quella risoluzione di vincere o morire, e con quella
certezza di nulla guadagnare o salvare cedendo, che oggi non si trovano più.
(21. Luglio 1821.).
[1422,1]
1422 Il sistema di odio nazionale si vede anche oggidì,
sì nelle nazioni che meglio conservano la nazionalità (come tra i francesi e
gl'inglesi ec.), sì massimamente ne' selvaggi, i quali, come gli antichissimi,
combattono per la vita e le sostanze, non danno quartiere ai vinti, o menano
schiave le tribù intiere, sono in perpetua nemicizia fra loro, abbruciano,
scorticano, fanno morire fra i più terribili tormenti i nemici della loro tribù
ec. ne mangiano le viscere ec. ec. ec. (31. Luglio. 1821.)
[1879,2] Presso qualunque popolo naturale o poco civilizzato,
il governo militare non fu mai distinto dal civile, e i governatori {+delle provincie o di ciascuna
provincia,} non erano se non se i capitani degli eserciti o di ciascun
esercito. Così presso i greci omerici, così presso tutti i popoli {chiamati} selvaggi, {+così presso i Germani, poi i
Goti, Franchi, Longobardi ec.} così anche presso i romani, dove il
console, il proconsole, il pretore, era al tempo stesso il capo politico della
repubblica o delle province, e il capitano dell'esercito, o degli eserciti
provinciali. In tutti i popoli poco civilizzati, accadendo una conquista, quegli
medesimo rendeva {la} giustizia a' conquistati, e
amministrava le cose loro, quegli medesimo, dico, che li aveva domati o li
domava colle armi. Così anche
1880 oggi. Ciò vuol dire
che in natura non si è mai creduto che vi fosse altra legge, o altro diritto
dell'uomo sull'uomo, che quello della forza. (9. Ott. 1821.). {{V. p. 1911. fine.}}
[1911,2]
Alla p. 1880.
I re da principio erano anche più che altro i condottieri degli eserciti. La
persona del Generale si è divisa da quella del principe, e i re hanno lasciato
1912 di esser guerrieri, e non si sono vergognati
di non saper comandare alle proprie armate, nè diriggere e adoperar la forza del
proprio regno, non tutto ad un tratto, ma appoco appoco, e in proporzione che il
mondo e le cose umane hanno perduto il loro vigore, ed energia naturale, e che
l'apparenza ha preso il luogo della sostanza: nello stesso modo, e per la
ragione appunto, per cui seguitando e crescendo il detto andamento delle cose, i
principi non si sono neppur vergognati di non sapere o non voler governare, e di
farsi servire anche in questo, dai sudditi che per questo solo
lo[li] mantengono a loro spese. Onde i re
non hanno conservato altro uffizio che di prestare il nome al governo o alla
tirannide, rappresentate il principato, com'essi stessi sono rappresentati
talvolta e venerati ne' loro ritratti, e servire alla Cronologia, come i consoli
eponimi de' tempi imperiali, a' fasti di Roma. {+I principi non sono più quasi altro che
ritratti della monarchia, dell'autorità. Essi sono i rappresentanti de' loro
ministri, e non viceversa.} Così oggi il mondo non sa più a chi s'en prendre del bene o del male che riceve dal suo
governo, e ubbidisce nel temporale
1913 all'astratto
dell'autorità, vale a dire a un essere, una forza invisibile, come nello
spirituale ubbidisce a Dio, e come il Tibet ubbidisce al
reale ma invisibile Gran
Lama. Beata spiritualizzazione del genere umano! (13. Ott.
1821.).
[2305,2] Ho detto altrove p. 880. sgg.
pp.
1710-11
pp. 2252. sgg. che gli
antichi (e ciò per natura) consideravano il forestiero come naturalmente ed
essenzialmente diverso dal paesano, e come ente d'altra natura. Quindi è ch'essi
si difendevano da' forestieri o gli assaltavano, come facevano colle bestie,
cogli animali o colle cose d'altra specie, se non quanto ponevano maggior gloria
nel vincer gli uomini, come vittoria più difficile. Ma la guerra nell'antica e
primitiva idea non differiva o punto o quasi punto dalla caccia (come non
differisce presso i selvaggi). Quindi non quartiere, non pietà, non magnanimità
(che allora non si credeva aver luogo col nemico), non perdono col vinto; quindi
2306 ostinazione, risolutezza di non cedere, (e
come avrebbero voluto sottostare al governo di animali, di fiere ec.? come
dunque a quello di uomini creduti d'altra specie?) disperazione di esser vinto,
schiavitù, depredamenti, incendi, distruzioni degli alberghi e dei paesi, delle
sostanze e delle persone dei vinti; quindi tutti gli altri effetti dell'antico
odio nazionale, che altrove ho specificati, e che sono parimente moderni nei
selvaggi, barbari ec. (29. Dic. 1821.).
[2389,1] Nè fra gli antichi, ne'[nè] fra' popoli poco civilizzati fu mai che il popolo conquistato
s'avesse per compatriota del conquistatore, come oggidì. (14. Feb.
1822.).
[2397,1]
Decia
*
(Montezuma),
que no era crueldad ofrecer à sus Dioses unos
Prisioneros de Guerra, que venian yà condenados à muerte; no hallando razon, que le hiciesse capaz de que
fuessen proximos los Enemigos.
*
D. Antonio de Solìs, Hist. de la Conquista de
Mexico, lib. 3. capitulo 12. en Madrid
año de 1748. p. 230. col. 2. (25. Marzo, dì dell'Annunziazione
di M. V. SS.
1822.).
Related Themes
Antichi. (1827) (4)
Governi. (1827) (2)
Principe. (1827) (1)
Doveri morali. (1827) (1)
Trionfo presso i Romani. (1827) (1)
Monarchia e Repubblica. (1827) (1)
Odio verso i nostri simili. (1827) (1)
Eserciti (grandezza degli). (1827) (1)
Civiltà. Incivilimento. (1827) (1)
Amore universale. (1827) (1)
Amor proprio. (1827) (1)
Amor patrio. (1827) (1)
Amore di parte. (1827) (1)
Amore di corpo. (1827) (1)