[872,1] L'amor proprio dell'uomo, e di qualunque individuo di
qualunque specie, è un amore di preferenza. Cioè l'individuo amandosi
naturalmente quanto può amarsi, si preferisce dunque agli altri, dunque cerca di
soverchiarli in quanto può, dunque effettivamente l'individuo odia l'altro
individuo, e l'odio degli altri è una conseguenza necessaria ed immediata
dell'amore di se stesso, il quale essendo innato, anche l'odio degli altri viene
ad essere innato in ogni vivente. {{V. p. 926. capoverso 1.}}
[923,2] Siccome l'amor patrio o nazionale non è altro che una
illusione, ma facilmente derivante dalla natura, posta la società, com'è
naturale l'amor proprio nell'individuo, e posta la famiglia, l'amor di famiglia,
che si vede anche ne' bruti; così esso non si mantiene, e non produce buon
frutto senza le illusioni e i pregiudizi che naturalmente ne derivano, o che
anche ne sono il fondamento. L'uomo non è sempre ragionevole, ma sempre
conseguente in un modo o nell'altro. Come dunque amerà
924 la sua patria sopra tutte, e come sarà disposto nei fatti, a tutte le
conseguenze che derivano da questo amore di preferenza, se effettivamente egli
non la crederà degna di essere amata sopra tutte, e perciò la migliore di tutte;
e molto più s'egli crederà le altre, o qualcun'altra, migliore di lei? Come sarà
intollerante del giogo straniero, e geloso della nazionalità per tutti i versi,
{e disposto a dar la vita e la roba per sottrarsi al
dominio forestiero,} se egli crederà lo straniero uguale al
compatriota, e peggio, se lo crederà migliore? Cosa indubitata: da che il
nazionale ha potuto {o voluto} ragionare sulle nazioni,
e giudicarle; da che tutti gli uomini sono stati uguali nella sua mente; da che
il merito presso lui non ha dipenduto dalla comunanza della patria ec. ec.; da
che egli ha cessato di persuadersi che la sua nazione fosse il fiore delle
nazioni, la sua razza, la cima delle razze umane; dopo, dico, che questo ha
avuto luogo, le nazioni sono finite, e come nella opinione, così nel fatto, si
sono confuse insieme; passando inevitabilmente la indifferenza dello spirito e
del giudizio e del concetto, alla indifferenza del sentimento, della
inclinazione, e dell'azione. E questi pregiudizi che si rimproverano alla
Francia, perchè offendono l'amor proprio degli
stranieri, sono la somma salvaguardia della sua nazionale indipendenza, come lo
furono presso gli antichi;
925 la causa di quello
spirito nazionale che in lei sussiste, di quei sacrifizi che i francesi son
pronti a fare ed hanno sempre fatto, per conservarsi nazione, e per non
dipendere dallo straniero; e il motivo per cui quella nazione, sebbene così
colta ed istruita (cose contrarissime all'amor patrio), tuttavia serba ancora,
forse più che qualunque altra, la sembianza di nazione. E non è dubbio che dalla
forza di questi pregiudizi, come preso[presso]
gli antichi, così nella Francia, doveva seguire quella
preponderanza sulle altre nazioni d'europa, ch'ella ebbe
finora, e che riacquisterà verisimilmente. (6. Aprile 1821.).
[1710,1]
1710 L'amore universale, anche degl'inimici, che noi
stimiamo legge naturale (ed è infatti la base della nostra morale, siccome della
legge evangelica in quanto spetta a' doveri dell'uomo verso l'uomo, ch'è quanto
dire a' doveri di questo mondo) non solo non era noto agli antichi, ma contrario
alle loro opinioni, come pure di tutti i popoli non inciviliti, o mezzo
inciviliti. Ma noi avvezzi a considerarlo come dovere sin da fanciulli, a causa
della civilizzazione e della religione, che ci alleva in questo parere sin dalla
prima infanzia, e prima ancora dell'uso di ragione, lo consideriamo come innato.
Così quello che deriva dall'assuefazione e dall'insegnamento, ci sembra
congenito, spontaneo, ec. Questa non era la base di nessuna delle antiche
legislazioni, di nessun'altra legislazione moderna, se non fra' popoli
inciviliti. Gesù Cristo diceva agli
stessi Ebrei, che dava loro un precetto nuovo ec. Lo spirito della legge
Giudaica non solo non conteneva l'amore, ma l'odio verso chiunque non era
Giudeo. Il Gentile,
1711 cioè lo straniero, era nemico
di quella nazione; essa non aveva neppure nè l'obbligo nè il consiglio di tirar
gli stranieri alla propria religione, d'illuminarli ec. ec. Il solo obbligo, era
di respingerli quando fossero assaliti, di attaccarli pur bene spesso, di non
aver seco loro nessun commercio. Il precetto diliges proximum tuum sicut
te ipsum
*
, s'intendeva non già i tuoi simili, ma i tuoi connazionali. Tutti i doveri sociali degli Ebrei si restringevano
nella loro nazione.
[1823,1] L'uomo tende sempre a' suoi simili (così ogni
animale), e non può interessarsi che per essi, per la stessa ragione per cui
tende a se stesso, ed ama se stesso più che qualunque de' suoi simili. Non vi
vuole che un intero snaturamento prodotto dalla filosofia, per far che l'uomo
inclini agli animali, alle piante ec. e perchè i poeti (massime stranieri) de'
nostri giorni pretendano d'interessarci per una bestia, un fiore, un sasso, un
ente ideale, un'allegoria. È ben curioso che la filosofia, rendendoci
indifferenti verso noi medesimi e i nostri simili, che la natura ci ha posto a
cuore, voglia interessarci per quello a cui l'irresistibile natura ci ha fatti
indifferenti. Ma questo è un effetto conseguentissimo del sistema generale
d'indifferenza derivante dalla ragione, il quale non mette diversità fra' simili
e dissimili; e noi non ci figuriamo di poter provare interesse per questi, se
non perchè l'abbiamo
1824 perduto o illanguidito per
noi e per gli uomini, e siamo in somma indifferenti a tutto. Così gli altri
esseri vengono a partecipare non del nostro interesse ma della nostra
indifferenza. Lo stesso accade {riguardo a'} nostri
simili, nella sostituzione dell'amore universale all'amor di patria. ec.
(1. Ott. 1821.). {{V. p. 1830. e
1846.}}
[2759,2] Chi vuol manifestamente vedere la differenza de'
tempi d'Omero da quelli di Virgilio, quanto ai costumi, e alla
civilizzazione, e alle opinioni che
2760 s'avevano
intorno alla virtù e all'eroismo, {+siccome anche quanto ai rapporti scambievoli delle nazioni, ai diritti e al
modo della guerra, alle relazioni del nimico col nimico;} e chi vuol
notare la totale diversità che passa tra il carattere e l'idea della virtù
eroica che si formarono questi due poeti, e che l'uno espresse in Achille e l'altro in Enea, consideri quel luogo dell'Eneide (X. 521-36.) dov'Enea fattosi sopra Magone che gittandosi in terra e abbracciandogli le
ginocchia, lo supplica miserabilmente di lasciarlo in vita e di farlo cattivo,
risponde, che morto Pallante, non ha
più luogo co' Rutuli alcuna misericordia nè alcun commercio di guerra, e spietatamente pigliandolo per la
celata, gl'immerge la spada dietro al collo per insino all'elsa. Questa scena e
questo pensiero è tolto di peso da Omero, il quale introduce Menelao sul punto di lasciarsi commuovere da simili prieghi, ripreso
da Agamennone, che senza alcuna pietà
uccide il troiano già vinto e supplichevole.
[4104,4]
Plus
le lien général s'étend, plus tous les liens particuliers se relâchent.
On paroît tenir à tout le monde, et l'on ne tient à personne. Ainsi la
fausseté s'augmente. Moins on sent, plus il faut paroître
sentir.
*
Thomas, loc. cit. qui dietro, p.
448. Questo ch'ei dice dei legami di società sostituiti a quei di
famiglia, di ristrette amicizie ec. ben puossi applicare all'amore universale
sostituito al patrio al domestico ec. (27. Giugno. Domenica.
1824.).
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