[1619,1] Io non credo che le mie osservazioni circa la
falsità d'ogni assoluto, debbano distruggere l'idea di Dio. Da che le cose sono,
par ch'elle debbano avere una ragion sufficiente di essere, e di essere in
questo lor modo; appunto perch'elle potevano non essere o esser tutt'altre, e
non sono punto necessarie. Ego sum qui sum
*
, cioè ho in
me la ragione di essere: grandi e notabili parole! Io concepisco l'idea di Dio
in questo modo. Può esservi una cagione universale di tutte le cose che sono o
ponno essere, e del loro modo di essere. - Ma la cagione di questa cagione qual
sarà? poich'egli non può esser necessario, come voi avete dimostrato. - È vero
che niente preesiste alle cose. {Non preesiste dunque la
necessità.} Ma pur preesiste la possibilità. Noi non possiamo concepir
nulla al di là della materia. Noi non possiamo {dunque}
negare l'aseità, benchè neghiamo la
necessità di essere. Dentro i limiti della materia, e nell'ordine di cose che ci
è noto,
1620 pare a noi che nulla possa accadere senza
ragion sufficiente; e che però quell'essere che non ha in se stesso veruna
ragione e quindi veruna necessità assoluta di essere, debba averla fuor di se
stesso. E quindi neghiamo che il mondo possa essere, ed esser qual è, senza una
cagione posta fuori di lui. Sin qui nella materia. Usciti della materia ogni
facoltà dell'intelletto si spegne. Noi vediamo solamente che nulla è {assoluto nè quindi} necessario. Ma appunto perchè nulla
è assoluto, chi ci ha detto che le cose fuor della materia non possano esser
senza ragion sufficiente? Che quindi un Essere onnipotente non possa sussister
da se ab eterno, ed aver fatto tutte le cose, bench'egli assolutamente parlando
non sia necessario? Appunto perchè nulla è vero nè falso assolutamente, non è
egli tutto possibile, come abbiamo provato altrove? pp. 1339-42
pp. 1461-64
pp. 1616-18
[1625,1] Non attribuiamo a Dio se non un solo modo di
esistere, e una sola perfezione. Ma se niuna perfezione è assoluta, egli non
sarà dunque perfetto, avendo questa sola. L'unica perfezione assoluta, è di
esistere in tutti i possibili modi, ed in tutti esser perfetto, cioè
perfettamente conveniente, dentro la natura
1626 e la
proprietà di quel modo di essere. La perfezione assoluta abbraccia tutte le
possibili qualità, anche contrarie, perchè non v'è contrarietà assoluta, ma
relativa: e se è possibile un modo di essere contrario a quello che noi
concepiamo in Dio e nelle cose a noi note (che certo è possibile, non essendovi
ragione assoluta e indipendente che lo neghi), Iddio non sarebbe nè infinito nè
perfetto, anzi imperfettissimo, s'egli non esistesse anche in quel modo, e non
fosse in perfetta relazione e convenienza con quel modo di essere. Noi dunque
non conosciamo se non una sola parte {dell'essenza} di
Dio, fra le infinite, {+o vogliamo dire una sola delle
infinite sue essenze.} Egli ha precisamente le perfezioni
che noi gli diamo: egli esiste verso noi in quel modo che la religione insegna;
i suoi rapporti verso noi, sono perfettamente quali denno essere verso noi, e
quali richiede la natura del mondo a noi noto. Ma egli esiste in infiniti altri
modi, ed ha infinite altre parti, che non possiamo in veruna maniera concepire,
se non immaginandoci questo medesimo. La Religione Cristiana è dunque
interamente vera, e i miei non si oppongono, anzi favoriscono i suoi dogmi.
1627
(4. Sett. 1821.).
[1637,1]
1637 Dal detto in altri pensieri pp. 1619-23 risulta che Dio poteva
manifestarsi a noi in quel modo e sotto quell'aspetto che giudicava più
conveniente. Non manifestarsi, come ai Gentili; manifestarsi meno, e in forma
alquanto diversa, come agli Ebrei; più, come a' Cristiani: dal che non bisogna
concludere ch'egli ci si è manifestato tutto intero, come noi crediamo. Errore
non insegnato dalla Religione, ma da' pregiudizi che ci fanno credere assoluto
ogni vero relativo. La rivelazione poteva esserci e non esserci. Ella non è
necessaria primordialmente, ma stante le convenienze relative, originate dal
semplice voler di Dio. Egli si nascose a' Gentili, rivelossi alquanto agli
Ebrei, manifestò al mondo una maggior parte di se, nella pienezza de' tempi,
cioè quando gli uomini furono in istato di meglio comprenderlo. Egli si è
rivelato perchè ha voluto e l'ha stimato conveniente, e quanto e come e sotto la
forma che ha stimato conveniente, secondo le diverse circostanze delle sue
creature: forma sempre vera, perch'egli esiste in tutti i modi possibili.
[1645,1] Da che le cose sono, la possibilità è {primordialmente} necessaria, e indipendente da checchè
si voglia. Da che nessuna verità o falsità, negazione o affermazione è assoluta,
com'io dimostro, tutte le cose son dunque possibili, ed è quindi necessaria e
preesistente al tutto l'infinita possibilità. Ma questa non può esistere senza
un potere il quale possa fare che le cose sieno, e sieno in qualsivoglia modo
possibile. Se esiste l'infinita possibilità esiste l'infinita onnipotenza,
perchè se questa non esiste, quella non
1646 è vera.
Viceversa non può stare l'infinita onnipotenza senza l'infinita possibilità.
L'una e l'altra sono, possiamo dire, la stessa cosa. Se dunque è necessaria
l'infinita possibilità, preesistente al tutto, indipendente da ogni cosa, da
ogni idea ec. (ed infatti se non v'è ragione possibile perchè una cosa sia
impossibile, ed impossibile in un tal modo ec., la infinita possibilità è
assolutamente necessaria); lo è dunque ancora l'onnipotenza. Ecco Dio: e la sua
necessità dedotta dall'esistenza, e la sua essenza riposta nell'infinita
possibilità, e quindi formata di tutte le possibili nature. ec. Questa idea non
è che abbozzata. V. la p. 1623.
(7. Sett. 1821.).
[1710,1]
1710 L'amore universale, anche degl'inimici, che noi
stimiamo legge naturale (ed è infatti la base della nostra morale, siccome della
legge evangelica in quanto spetta a' doveri dell'uomo verso l'uomo, ch'è quanto
dire a' doveri di questo mondo) non solo non era noto agli antichi, ma contrario
alle loro opinioni, come pure di tutti i popoli non inciviliti, o mezzo
inciviliti. Ma noi avvezzi a considerarlo come dovere sin da fanciulli, a causa
della civilizzazione e della religione, che ci alleva in questo parere sin dalla
prima infanzia, e prima ancora dell'uso di ragione, lo consideriamo come innato.
Così quello che deriva dall'assuefazione e dall'insegnamento, ci sembra
congenito, spontaneo, ec. Questa non era la base di nessuna delle antiche
legislazioni, di nessun'altra legislazione moderna, se non fra' popoli
inciviliti. Gesù Cristo diceva agli
stessi Ebrei, che dava loro un precetto nuovo ec. Lo spirito della legge
Giudaica non solo non conteneva l'amore, ma l'odio verso chiunque non era
Giudeo. Il Gentile,
1711 cioè lo straniero, era nemico
di quella nazione; essa non aveva neppure nè l'obbligo nè il consiglio di tirar
gli stranieri alla propria religione, d'illuminarli ec. ec. Il solo obbligo, era
di respingerli quando fossero assaliti, di attaccarli pur bene spesso, di non
aver seco loro nessun commercio. Il precetto diliges proximum tuum sicut
te ipsum
*
, s'intendeva non già i tuoi simili, ma i tuoi connazionali. Tutti i doveri sociali degli Ebrei si restringevano
nella loro nazione.
[1790,1] Nel tentativo di una
transazione tra gli antichi e i moderni aggiunto per terzo tomo dal
traduttore Napoletano all'opera del Dutens, Origine delle scoperte
attribuite a' moderni, cap. ult. §. 2.
v. due bei passi di S. Tommaso ne' quali viene ad affermare la
perfezione di tutto ciò che è, non rispetto ad alcuna ragione antecedente, ma perciò solo che è così
fatto; e la possibilità di altri ordini di cose, diversissimi di perfezione, e
infiniti di numero. (25. Sett. 1821.).
[2073,1]
2073 Escludere affatto la materia dall'essenza di Dio,
non è altro che togliergli una maniera di essere, e quindi una perfezione
dell'esistenza, vale a dire togliergli un'esistenza completa, cioè in tutti i
modi possibili, e crederlo incapace di esistere materialmente, quasi ciò per se
stesso fosse un'imperfezione; o che quegli che esiste materialmente, non potesse
anche esistere immaterialmente, e dovesse per necessità esser limitato. Anzi
sarebbe limitato quell'essere che non esistesse nè potesse esistere
materialmente, e quindi imperfetto, cioè incompleto nella sua essenza, secondo
l'unica idea che noi possiamo formarci di una perfezione assoluta, la quale non
può essere se non un'essenza che abbracci tutti i possibili modi di essere. Ora
la materia è un modo di essere non solo possibile, ma reale, e tanto ch'è
l'unico modo reale che noi possiamo effettivamente conoscere, e distintamente
immaginare; nè solo noi, ma tutte le creature che noi distintamente
2074 ed effettivamente possiamo conoscere, o
conosciamo, non possono immaginare o sentire altro modo di essere. Nè perchè Dio
esistesse materialmente, sarebbe materiale, ma abbraccierebbe anche la materia
nella sua essenza; il che è certo e convenuto anche fra' teologi, che
riconoscono in Dio il tipo, e l'idea, o la forma e la ragione antecedente di
tutte le cose possibili, e maniere di essere. Or come potrebbe l'essenza di Dio
perfettamente abbracciare e contenere la forma e il modo di essere della materia
(unica forma e modo che appartenga a tutto quel creato ed esistente che noi
conosciamo) o di qualunque altra natura possibile, s'egli non esistesse
materialmente e in qualunque altro modo possibile?
[2263,2] Soglion dire i teologi, {i
Padri,} e gl'interpreti in proposito di molte parti dell'antica divina
legislazione ebraica, che il legislatore
2264 si
adattava alla rozzezza, materialità, incapacità, e spesso (così pur dicono) alla
durezza, indocilità, sensualità, tendenza, ostinazione, caparbietà ec. del
popolo ebraico. Or questo medesimo non dimostra dunque evidentemente la non
esistenza di una morale eterna, assoluta, antecedente
(il cui dettato non avrebbe il divino legislatore potuto mai preterire d'un
apice); e che essa, come ha bisogno di adattarsi alle diverse circostanze e
delle nazioni e de' tempi (e delle specie, se diverse specie di esseri avessero
morale, e legislazione), così per conseguenza da esse dipende, e da esse sole
deriva? (20. Dic. 1821.).
[4189,1] Nominiamo francamente tutto giorno le leggi della
natura (anche per rigettare come impossibile questo o quel fatto) quasi che noi
conoscessimo della natura altro che fatti, e pochi fatti. Le pretese leggi della
natura non sono altro che i fatti che noi conosciamo. - Oggi, con molta ragione,
i veri filosofi, all'udir fatti incredibili, sospendono il loro giudizio, senza
osar di pronunziare della loro impossibilità. Così accade p. e. nel Mesmerismo,
che tempo addietro, ogni filosofo avrebbe rigettato come assurdo, senz'altro
esame, come contrario alle leggi della natura. Oggi si sa abbastanza
generalmente che le leggi della natura non si sanno. Tanto è vero che il
progresso
4190 dello spirito umano consiste, o certo ha
consistito finora, non nell'imparare ma nel disimparare principalmente, nel
conoscere sempre più di non conoscere, nell'avvedersi di saper sempre meno, nel
diminuire il numero delle cognizioni, ristringere l'ampiezza della scienza
umana. Questo è veramente lo spirito e la sostanza {principale} dei nostri progressi dal 1700 in qua, benchè non tutti,
anzi non molti, se ne avveggano. (Bologna. 28.
Luglio. 1826.).
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