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Possibilità.

Possibility.

1619,1 1625,1 1637,1 1645,1 1710,1 1790,1 2073,1 2263,2 4189,1

[1619,1]  Io non credo che le mie osservazioni circa la falsità d'ogni assoluto, debbano distruggere l'idea di Dio. Da che le cose sono, par ch'elle debbano avere una ragion sufficiente di essere, e di essere in questo lor modo; appunto perch'elle potevano non essere o esser tutt'altre, e non sono punto necessarie. Ego sum qui sum * , cioè ho in me la ragione di essere: grandi e notabili parole! Io concepisco l'idea di Dio in questo modo. Può esservi una cagione universale di tutte le cose che sono o ponno essere, e del loro modo di essere. - Ma la cagione di questa cagione qual sarà? poich'egli non può esser necessario, come voi avete dimostrato. - È vero che niente preesiste alle cose. {Non preesiste dunque la necessità.} Ma pur preesiste la possibilità. Noi non possiamo concepir nulla al di là della materia. Noi non possiamo {dunque} negare l'aseità, benchè neghiamo la necessità di essere. Dentro i limiti della materia, e nell'ordine di cose che ci è noto,  1620 pare a noi che nulla possa accadere senza ragion sufficiente; e che però quell'essere che non ha in se stesso veruna ragione e quindi veruna necessità assoluta di essere, debba averla fuor di se stesso. E quindi neghiamo che il mondo possa essere, ed esser qual è, senza una cagione posta fuori di lui. Sin qui nella materia. Usciti della materia ogni facoltà dell'intelletto si spegne. Noi vediamo solamente che nulla è {assoluto nè quindi} necessario. Ma appunto perchè nulla è assoluto, chi ci ha detto che le cose fuor della materia non possano esser senza ragion sufficiente? Che quindi un Essere onnipotente non possa sussister da se ab eterno, ed aver fatto tutte le cose, bench'egli assolutamente parlando non sia necessario? Appunto perchè nulla è vero nè falso assolutamente, non è egli tutto possibile, come abbiamo provato altrove? pp. 1339-42 pp. 1461-64 pp. 1616-18

[1625,1]  Non attribuiamo a Dio se non un solo modo di esistere, e una sola perfezione. Ma se niuna perfezione è assoluta, egli non sarà dunque perfetto, avendo questa sola. L'unica perfezione assoluta, è di esistere in tutti i possibili modi, ed in tutti esser perfetto, cioè perfettamente conveniente, dentro la natura  1626 e la proprietà di quel modo di essere. La perfezione assoluta abbraccia tutte le possibili qualità, anche contrarie, perchè non v'è contrarietà assoluta, ma relativa: e se è possibile un modo di essere contrario a quello che noi concepiamo in Dio e nelle cose a noi note (che certo è possibile, non essendovi ragione assoluta e indipendente che lo neghi), Iddio non sarebbe nè infinito nè perfetto, anzi imperfettissimo, s'egli non esistesse anche in quel modo, e non fosse in perfetta relazione e convenienza con quel modo di essere. Noi dunque non conosciamo se non una sola parte {dell'essenza} di Dio, fra le infinite, {+o vogliamo dire una sola delle infinite sue essenze.} Egli ha precisamente le perfezioni che noi gli diamo: egli esiste verso noi in quel modo che la religione insegna; i suoi rapporti verso noi, sono perfettamente quali denno essere verso noi, e quali richiede la natura del mondo a noi noto. Ma egli esiste in infiniti altri modi, ed ha infinite altre parti, che non possiamo in veruna maniera concepire, se non immaginandoci questo medesimo. La Religione Cristiana è dunque interamente vera, e i miei non si oppongono, anzi favoriscono i suoi dogmi.  1627 (4. Sett. 1821.).

[1637,1]   1637 Dal detto in altri pensieri pp. 1619-23 risulta che Dio poteva manifestarsi a noi in quel modo e sotto quell'aspetto che giudicava più conveniente. Non manifestarsi, come ai Gentili; manifestarsi meno, e in forma alquanto diversa, come agli Ebrei; più, come a' Cristiani: dal che non bisogna concludere ch'egli ci si è manifestato tutto intero, come noi crediamo. Errore non insegnato dalla Religione, ma da' pregiudizi che ci fanno credere assoluto ogni vero relativo. La rivelazione poteva esserci e non esserci. Ella non è necessaria primordialmente, ma stante le convenienze relative, originate dal semplice voler di Dio. Egli si nascose a' Gentili, rivelossi alquanto agli Ebrei, manifestò al mondo una maggior parte di se, nella pienezza de' tempi, cioè quando gli uomini furono in istato di meglio comprenderlo. Egli si è rivelato perchè ha voluto e l'ha stimato conveniente, e quanto e come e sotto la forma che ha stimato conveniente, secondo le diverse circostanze delle sue creature: forma sempre vera, perch'egli esiste in tutti i modi possibili.

[1645,1]  Da che le cose sono, la possibilità è {primordialmente} necessaria, e indipendente da checchè si voglia. Da che nessuna verità o falsità, negazione o affermazione è assoluta, com'io dimostro, tutte le cose son dunque possibili, ed è quindi necessaria e preesistente al tutto l'infinita possibilità. Ma questa non può esistere senza un potere il quale possa fare che le cose sieno, e sieno in qualsivoglia modo possibile. Se esiste l'infinita possibilità esiste l'infinita onnipotenza, perchè se questa non esiste, quella non  1646 è vera. Viceversa non può stare l'infinita onnipotenza senza l'infinita possibilità. L'una e l'altra sono, possiamo dire, la stessa cosa. Se dunque è necessaria l'infinita possibilità, preesistente al tutto, indipendente da ogni cosa, da ogni idea ec. (ed infatti se non v'è ragione possibile perchè una cosa sia impossibile, ed impossibile in un tal modo ec., la infinita possibilità è assolutamente necessaria); lo è dunque ancora l'onnipotenza. Ecco Dio: e la sua necessità dedotta dall'esistenza, e la sua essenza riposta nell'infinita possibilità, e quindi formata di tutte le possibili nature. ec. Questa idea non è che abbozzata. V. la p. 1623. (7. Sett. 1821.).

[1710,1]   1710 L'amore universale, anche degl'inimici, che noi stimiamo legge naturale (ed è infatti la base della nostra morale, siccome della legge evangelica in quanto spetta a' doveri dell'uomo verso l'uomo, ch'è quanto dire a' doveri di questo mondo) non solo non era noto agli antichi, ma contrario alle loro opinioni, come pure di tutti i popoli non inciviliti, o mezzo inciviliti. Ma noi avvezzi a considerarlo come dovere sin da fanciulli, a causa della civilizzazione e della religione, che ci alleva in questo parere sin dalla prima infanzia, e prima ancora dell'uso di ragione, lo consideriamo come innato. Così quello che deriva dall'assuefazione e dall'insegnamento, ci sembra congenito, spontaneo, ec. Questa non era la base di nessuna delle antiche legislazioni, di nessun'altra legislazione moderna, se non fra' popoli inciviliti. Gesù Cristo diceva agli stessi Ebrei, che dava loro un precetto nuovo ec. Lo spirito della legge Giudaica non solo non conteneva l'amore, ma l'odio verso chiunque non era Giudeo. Il Gentile,  1711 cioè lo straniero, era nemico di quella nazione; essa non aveva neppure nè l'obbligo nè il consiglio di tirar gli stranieri alla propria religione, d'illuminarli ec. ec. Il solo obbligo, era di respingerli quando fossero assaliti, di attaccarli pur bene spesso, di non aver seco loro nessun commercio. Il precetto diliges proximum tuum sicut te ipsum * , s'intendeva non già i tuoi simili, ma i tuoi connazionali. Tutti i doveri sociali degli Ebrei si restringevano nella loro nazione.

[1790,1]  Nel tentativo di una transazione tra gli antichi e i moderni aggiunto per terzo tomo dal traduttore Napoletano all'opera del Dutens, Origine delle scoperte attribuite a' moderni, cap. ult. §. 2. v. due bei passi di S. Tommaso ne' quali viene ad affermare la perfezione di tutto ciò che è, non rispetto ad alcuna ragione antecedente, ma perciò solo che è così fatto; e la possibilità di altri ordini di cose, diversissimi di perfezione, e infiniti di numero. (25. Sett. 1821.).

[2073,1]   2073 Escludere affatto la materia dall'essenza di Dio, non è altro che togliergli una maniera di essere, e quindi una perfezione dell'esistenza, vale a dire togliergli un'esistenza completa, cioè in tutti i modi possibili, e crederlo incapace di esistere materialmente, quasi ciò per se stesso fosse un'imperfezione; o che quegli che esiste materialmente, non potesse anche esistere immaterialmente, e dovesse per necessità esser limitato. Anzi sarebbe limitato quell'essere che non esistesse nè potesse esistere materialmente, e quindi imperfetto, cioè incompleto nella sua essenza, secondo l'unica idea che noi possiamo formarci di una perfezione assoluta, la quale non può essere se non un'essenza che abbracci tutti i possibili modi di essere. Ora la materia è un modo di essere non solo possibile, ma reale, e tanto ch'è l'unico modo reale che noi possiamo effettivamente conoscere, e distintamente immaginare; nè solo noi, ma tutte le creature che noi distintamente  2074 ed effettivamente possiamo conoscere, o conosciamo, non possono immaginare o sentire altro modo di essere. Nè perchè Dio esistesse materialmente, sarebbe materiale, ma abbraccierebbe anche la materia nella sua essenza; il che è certo e convenuto anche fra' teologi, che riconoscono in Dio il tipo, e l'idea, o la forma e la ragione antecedente di tutte le cose possibili, e maniere di essere. Or come potrebbe l'essenza di Dio perfettamente abbracciare e contenere la forma e il modo di essere della materia (unica forma e modo che appartenga a tutto quel creato ed esistente che noi conosciamo) o di qualunque altra natura possibile, s'egli non esistesse materialmente e in qualunque altro modo possibile?

[2263,2]  Soglion dire i teologi, {i Padri,} e gl'interpreti in proposito di molte parti dell'antica divina legislazione ebraica, che il legislatore  2264 si adattava alla rozzezza, materialità, incapacità, e spesso (così pur dicono) alla durezza, indocilità, sensualità, tendenza, ostinazione, caparbietà ec. del popolo ebraico. Or questo medesimo non dimostra dunque evidentemente la non esistenza di una morale eterna, assoluta, antecedente (il cui dettato non avrebbe il divino legislatore potuto mai preterire d'un apice); e che essa, come ha bisogno di adattarsi alle diverse circostanze e delle nazioni e de' tempi (e delle specie, se diverse specie di esseri avessero morale, e legislazione), così per conseguenza da esse dipende, e da esse sole deriva? (20. Dic. 1821.).

[4189,1]  Nominiamo francamente tutto giorno le leggi della natura (anche per rigettare come impossibile questo o quel fatto) quasi che noi conoscessimo della natura altro che fatti, e pochi fatti. Le pretese leggi della natura non sono altro che i fatti che noi conosciamo. - Oggi, con molta ragione, i veri filosofi, all'udir fatti incredibili, sospendono il loro giudizio, senza osar di pronunziare della loro impossibilità. Così accade p. e. nel Mesmerismo, che tempo addietro, ogni filosofo avrebbe rigettato come assurdo, senz'altro esame, come contrario alle leggi della natura. Oggi si sa abbastanza generalmente che le leggi della natura non si sanno. Tanto è vero che il progresso  4190 dello spirito umano consiste, o certo ha consistito finora, non nell'imparare ma nel disimparare principalmente, nel conoscere sempre più di non conoscere, nell'avvedersi di saper sempre meno, nel diminuire il numero delle cognizioni, ristringere l'ampiezza della scienza umana. Questo è veramente lo spirito e la sostanza {principale} dei nostri progressi dal 1700 in qua, benchè non tutti, anzi non molti, se ne avveggano. (Bologna. 28. Luglio. 1826.).