Sascrita (lingua).
Sanskrit (language).
928,2 955,2 975,1 979,1 983,3 984,1 995-6 1010 2351,1 2746,1 2783-4 2822 3017,1 3941Sascrita (lingua), scoperta primieramente da un italiano nel secolo decimosesto.
Sanskrit (language), first discovered by an Italian in the 16th century.
3018,1 4245,7[928,2] La lingua Sascrita, quell'antichissima lingua indiana,
che quantunque {diversamente} alterata e corrotta, e
distinta in moltissimi dialetti, vive ancora e si parla in tutto l'
929
Indostan, (Annali di Scienze e Lettere
Milano. 1811. Gennaio. vol. 5. N. 13.
Vilkins, Gramatica della lingua
Sanskrita: articolo tradotto da quello di un cospicuo letterato nell'Edinburgh
Review. p. 28. 29. 31. fine - 32. principio. e 32. mezzo. 35. fine
- 36. principio) e altre parti dell'India, (ivi, 28.
fine) e segnatamente sotto nome di lingua Pali in tutte le nazioni
*
poste all'oriente della medesima India (ivi 36.);
quella lingua che Sir William
(Guglielmo) Jones famosissimo per la cognizione sì delle cose
orientali, sì delle lingue orientali e occidentali (ivi 37. princip. e
fine), non dubitò di dichiarare essere più perfetta della greca,
più copiosa della Latina, e dell'una e dell'altra più
sapientemente raffinata
*
(ivi 52.); quella
lingua dalla quale è opinione di alcuni dotti inglesi del nostro secolo,
{non senza appoggio di notabili argomenti e
confronti,} che sieno derivate, o abbiano avuto origine comune con
lei, le lingue Greca, Latina, Gotica, e l'antica Egiziana o Etiopica {(come pure i culti popolari {primitivi} di tutte queste nazioni)} (ivi. 37. 38.
princip. e fine); questa lingua, dico, antichissima, ricchissima,
perfettissima, avendo otto casi, non si serve delle preposizioni coi nomi
(i suoi otto casi rendono
superfluo l'uso delle preposizioni.
*
ivi 52. fine), ma
le adopera esclusivamente da
prefiggersi ai verbi,
*
come {si
fa} in greco, laddove,
sole, rimangonsi prive affatto d'ogni significato.
*
(ivi.) Così che tutte le sue preposizioni sono destinate espressamente
ed unicamente alla composizione, e a variare e moltiplicare col mezzo di questa,
i significati
930 dei verbi. (Altre particolarità di
quella lingua, analoghe affatto alle particolarità e pregi delle nostre lingue
antiche, come formalmente l'osserva l'Estensore dell'articolo, puoi vederle, se
ti piacesse, nel fine d'esso articolo, cioè
dalla metà della p. 52. a tutta la p. 53.) (11. Aprile
1821.).
[955,2]
L'antichità e
l'eccellenza della lingua sacra degl'indiani
*
(sascrita), hanno naturalmente chiamato a se l'attenzione e destato la
curiosità degli Europei. I ragguardevoli suoi titoli ad essere
considerata come la più antica lingua che l'uman genere conosca, muovono
in noi quell'interesse da cui le vetustissime età del mondo sono
circondate. Costruita secondo il disegno più perfetto forse che
dall'ingegno umano sia stato immaginato giammai, essa c'invita a
ricercare se la sua perfezione si restringa ne' limiti della sua
struttura, o se i pregi delle composizioni indiane partecipino della
bellezza del linguaggio in cui sono dettate.
*
Spettatore di
Milano. 15. Luglio 1817. Quaderno 80. parte straniera. p.
273. articolo di D.
Bertolotti sopra la traduzione inglese del Megha Duta
956 poema sascrittico di Calidasa, Calcutta 1814. estratto però
senza fallo da un giornale forestiero, e non dalla stessa traduzione, come
apparisce in parecchi luoghi, e fra l'altro da' puntini che il Bertolotti pone dopo alcuni
paragrafi di esso articolo, come p. 274. 275. ec. (18. Aprile
1821.)
[975,1]
Tra i libri diversi si
annunziano le Lettere
sull'India di Maria
Graham, autrice di un Giornale del suo soggiorno
nell'India, nelle quali campeggia un curioso
paragone del Sanscritto col latino, col persiano, col tedesco,
coll'inglese, col francese e coll'italiano, e si parla pure a lungo
delle principali opere composte in Sanscritto.
*
Bibl.
Italiana vol. 4. p. 358. Novembre 1816. N. 11. Appendice. Parte
italiana. rendendo conto del Giornale Enciclopedico di Napoli N.o V.
(22. Aprile 1821.).
[979,1]
Passa rapidamente
sulla ricerca del linguaggio de' primi abitatori
dell'Italia, e sembra persuaso che la lingua
di quelle genti, siccome pure la
greca e la latina, derivassero dall'indiana, giacchè i popoli indiani dalle spiagge
dell'Oriente, passarono in turme alle
Occidentali, e posero sede nella Grecia ed in
Italia. Formata, ossia ridotta ad eleganza la
lingua latina
*
(cioè quella derivata, secondo il Ciampi, dall'indiana), non perciò perirono l'etrusca, l'osca, la volsca, la
latina antica più rozza; ma benchè queste non formassero la lingua della
capitale e del governo, continuarono forse a parlarsi dal volgo, in
quella maniera medesima che il volgo delle diverse provincie
d'Italia è tuttora tenace dei propri
dialetti. Infatti alcune voci toscane sono ancora probabilmente di
origine etrusca.
*
Biblioteca Italiana tomo
7. p. 215. rendendo conto dell'opera del Ciampi intitolata: De
usu linguae italicae saltem a sęculo quinto R. S. Acroasis.
Accedit etc. Pisis. Prosperi.
1817. (24. Aprile. 1821.).
[983,3]
Un nostro
missionario
*
(cioè italiano) il P. Paolino da S. Bartolomeo,
mostrò l'affinità della lingua tedesca con una lingua indiana non solo,
ma che da una lunga serie di secoli ha cessato di essere vernacola, con
la samscrdamica
*
(cioè sascrita: così la nomina anche p. 208. samscrdamica) che è la madre
di tutte le lingue delle Indie.
*
Bibliot. Ital. vol. 8. p. 206.
(25. Aprile 1821.).
[984,1]
Delle qualità e pregi della lingua
Sascrita, v. alcune cose estratte da un articolo di Jones nelle Notizie
letterarie di Cesena 1791. 24. Nov. p. 365. colonna 1.
Dell'abuso ch'ella fa talvolta de' composti. ib. p. 363.
colonna 2. fine.
{+Abuso simile a quello che ne facevano
talvolta gli antichi scrittori, e massime poeti, latini, ma assai maggiore,
secondo la natura de' popoli orientali che sogliono sempre e in ogni genere
spingersi fino all'ultimo e intollerabile eccesso delle cose.}
(25. Aprile 1821.).
[993,1] In secondo luogo risulta dalle sopraddette cose, che i
mezzi usati dai romani per far prevalere la loro lingua, come nelle altre
nazioni, così in grecia, e ne' {moltissimi} paesi dove il greco era usato, (v. p. 982-83 ). laddove riuscirono in
tutti gli altri luoghi, non riuscirono e furon vani in questi. Ed osservo che la
lingua latina non prevalse mai alla greca in nessun paese dov'ella fosse
stabilita, sia come lingua parlata, sia come lingua scritta: laddove la greca
avea prevaluto a tutte le altre in questi tali (vastissimi e numerosissimi)
paesi, e in quasi mezzo mondo; e quello che
994 non potè
mai la lingua nè la potenza nè la letteratura latina, lo potè, a quel che pare,
in poco spazio, l'arabo, e le altre lingue {o dialetti}
maomettani, {(come il turco ec.)} e così perfettamente,
come vediamo anche oggidì. Ma la lingua latina (eccetto nella magna
grecia e in Sicilia) non solo non
estirpò, ma non prevalse mai in nessun modo e in nessun luogo alla lingua e
letteratura greca, se non come pura lingua della diplomazia: quella lingua
latina, dico, la quale nelle Gallie aveva, se non
distrutta, certo superata quell'antichissima lingua Celtica così varia, così
dolce, così armoniosa, così maestosa, così pieghevole, (Annali ec. 1811. n.
18. p. 386.
Notiz.
letterar. di Cesena 1792. p. 142.) e che al Cav. Angiolini che se la fece parlare
da alcuni montanari Scozzesi, parve somigliante ne' suoni alla greca: (Lettere sopra
l'inghilterra, Scozia,
ed Olanda. vol. 2do.
Firenze 1790. Allegrini. 8.vo anonime, ma
del Cav. Angiolini) (Notiz.
ec. l. c.) lingua della cui purità erano depositarii e custodi
gelosissimi quei famosi Bardi che avevano e conservarono per sì lungo tempo,
ancor dopo la conquista fatta da' Romani, tanta influenza sulla nazione, e
massime poi la letteratura: (Annali ec. l. c. p. 386. 385.
principio.) quella lingua così ricca, e ogni giorno più ricca di tanti
poemi, parte de' quali anche
995 oggi si ammirano.
Questa lingua e letteratura cedette alla romana; {v. p. 1012.
capoverso 1.} la greca non mai; neppur quando
roma e l'italia spiantata
dalle sue sedi, si trasportò nella {stessa}
grecia. Perocchè sebbene allora la lingua greca fu
corrotta {finalmente} di latinismi, ed altre barbarie,
(scolastiche ec.) imbarbarì è vero, ma non si cangiò; e in ultimo, piuttosto i
latini {vincitori e signori} si ridussero a parlare
quotidianamente e scrivere il greco, e divenir greci, di quello che la
grecia
{vinta e suddita} a divenir latina e parlare {o scrivere} altra lingua che la sua. Ed ora la lingua
latina non si parla in veruna parte del mondo, la greca, sebbene svisata, pur
vive ancora in quell'antica e prima sua patria. Tanta è l'influenza di una
letteratura estesissima in ispazio di tempo, e in quantità di cultori e di
monumenti; sebbene ella già fosse cadente a' tempi romani, e a' tempi di Costantino, possiamo dire, spenta. Ma i
greci se ne ricordavano sempre, e non da altri imparavano a scrivere che da'
loro sommi e numerosissimi scrittori passati, siccome non da altri a parlare,
che dalle loro madri. {v. p. 996. capoverso
1.} Certo è che la letteratura influisce sommamente
sulla lingua. (v. p. 766. segg.) Una
lingua senza letteratura, o poca, non difficilmente si spegne, o si travisa in
maniera non riconoscibile, {non potendo ella esser formata,
nè per conseguenza troppo radicata e confermata, siccome immatura e
imperfetta.} E questo accadde alla lingua Celtica, forse perch'ella
scarseggiava sommamente di scritture, sebbene abbondasse di componimenti, che
per lo più passavano solo di bocca in bocca. Non così una lingua abbondante di
scritti. Testimonio ne sia la Sascrita,
996 la quale
essendo ricca di scritture d'ogni genere, e di molto pregio secondo il gusto
orientale, e della nazione, vive ancora (comunque corrotta) dopo lunghissima
serie di secoli, in vastissimi tratti dell'india,
malgrado le tante e diversissime vicende di quelle contrade, in sì lungo spazio
di tempo. E sebbene anche i latini ebbero una letteratura, e grande, e che
sommamente contribuì a formare la loro lingua, tuttavia si vede ch'essa
letteratura, venuta, per così dire, a lotta colla greca, in questo particolare,
dovè cedere, giacchè non solamente non potè snidare la lingua e letteratura
greca, da nessun paese ch'ella avesse occupato, ma neanche introdursi nè essa nè
la sua lingua in veruno di questi {tanti} paesi.
(29. Aprile. 1821.). {{V. p. 999. capoverso
1.}}
[1009,3] Nè queste qualità, che dico proprie delle lingue
1010 antiche, si deve credere ch'io lo dica solamente
in vista della greca e della latina, ma di tutte; ed alcune (come la varietà,
ricchezza ec.) delle colte massimamente. Esse qualità infatti sono state notate
nella lingua Celtica, (v. p. 994.)
nella Sascrita, (v. Annali di scienze e lettere.
Milano. Gennaio 1811. N.o. 13. p. 54. fine -
55.) (lingue coltissime) benchè sieno diversissime dalle nostrali; e
così in tante altre. Nè bisognano esempi e prove di fatto, a chi sa che le dette
e simili qualità derivano immancabilmente dalla natura, maestra e norma e
signora e governatrice degli antichi e delle cose loro. (2. Maggio
1821.).
[2351,1]
Alla p. 2330.
Nella lingua sascrita (di immensa antichità) troviamo parole, forme,
declinazioni, coniugazioni ec. o similissime, o al tutto uguali alle
corrispondenti latine, massime se si abbia riguardo, come
2352 va fatto, alle sole lettere radicali. E notate che gran parte di
questi nomi o verbi sono di prima necessità (come il verbo essere, la parola uomo, padre, madre ec.), o
rappresentano idee affatto primitive nelle lingue. E parecchie di tali voci
sascrite si trovano anche corrispondere alle analoghe greche, ma effettivamente
meno che alle latine, {e forse in minor numero.} Che
segno è questo dunque, se non che la lingua latina conserva assolutamente più
numerosi e più chiari della greca i vestigi della remotissima antichità, della
sua remotissima {condizione,} e forse della sua
sorgente? Giacchè le relazioni avute dal Lazio
coll'India sono tanto antiche che si perdono nella
caligine, e sono ignote alla storia. Aggiungete che tali parole ec. essendo di
prima necessità ed uso, dimostrano non una semplice, nè recente relazione avuta con quelle parti, ma
un'antichissima derivazione o comunione di origine con quei popoli e
quelle lingue. E le dette parole sono assolutamente proprie e primitive della
lingua latina non già forestiere nè recenti nè ascitizie ec. E nessuno le può
credere o derivate dall'india
2353 mediante il più recente commercio avuto da' romani
con essa, quando la lingua latina era già formata, e quelle parole in uso
continuo negli scrittori, monumenti ec. che ancora rimangono, {+ed analoghe poi anche alle greche;}
o viceversa derivate in quel tempo dal Lazio
nell'India, essendo esse di uso sì quotidiano e
necessario, essendo la lingua indiana antichissima, (che certo non aspettò sì
bassi tempi a provvedersi di parole necessarie, quando essa era già da gran
tempo più perfetta della latina) essendo ancora quelle coniugazioni, forme,
parole ec. tanto proprie e inerenti al capitale, e all'indole e sostanza del
sascrito, quanto del latino; e finalmente potendosi, cred'io, trovare, e
trovandosi che l'uso loro nel sascrito è anteriore non poco ad ogni menoma
relazione del Lazio coll'india,
che sia conosciuta dalla storia. Nè si può credere che tali parole venissero
anticamente nel Lazio per mezzo della lingua greca,
mentre esse sono più simili al sascrito di quello sieno le corrispondenti
greche, laddove al contrario avrebbe dovuto essere. E sono più simili alle
2354 sascrite che alle greche. {Il
che} in ogni modo è segno di ciò che vogliamo dimostrare, cioè che la
lingua latina derivata da una stessa, o da simil fonte colla greca, o quando
anche fosse figlia della greca, conserva i vestigi dell'antichità (e sua e
greca) più della stessa lingua greca, in quanto e {nel modo
che} l'una e l'altra ci sono note. (20. Gen. 1822.).
[2746,1] Negli alfabeti Orientali, settentrionali antichi ec.
(alcuni de' quali abbondano perciò strabocchevolmente di caratteri,
impropriamente chiamati lettere da' nostri, come il sascrito, che n'ha più di
50.) si trovano moltissimi caratteri rappresentanti due, tre, quattro o anche
più suoni elementari unitamente. I quali caratteri non si debbono creder
sincroni all'invenzione o adozione di quegli alfabeti, ma nati dalla fretta e
dal comodo degli scrivani come nessi, e ricevuti poi facilmente come caratteri
semplici (benchè così numerosi) negli alfabeti di lingue le cui grammatiche e
regole ortografiche o non esistono, o nacquero tardi, o non sono abbastanza
fisse, ferme, certe, stabilite, invariabili, o abbastanza precise, minute,
determinate, esatte, particolari, distinte, o abbastanza note e adottate
universalmente
2747 nella rispettiva nazione, o tardi
hanno conseguito queste qualità. E dico tardi, rispetto alla maggiore o minore
antichità della scrittura e letteratura presso quelle nazioni; presso alcune
delle quali esse sono molto più antiche che presso la greca, come la scrittura e
letteratura sascrita presso gl'indiani.
[2821,3] Un altro futare dice Festo che fu usato da Catone per saepius
fuisse. Questo dimostrerebbe un antico participio
2822
futus del verbo sostantivo latino. Dico del verbo
sostantivo, e non dico del verbo sum. Questo è
originalmente il medesimo che il greco εἰμί ovvero ἔω, e che il sascrito asham, e il suo participio in us dovette essere situs o stus o sutus (giacchè è
notabile il nostro antico suto, {vero e proprio} participio del verbo essere, laddove stato che oggi s'usa in vece di quello, è tolto in
prestito da stare), come ho detto altrove pp.
1120-21
pp.
2784-85. {Il franc. été è lo stesso che sté,
giacchè gli antichi dicevano esté, e quell'e innanzi, è aggiunto per dolcezza di lingua
avanti la s impura nel principio della parola,
come in espérer, espouser (ora épouser), del che ho detto altrove p.
813. Ora il participio sté sarebbe
appunto stus in latino.} Ma il participio
futus, onde futare, non
potè essere se non di quel verbo da cui il verbo sum
tolse in prestito il preterito perfetto fui colle voci
che da questo si formano, cioè fueram, fuero ec. Il qual verbo fuo
non ha che far niente in origine con sum nè con εἰμί,
ma è lo stesso che ϕύω, e v. Forcell. in fuam e in sum. Di
questo dunque dovette esistere {anche} il participio
futus, il quale dimostrasi col verbo futare che ne deriva. E nótisi che Festo dice il verbo futare
essere stato usato da Catone per saepius fuisse, e non per saepius
esse, onde pare che questo verbo appresso Catone conservasse una certa corrispondenza e
similitudine e analogia colle voci fui, fuisse ec. tolte in prestito da sum, le quali tutte indicano il passato, e che anch'esso denotasse il
passato di natura sua, ed avesse
2823 significazione
preterita. Del resto come il verbo futare è diverso da
stare, così il participio futus da cui quello deriva, è diverso da situs o stus da cui vien questo, e come futus è participio di fuo e
stus di sum, così futare è continuativo di fuo
e stare di sum. E
l'esistenza del participio futus dimostrata dal verbo
futare, non nuoce a quella che io sostengo del
participio stus, giacchè sum
e fuo che ora fanno un sol verbo anomalo composto e
raccozzato di due difettivi, furono a principio due verbi ben distinti e per
origine, e per forma materiale, e probabilmente completi tutti e due, e non
difettivi come ora. (26. Giugno 1823.).
[3017,1] Come la lingua sascrita prodigiosamente ricca,
tragga e formi la sua ricchezza da sole pochissime radici, col mezzo del
grand'uso ch'ella fa della composizione e derivazione de' vocaboli, vedi l'Encyclop. méthodique, Grammaire et
littérature, article
Samskret, particolarmente il passo
3018 di M. Dow.
[3940,2] Che titillo, come altrove
dico p. 2811, {Puoi vedere la p. 3986.}
sia duplicazione (nata nel Lazio, o fatta p. e. dagli
Eoli o da altro greco dialetto, o propria dell'antica lingua madre del latino e
del greco, o dell'antico greco comune ec. ec.) del greco τίλλω, fatta all'uso
greco, lo conferma l'osservare che la vocale di tal duplicazione cioè l'i è quella appunto che il greco usa in tali
duplicazioni, come in τιτρώσκω ec. {#1.
V. p. 3979.} Laddove
nell'altre duplicazioni latine, come in dedi, cecidi ec. la vocale della duplicazione è la e. E questo ancora è all'uso greco, che nella
duplicazione de' perfetti usa la ε. E notisi che come questa, così quella e è breve, fuorchè in cecīdi
che molti scrivono caecidi, dove forse non sarà breve
per distinguerlo da cecĭdi. Del resto
3941 tal uso affatto conforme al greco ha luogo in
molti verbi latini che non hanno a far niente con alcuna voce greca nota, ed è
un uso antichissimo nel latino, e non introdottovi da' letterati. Il che
conferma l'antica conformità dell'origine, e fratellanza tra il greco e latino.
Dalla quale origine dovette venir quest'uso nell'una e nell'altra lingua, in
quella più conservato e steso, in questa meno, e sì può dire, perduto, se non in
certe voci determinate, di cui si conservò sempre la forma antica, senza però
mai applicar tal forma ad altri verbi, o a' verbi di mano in mano introducentisi
da quegli antichissimi tempi in poi. ec. Tal uso trovasi ancora nella lingua
sascrita, come negli Annali di Scienze e lettere di
Milano, altrove citati in proposito d'essa
lingua ec. p. 929
(5. Dec. 1823.).
[3018,1] A questo proposito è notabile un luogo che si legge
nella Orazione delle lodi di Filippo Sassetti (viaggiatore
Fiorentino morto nel 1589.) detto nell'Accademia degli
Alterati l'Assetato, di Luigi Alamanni (diverso dal poeta)
che sta nelle Prose fiorentine, parte 1.
vol. 4. ed. Venez. 1730-43. p. 46-7. dove puoi
vederlo, ed è non molto prima del mezzo della Orazione.
Di Filippo Sassetti puoi vedere il Tiraboschi nella Storia della letterat. ital. e quelle lettere
del med. Sassetti ch'ei quivi
accenna (ed. Rom. t. 7. par. 1. p. 240-1.). Dal
detto luogo si raccoglie che {quegli,} se non erro, il
primo diede notizia all'europa della lingua Sascrita, e
molto veridica e giusta; della qual lingua trattò poi diffusamente un altro
nostro italiano, il P. Paolino da S.
Bartolommeo. Bibliot. ital. n.o 23. Novem. 1817. p.
206.
(23. Luglio 1823.).
[4245,7] In proposito del Sassetti, primo notificatore della lingua sascrita,
come ho detto altrove p. 3018, osservo che anche qui si verifica quella
osservazione, che agl'italiani par destinato il trovare, e il lasciar poi agli
altri l'usare e il perfezionare, e il raccoglier la gloria e l'opinione {ancora} della scoperta. (19. 1827.).
Related Themes
Lingue. (pnr) (5)
Composti. Voci composte. (1827) (3)
Sua antica coniugazione, suoi participii ec. (1827) (2)
Latina (lingua). (1827) (1)
Greca (lingua), se avesse tenuto e tenesse in il luogo della latina, gran vantaggio ne seguirebbe. (1827) (1)
Volgare latino. (pnr) (1)
Orientali. (1827) (1)
Universalità delle lingue. (1827) (1)
. Bardi. (1827) (1)
Celtica (lingua ec.). (1827) (1)