[1477,2]
{+(Molte cose e da molti sono state dette
in proposito delle voci sinonime, altri negando che ve n'abbia
effettivamente, altri affermando; e questo e quello chi d'una chi
d'altra lingua, e chi di tutte in genere.).} Molto s'è
disputato circa i sinonimi. Ecco la mia opinione. Le lingue primitive piuttosto
dovevano significar molte cose con una sola parola, che aver molte parole ec. da
significare una stessa cosa. Formandosi appoco
1478
appoco le lingue, e modificandosi in mille guise le prime scarsissime radici,
per adattarle stabilmente e distintamente alle diverse significazioni, le lingue
vennero a crescere, le parole (non radicali, ma derivate o composte) a
moltiplicarsi infinitamente, si acquistò la facoltà di esprimere colla favella e
colla scrittura, sino alle menome differenze, varietà, specie, accidenti ec.
delle cose, ma i sinonimi (se non forse qualcuno per caso, o per commercio con
altre lingue) ancora non esistevano. Ciascuna parola che si formava modificando
le prime radici, o le altre parole già formate; ciascun genere costante di
modificazioni, derivazioni, inflessioni, composizioni, formazioni che
s'introduceva (come quello de' verbi frequentativi o diminutivi presso i latini
ec.) aveva per oggetto di arricchir la lingua ed accrescerne la potenza, non
colla meschina facoltà di poter dire una stessissima cosa in più modi, ma con
quella importantissima di poter distintamente significare le menome differenze
delle cose, differenze o già note fin da principio, ma non sapute esprimere,
ovvero osservate solamente col tempo: o anche idee nuove
1479 ec. Quindi nasceva una grandissima varietà nelle lingue, ben più
sostanziale di quella che deriva dall'uso dei sinonimi. Giacchè se per mezzo di
questo, noi possiamo ad ora ad ora, capitandoci la stessa cosa da dire, variare
il modo di esprimerla; agli antichi capitava assai di rado la stessa cosa, e
quindi la necessità della stessa parola, perchè ogni menoma differenza che la
cosa da esprimersi avesse con la cosa già detta, bastava per mutarne il segno, e
la lingua somministrava puntualmente {una diversa e
propria} espressione di quella benchè leggerissima differenza.
[1494,1] Qual lingua è più varia della latina? (se non forse
la greca). E quale è più propria? neppur forse la greca. E dalla proprietà
deriva naturalmente la varietà, come ho detto p. 1479. Ella era {strettamente} propria per legge, e non avrebbe scritto latino ma
barbaro, chi non avesse scritto con proprietà: laddove la greca potendo essere
altrettanto e più propria, era più libera, ed ho già osservato altrove p.
244 come ciascuno scrittor greco, abbia un vocabolarietto particolare,
cioè faccia uso continuo delle stesse voci, e si restringa ad una sola parte
della sua lingua, con che la proprietà non può esser perfetta. Ai latini
bisognava una perfetta cognizione ed uso della loro lingua, non solo in grosso
ma in particolare, e quindi il vocabolario che si può formare a ciascun {buono} scrittore latino è
1495
generalmente molto più ampio che a qualunque greco classico. E pur la lingua
greca era più ricca della latina. Ma la lingua di ciascun latino era più ricca
che di ciascuno scrittor greco. Eccetto gli scrittori greci più bassi, come Luciano, Longino ec. i quali sono ricchissimi, e tanto più
quanto il loro stile è meno antico, perchè i contemporanei, come Arriano, Dionigi Alicarnasseo, sono più antichi di stile, e
meno ricchi di lingua. La stessa {immensa} ricchezza
della lingua greca impoveriva gli scrittori, finch'ella non fu studiata con
un'arte perfetta ch'è sempre propria de' tempi imperfetti e scaduti.
[1499,2] Dalla teoria che abbiamo dato dei sinonimi si
deducono alcune osservazioni intorno alla
1500
diramazione e diversità delle lingue nate da una stessa madre, massime da una
madre già formata, colta, ricca, letterata ec. Nata appoco appoco la sinonimia
nella lingua madre, e quindi diffusa questa in diverse parti, non tutti i
sinonimi passano a ciascuna lingua figlia, ma solamente alcuni a questa, altri a
quella. E questa è pur una delle cagioni della maggior ricchezza e proprietà
delle lingue antiche. Le lingue figlie di una madre già formata, per lo più sono
meno ricche di lei. Il tempo dopo aver soppresso le differenze de' significati
(sia prima della diffusione, e presso la nazione originariamente partecipe di
quella lingua, sia molto più dopo, e presso le nazioni che sempre corrottamente
la ricevono e sempre mancante e povera, per la ignoranza e la difficoltà
d'imparare una lingua nuova, e l'impossibilità di ricevere e praticar tutta
intera una {tal} lingua ricca ec. ec.), il tempo, dico,
sopprime quindi naturalmente una buona parte de' sinonimi, conservandone solo
uno o due per significato, che prevalendo appoco appoco nell'uso, fanno
dimenticar gli altri ec. Così le lingue perdono
1501
appoco appoco necessariamente di ricchezza e di proprietà, a causa della
sinonimia. Oltre che le lingue figlie, nascendo da corruzione, e dagli stessi
danni che il tempo reca alla sostanza materna, non la possono mai di gran lunga
ereditar tutta intera. {+E così il fondo
delle lingue si va sempre scemando se per altra parte non si accresce, e le
lingue che nascono sono sempre più povere di
quelle che le producono, almeno nei principii.}
[1504,2] L'influenza della sinonimia sui linguaggi è tanta, e
sì potentemente contribuisce alla corruzione, alterazione, sovversione, ed anche
al totale cambiamento delle lingue, che ad essa in
1505
gran parte si {possono} riferire {tutti i detti} effetti, la difficoltà di ritrovar l'etimologie, le
diversissime facce delle lingue madri rispetto alle lingue figlie, che spesso
appena si ravvisano per parenti, e le graduate, ma infinite diversificazioni di
significato che subirono le parole passando di una in altra lingua, con che
arrivarono a non esser più intese in altra nazione che da principio parlava la
stessa favella, a compor lingue differentissime, che non si tengono più per
parenti, benchè composte in buona parte di parole che originariamente erano le
stesse; e derivate da una stessa fonte, che a causa di queste infinite
alterazioni più non si trova. La sinonimia, dico, si dee riconoscere per causa
immediata di gran parte di tutto ciò, riconoscendo per cause prime o mediate ec.
altre cose più materiali, come la diffusione ec. ec. Or come la sinonimia?
Eccolo. Non solo i significati simili o poco differenti delle diverse parole, ma
anche i più distinti e lontani sono confusi dal tempo, dalla negligenza,
dall'ignoranza di coloro a' quali trasmigra una nuova lingua ec. {+dallo stesso uso di parlare o scrivere
elegante e metaforico ec:} così che delle parole disparatissime
divengono sinonime. P. e.
1506 presso gli spagnuoli il
verbo quęrere (querer) è
passato a significar velle, volvere
(bolver)
redire, circa
(cerca)
prope; presso i medesimi e gl'italiani il verbo clamare (llamar, chiamare) al senso di vocare; presso i francesi donare (donner) al senso di dare.
Questo per forza di sinonimia che appoco appoco rendendo proprio di quelle voci
quel senso disparatissimo, ha spento quelle che l'aveano realmente in proprietà
ec. ec. L'etimologia di queste voci, e il modo in cui sono arrivate a questo
significato ec. facilmente si trova, riguardo alla lingua latina ch'è la madre
immediata di dette tre lingue. Ma facciamo conto che dallo spagniolo[spagnuolo] o dal francese nascesse
una nuova lingua, come certo nascerà col tempo, giacchè esse medesime son già
molto diverse da' loro principii; certo che gli etimologisti si troverebbero
imbrogliatissimi, ancorchè seguitassero ancora a conoscer bene l'antico latino,
come già si trovano molto confusi intorno a molte parole derivate pure
immediatamente dal latino, ma tanto svisate di significato che più non si
raffigurano. Così le lingue si alterano e si mutano giornalmente, e le parole,
quanto al significato,
1507 si sovvertono mirabilmente,
e l'etimologie si perdono, e le lingue primitive si nascondono (come son già
nascoste) a causa della sinonimia, non meno che per le altre cause. (16.
Agos. 1821.).
[2715,3] Ho detto altrove pp. 787. sgg. che
la lingua francese, povera di forme, è tuttavia ricchissima e sempre più si
arricchisce di voci. Distinguo. La lingua francese è povera di sinonimi, ma
ricchissima di voci denotanti ogni sorta di cose e di idee, e ogni menoma parte
di ciascuna cosa e di ciascuna idea. Non può molto variare nella espressione
d'una cosa medesima, ma può variamente esprimere le più varie e diverse cose. Il
che non possiamo noi, benchè possiamo ridire
2716 in
cento modi le cose dette. Ma certo è sempre varia quella scrittura che può esser
sempre propria, perchè ad ogni nuova cosa che le occorre di significare, ha la
sua parola diversa dalle altre per significarla. Anzi questa è la più vera, la
più sostanziale, la più intima, la più importante, ed anche la più dilettevole
varietà di lingua nelle scritture. E quelle scritte in una lingua soprabbondante
di sinonimi, per lo più sono poco varie, perchè la troppa moltitudine delle voci
fa che ciascheduno scrittore per significare ciaschedun oggetto, scelga fra le
tante una sola o due parole al più, e questa si faccia familiare e l'adoperi
ogni volta che le occorre di significare il medesimo oggetto; e così ciascheduno
scrittore in quella lingua abbia il suo vocabolarietto diverso da quel degli
altri, e limitato: come altrove ho detto pp. 244-45
pp.
2386-87
pp.
2397-400
pp. 2630-32 accadere
agli scrittori greci ed italiani. E osservo che sebbene
2717 la lingua greca è molto più varia della latina, nondimeno per la
detta ragione le scritture greche, massime quelle degli ottimi e originali, sono
meno varie delle latine per ciò che spetta ai vocaboli e ai modi. (23.
Maggio 1823.). {{V. p. 2755.}}
[2835,3] Ho recato altrove pp. 1505-506
in proposito dei sinonimi, alcuni esempi di voci che nelle lingue figlie della
latina son passati ad aver per proprii de' significati ben lontani da quelli che
avevano nella latina, e tra queste il verbo quęrere
(querer) che nella lingua spagnuola significa velle. Aggiungete l'esempio del verbo latino creare (criar) che in
ispagnuolo significa allevare, educare, sì esso come i suoi derivati, crianza, criado ec. (28. Giugno
1823.).
[3633,1] Scriveva Voltaire al Principe Reale di Prussia, poi Federico II. in proposito di una frase di Orazio e del modo in cui Federico l'aveva renduta traducendo in
francese l'ode in ch'ella si trova: Ces expressions sont bien plus nobles en français:
elles ne peignent pas comme le latin, et c'est-là le grand malheur
de notre langue qui n'est pas assez accoutumée aux
détails.
*
(Lettres du Prince Royal de Prusse et de M.
3634 de Voltaire, Lettre
118. le 6 avril 1740. Oeuvres complettes de Frédéric II, roi de Prusse. 1790.
tome 10, p. 500.) Aveva detto Voltaire che l'espressione latina serait très-basse en
français.
*
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