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Arte di essere infelice.

Art of being unhappy.

271,2 306,1 676,3 1584,1.2 2684,1 4294,5

[271,2]  Coloro che dicono per consolare una persona priva di qualche considerabile vantaggio della vita: non ti affliggere; assicurati che sono pure illusioni: parlano scioccamente. Perchè quegli potrà e dovrà rispondere: ma tutti i piaceri sono illusioni o consistono nell'illusione, e di queste illusioni si forma e si compone la nostra vita. Ora se io non posso averne, che piacere mi resta? e perchè vivo? Nella stessa maniera dico io delle antiche istituzioni ec. tendenti a fomentare l'entusiasmo, le illusioni, il coraggio, l'attività, il movimento, la vita. Erano illusioni, ma toglietele,  272 come son tolte. Che piacere rimane? e la vita che cosa diventa? Nella stessa maniera dico: la virtù, la generosità, la sensibilità, la corrispondenza vera in amore, la fedeltà, la costanza, la giustizia, la magnanimità ec. umanamente parlando sono enti immaginari. E tuttavia l'uomo sensibile se ne trovasse frequentemente nel mondo, sarebbe meno infelice, e se il mondo andasse più dietro a questi enti immaginari (astraendo ancora da una vita futura), sarebbe molto {meno} infelice. Seguirebbe delle illusioni, perchè nessuna cosa è capace di riempier l'animo umano, ma non è meglio una vita con molti piaceri illusorii, che senza nessun piacere? non si vivrebbe meglio se nel mondo si trovassero queste illusioni più realizzate, e se l'uomo di cuore non si dovesse persuadere non solo che sono enti immaginari, ma che nel mondo non si trovano più neanche così immaginari come sono? {in maniera che manchi affatto il pascolo e il sostegno all'illusione.} E dall'altro lato, non c'è maggiore illusione ovvero apparenza di piacere che quello che deriva dal bello dal tenero dal grande dal sublime dall'onesto. Laonde quanto più queste cose abbondassero, sebbene illusorie, tanto meno l'uomo sarebbe infelice. (11. 8.bre 1820.). {{V. p. 338. capoverso 2.}}

[306,1]   306 Aristotele, o secondo altri, Diogene, τὸ κάλλος παντὸς ἔλεγεν ἐπιστολίου συστατικώτερον * (Laerz. in Aristot. l. 5. seg. 18.) Teofrasto definiva la bellezza σιοπῶσαν ἀπάτην * (ib. 19.) Pur troppo bene: perchè tutto quello che la bellezza promette, e par che dimostri, virtù, candore di costumi, sensibilità, grandezza d'animo, è tutto falso. E così la bellezza è una tacita menzogna. Avverti però che il detto di Teofrasto è più ordinario, perchè ἀπάτη non è propriamente menzogna, ma inganno, frode, seduzione, ed è relativo all'effetto che la bellezza fa sopra altrui, non al mentire assolutamente.

[676,3]  Enfin elles aiment l'amour, et non pas l'amant. Ces personnes se livrent à toutes les passions {les plus} ardentes. Vous les voyez occupées du jeu, de la table: tout ce qui porte la livrée du plaisir est bien reçu. * Parla di quelle donne galanti qui ne cherchent et ne veulent que les plaisirs de l'amour, * di quelle che ne cherchent dans l'amour que les plaisirs des sens, * (o della galanteria dell'ambizione ec.) que celui d'être fortement occupées et entraînées, et que celui d'être aimées; * di quelle che  677 possono associer d'autres passions à l'amour, * e lasciare du vide dans * (leur) son coeur, * e che après avoir tout donné, * possono non essere uniquement * (occupées) occupé de ce qu'on aime; * di quelle che se font une habitude de galanterie, et ne savent point joindre la qualité d'amie à celle d'amant * ; di quelle che ne cherchent que les plaisirs, et non pas l'union des coeurs * , e conseguentemente échappent à tous les devoirs de l'amitié * : in somma delle donne d'oggidì tutte quante, e in fatti ancor ella sebbene distingue le donne amanti in tre specie, conchiude il discorso di questa specie, così: Voilà l'amour d'usage et d'à-présent, et où les conduit une vie frivole et dissipée. * Mme. de Lambert, Réflexions nouvelles sur les femmes, dans ses oeuvres complètes, citées ci-dessus (p. 633.) p. 179. (18. Febbraio 1821).

[2684,1]   2684 L'uomo sarebbe felice se le sue illusioni giovanili {(e fanciullesche)} fossero realtà. Queste sarebbero realtà, se tutti gli uomini le avessero, e durassero sempre ad averle: perciocchè il giovane d'immaginazione e di sentimento, entrando nel mondo, non si troverebbe ingannato della sua aspettativa, nè del concetto che aveva fatto degli uomini, ma li troverebbe e sperimenterebbe quali gli aveva immaginati. Tutti gli uomini più o meno (secondo la differenza de' caratteri), e massime in gioventù, provano queste tali illusioni felicitanti: è la sola società, e la conversazione scambievole, che civilizzando e istruendo l'uomo, e assuefacendolo a riflettere sopra se stesso, a comparare, a ragionare, disperde immancabilmente queste illusioni, come negl'individui, così ne' popoli, e come ne' popoli, così nel genere umano ridotto allo stato sociale. L'uomo isolato non {le} avrebbe mai perdute; ed elle son proprie del giovane in particolare non tanto a causa del calore immaginativo, naturale a quell'età, quanto della inesperienza, e del vivere isolato che fanno i giovani. Dunque se l'uomo avesse continuato a vivere isolato, non avrebbe mai perdute le sue illusioni giovanili, e tutti gli uomini le  2685 avrebbero e le conserverebbero per tutta la vita loro. Dunque esse sarebbero realtà. Dunque l'uomo sarebbe felice. Dunque la causa originaria e continua della infelicità umana è la società. L'uomo, secondo la natura sarebbe vissuto isolato e fuor della società. Dunque se l'uomo vivesse secondo natura, sarebbe felice. (Roma 1. Aprile. Martedì di Pasqua. 1823.).

[4294,5]  persone la cui compagnia {e conversazione} ci piaccia durevolmente, e si usi volentieri con  4295 frequenza e lunghezza, non sono in sostanza, e non possono essere altre che quelle dalle quali giudichiamo che vaglia la pena di sforzarci e adoperarci d'essere stimate, e stimate ogni giorno più. Perciò la compagnia {e conversazione} delle donne non può esser durevolmente piacevole, se esse non sono o non si rendono tali da rendere durevolmente pregiabile e desiderabile la loro stima. (Firenze. Domenica 14. Ottobre. 1827.). {{
Fin qui si stende l'Indice di questo zibaldone di
Pensieri
cominciato agli 11 Luglio, e finito ai 14 ottobre del 1827. in Firenze.}}