Conversazione alla francese. Non si può fare in buono italiano.
Conversation in the French manner. Cannot be held in good Italian.
1946,1 1985,1 2136,1 3862Nella conversazione, meglio è lasciar gli altri scontenti di se, che contenti.
In conversation it is better to let others remain discontent with you, rather than content.
2271,1Uomini atti, ed uomini male atti alla conversazione.
People who are well- and ill-suited for conversation.
3183,1 3360,1 4294,5Conversazione d'Italia, di città piccole ec.
Conversation in Italy, in small cities, etc.
3546,1Conversazione ne' vari climi.
Conversation in different climates.
4031,1[1946,1] Ho detto pp. 244-45
p.
321
pp. 685-86
p. 766
pp.
1313-15 che la lingua italiana è suscettibile di tutti gli stili, e ho
detto pp. 1513-15 che la conversazione francese non si può mantenere in
italiano. Questa non è contraddizione. L'indole della nostra lingua è capace di
leggerezza, spirito, brio, rapidità ec. come di gravità ec. è capace di
esprimere tutte le nuances della vita sociale, ec. ma non è capace, come nessuna
lingua lo fu, di
1947 un'indole forestiera. Così
riguardo alle traduzioni. Ell'è capace di tutti i più disparati stili, ma
conservando la sua indole, non già mutandola; altrimenti la nostra lingua
converrebbe che mancasse d'indole propria, il che non sarebbe pregio ma difetto
sommo. L'originalità della nostra lingua (ch'è marcatissima) non deve soffrire,
applicandola a qualsivoglia stile o materia. Questo {appunto} è ciò di cui ella è capace, e non di perderla ed alterare il
suo carattere per prenderne un altro forestiero, del che non fu e non è capace
nessuna lingua senza corrompersi. E il pregio della lingua italiana consiste in
ciò che la sua indole, senza perdersi, si può adattare a ogni sorta di stili. Il
qual pregio non ha il tedesco, che ha la stessa adattabilità e forse maggiore,
non però conservando il suo proprio carattere. Or questo è ciò che potrebbero
fare tutte le lingue le più restie, perchè rinunziando alla propria indole, e in
somma corrompendosi, facilmente possono adattarsi a questo o quello stile
forestiero.
1948
L'art de traduire est
poussé plus loin en allemand que dans aucun autre dialecte européen.
Voss a
transporté dans sa langue les poëtes grecs et latins avec une étonnante
exactitude; et W. Schlegel les
poëtes anglais, italiens et espagnols, avec une vérité de coloris dont
il n'y avoit point d'exemple avant lui. Lorsque l'allemand se prête à la
traduction de l'anglais, il ne perd pas son caractère naturel, puisque
ces langues sont toutes deux d'origine germanique; mais quelque mérite
qu'il y ait dans la traduction d'Homère par Voss, elle fait de l'Iliade et
de l'Odyssée, des poëmes dont le style est grec, bien que
les mots soient allemands. La connoissance de l'antiquité y gagne;
l'originalité propre à l'idiome de chaque nation y perd nécessairement.
Il semble que c'est une contradiction d'accuser la langue allemande tout
à la fois de trop de flexibilité et de trop de rudesse; mais ce qui
1949 se concilie dans les caractères peut aussi
se concilier dans les langues; et souvent dans la même personne les
inconveniens de la rudesse n'empêchent pas ceux de la
flexibilité.
*
Mme la Baronne de Staël -
Holstein, De l'Allemagne t. 1. 2.de
part. ch. 9. p. 248. 3.me édit. Paris 1815.
[1985,1] La lingua francese è propriamente, sotto ogni
rapporto, per ogni verso, la lingua della mediocrità. {+Ella non è nè sarà mai la lingua della grandezza in
nessun genere, nè della originalità. (Qual è la lingua tali sono sempre i
sentimenti, e gli scrittori.)} E non per altra cagione, ella è oggi
universale; non per altra si adatta all'intelligenza, ed all'uso pratico de'
forestieri d'ogni genere; non per altra si adatta così bene all'uso de' meno
colti nazionali, ed è ben parlata e scritta da quasi tutti i francesi; non per
altra l'andamento, il tour di essa lingua è preferito
dalla gente comune, in tutte le lingue d'europa, a quello
della propria lingua; non per altra una donna, un cavaliere italiano
mezzanamente colto, che s'imbarazza e cade in dieci spropositi, non dico contro
la purità, ma contro la gramatica, se nello scrivere o nel parlare s'impegna in
un periodo all'italiana, riesce facilmente e scampa da ogni pericolo, usando il
periodo francese. ec. ec. Vero
1986 periodo, andamento,
genio, indole, spirito della mediocrità. Ed a che altra categoria che alla
mediocrità poteva appartenere la lingua della ragione e della società? Nè la
lingua francese sarebbe divenuta universale, e sarebbe stata così celebrata ed
esaltata sopra tutte, se non nel secolo della mediocrità cioè della ragione,
qual è il nostro; nè un tal secolo potrebbe preferire alcuna lingua alla
francese, o alcun genio ed indole di favella a quello della francese, anche
nelle proprie rispettive lingue.
[2136,1] Quello che dico degli autori dico degli stili, dei
modi, dei linguaggi, dei costumi, della conversazione. La conversazione francese
si dee tradurre nell'italiano parlato o scritto, in modo che ella non sia
francese in italiano, ma tale in italiano qual è in francese; tale il linguaggio
della conversazione in italiano, qual è in francese, e non però francese.
(21. Nov. 1821.).
[3860,2] Egli è costante, ed io in molti luoghi l'ho
sostenuto pp. 754-56
pp. 780-83
[p. 794]
[p. 795],
3861 che crescendo le cose, la lingua sempre si
accresce e vegeta. Ma appunto per la stessa ragione, arrestandosi e mancando la
vita, si ferma e impoverisce e quasi muore la lingua, com'è avvenuto infatti dal
600 in qua agli spagnuoli ed a noi, le cui lingue di ricchissime e potentissime
che furono, si sono andate e si vanno di mano in mano continuatamente scemando,
restringendo e impoverendo, e sempre più s'impoveriscono e perdono il loro esser
proprio, e le ricchezze lor convenienti, cioè le proprie, perchè le altrui
ch'esse acquistano, molto incapaci d'altronde di compensare le loro perdite, non
sono di un genere che si convenga alla natura loro. Veramente le dette lingue
vanno morendo. Perchè in fatti la spagna e
l'italia, dal 600 in qua, e negli ultimi tempi
massimamente, non ebbero e non hanno più vita, non solo nazionale, ch'elle già
non sono nazioni, ma neanche privata. Senz'attività, senza industria, senza
spirito di letteratura, d'arti ec. {senza spirito nè uso di
società,} la vita degli spagnuoli e degl'italiani si riduce a una routine d'inazione, d'ozio, d'usanze
vecchie e stabilite, di spettacoli e feste {regolate} dal Calendario, di abitudini ec.
Mai niuna novità fra {loro} nè nel pubblico nè nel
privato, di sorta nessuna che dimostri in alcun modo la vita. Tutto quello ch'e'
possono fare si è di ricevere in elemosina un poco di novità sia di cose, sia di
costumi, sia di pensieri, e quasi un fiato di falsa ed aliena vita, dagli
stranieri. Questi sono che ci muovono
3862 quel
pochissimo che noi siamo mossi. Se noi non siamo ancora dopo un sì rapido corso
del resto d'europa allo stato e grado in cui era la
civiltà umana due o tre secoli addietro, (e gli spagnuoli vi sono quasi ancora,
e noi siam pure addietro delle altre nazioni), son gli stranieri soli che ci
hanno portati avanti. Noi non abbiam fatto un passo nella carriera, nè abbiamo
nulla contribuito all'avanzamento degli altri, come gli altri hanno fatto
ciascuno per la sua parte. Noi non abbiam camminato, noi siamo stati trasportati
e spinti. Noi siamo e fummo affatto passivi. Quindi è ben naturale che noi siam
passivi nella lingua eziandio, la quale segue sempre e corrisponde perfettamente
alle cose. Noi abbiam pochissima conversazione, ma questa pochissima è
straniera; conversazione italiana non esiste; quindi è ben naturale che la
conversazione d'Italia non sia fatta in lingua italiana,
e tutto ciò che ad essa appartiene, {+e
questo è moltissimo, e di generi assai moltiplice, e coerente con molte
parti della vita, costumi, letteratura ec.} sia espresso in voci
straniere, e non abbia in italiano parole nè modi che lo significhino. Noi non
possiamo avere lingua propria moderna perchè oggi non viviamo in noi, ma quanto
viviamo è in altri, e per altrui mezzo, e di vita altrui, ed anima e spirito e
fuoco non nostro. Poichè la vita ci vien d'altronde, è ben naturale che di fuori
e non altrimenti, ci venga la lingua che in questa vita usiamo. E così dico
della letteratura. E quel che dico dell'italia, dico
3863 altresì della Spagna, la
quale però dal 600 in poi (come anche al suo buon tempo) vive e ha vissuto men
dell'italia, non per altro se non perchè meno
communicando cogli stranieri, men vita ha ricevuto di fuori, {+non che per se stessa ell'abbia avuto
molto men vita di noi,} e forse anche per suo carattere è meno atta a
tal comunione, e a ricevere la vita altrui. E quindi la sua lingua e
letteratura, isterilendosi, decrescendo, scemando, perdendo e riducendosi a
nulla quanto la nostra ha fatto, si è forse contuttociò meno imbarbarita ec.
della nostra: che non so se si debba contare per maggior male o bene ec.
(10-11. Nov. 1823.).
[2271,1] Il partire, il restare contenti di una persona, non
vuol dire, e non è altro in sostanza che il restar contenti di se medesimi. Noi
amiamo la conversazione, usciamo soddisfatti dal colloquio ec. di coloro che ci
fanno restar contenti di noi medesimi, in qualunque modo, o perchè essi lo
proccurino, o perchè non sappiano altrimenti, ci diano campo di figurare. ec.
Quindi è che quando tu resti contento di un altro, ciò vuol dire in ultima
analisi che tu ne riporti l'idea di te stesso superiore all'idea di colui. Così
che se questo può giovare all'amore verso quella tal persona, ordinariamente
però non giova nè alla stima, nè al timore, nè al peso, nè al conto, nè all'alta
opinione ec. cose che gli uomini in società desiderano di riscuotere dagli altri
uomini assai più che l'amore.
2272 (E con ragione,
perchè l'amore verso gli altri è inoperoso, non così il timore, l'opinione, il
buon conto ec.) E però volendo farsi largo nel mondo, solamente i giovanetti e i
principianti cercano sempre di lasciar la gente soddisfatta di se. Chi ben
pensa, proccura tutto il contrario, e sebben pare a prima vista che quegli il
quale parte malcontento di voi porti con se de' sentimenti a voi sfavorevoli,
nondimeno il fatto è che egli suo malgrado, e senza punto avvedersene, {+anzi e desiderando e cercando e credendo
il contrario,} porta de' sentimenti a voi favorevolissimi secondo il
mondo, giacchè l'esser malcontento di voi, non è per lui altro che esser
malcontento di se stesso rispetto a voi, e quindi in un modo o nell'altro tu
nella sua idea resti superiore a lui stesso (che è quello appunto che gli dà
pena); e gl'impedisci di ecclissar la opinione di te, con l'opinione e
l'estimazione di se. Ne seguirà l'odio, ma non mai il disprezzo
2273 (neppur quando tu l'abbia fatto scontento con
maniere biasimevoli, ed anche villane); e il disprezzo, o la poca opinione, è
quello che in società importa soprattutto di evitare; e il solo che si possa
evitare, perchè l'odio non è schivabile; essendo innato nell'uomo e nel vivente
l'odiare gli altri viventi, e massime i compagni; non è schivabile per quanta
cura si voglia mai porre nel soddisfare a tutti colle opere, colle parole, colle
maniere, e nel ménager, e cattivare, e studiare, e
secondare l'amor proprio di tutti. Laddove il disprezzo verso gli altri non è
punto innato nell'uomo: bensì egli desidera di concepirlo, e lo desidera in
virtù dell'odio che porta loro; ma dipendendo esso dall'intelletto, e da' fatti,
e non dalla volontà, si può benissimo impedire. {+Tutti questi effetti sono maggiori oggidì di quello che
mai fossero nella società, a causa del sistema di assoluto e universale e
accanito e sempre crescente egoismo, che forma il carattere del
secolo.}
(22. Dic. 1821.).
[3183,1] Gli uomini che nel mondo sono stimati e sono tenuti
da quanto gli altri o da più degli altri, lo sono per l'ordinario in quanto
coll'uso della società essi si sono allontanati dalla natura lor propria e dagli
abiti naturali dell'uomo generalmente, ed hanno in se oscurata e coperta la
natura, o sanno, sempre che vogliono, coprirla. E quanto più è oscurata in loro
e coperta e mutata sì la natura individuale e lor propria, vale a dire il loro
natural carattere, e gli abiti a che essa {particolar
natura} gli avrebbe condotti, sì la natura generale degli uomini,
tanto la stima generale verso di essi è maggiore. Voglio dir che la più parte
delle qualità che negli uomini ottengono stima appo il mondo, o sono totalmente
acquisite e per nulla naturali, anzi spesso contrarie alla natura lor propria o
generale; ovvero sono talmente svisate
3184 dal
naturale che per naturali non si ravvisano, e più che sono svisate, più, per
l'ordinario, si stimano. Perocchè egli è ben raro che una qualità semplicemente
naturale, e tale qual ella è da natura, sia stimata punto nella società, e
quando pur sialo, questa stima non è nè durevole, nè salda, nè generale, nè
molta, {ed} è sempre inferiore a quella delle qualità
acquisite o snaturate, le quali si apprezzano per regola, stabilmente e
seriamente, ma le naturali quasi per gioco, per rarità, per variare, per
passatempo, momentaneamente. Quelle si stimano come gravi, serie, e da negozio;
queste come lievi, di poca importanza ed utilità, da {semplice} trattenimento e da ozio: e la società presto se ne
annoia.
[3360,1] Tanto l'uomo è gradito e fa fortuna nella
conversazione e nella vita, quanto ei
3361 sa ridere.
(5. Sett. 1823.).
[4294,5] persone la cui compagnia {e
conversazione} ci piaccia durevolmente, e si usi volentieri con
4295 frequenza e lunghezza, non sono in sostanza, e non
possono essere altre che quelle dalle quali giudichiamo che vaglia la pena di
sforzarci e adoperarci d'essere stimate, e stimate ogni giorno più. Perciò la
compagnia {e conversazione} delle donne non può esser
durevolmente piacevole, se esse non sono o non si rendono tali da rendere
durevolmente pregiabile e desiderabile la loro stima.
(Firenze. Domenica 14. Ottobre.
1827.). {{
Fin qui si stende l'Indice di questo zibaldone di
Pensieri
cominciato agli 11 Luglio, e finito ai 14 ottobre del 1827. in Firenze.}}
Fin qui si stende l'Indice di questo zibaldone di
Pensieri
cominciato agli 11 Luglio, e finito ai 14 ottobre del 1827. in Firenze.}}
[3546,1] In una città piccola, massime dove sia poca
conversazione, non essendo determinato il tuono della società, {+(neppur un tuono proprio particolarmente
d'essa città, qual sempre sarebbe in una città piccola, quando veggiamo che
anche le grandi hanno sempre notabilissime nuances
di tuono lor proprio, e differenze da quello dell'altre, anche dentro una
stessa nazione)} ciascun fa tuono da se, e la maniera di ciascuno,
qual ch'ella sia, è tollerata e giudicata per buona e conveniente. Così a
proporzione in una nazione, dove non v'abbia se non pochissima società, come in
italia. Il tuono sociale di questa nazione non
esiste: ciascuno ha il suo. Infatti non v'è tuono di società che possa dirsi
italiano. Ciascuno italiano ha la sua maniera di conversare, o naturale, o
imparata dagli stranieri, o comunque acquistata. Laddove in una nazione
socievole, e così a proporzione in una città grande, non è, non solo stimato, ma
neppur tollerato, chi non si
3547 conforma alla maniera
comune di trattare, e chi non ha il tuono degli altri, perchè questa maniera
comune esiste, e il tuono di società è determinato, più o meno strettamente, e
non è lecito uscirne senza esser messo, nella società ec., fuor della legge, e
considerato come da men degli altri, perchè dagli altri diverso, diverso dai
più. (28. Sett. 1823.).
[4031,1]
4031 Certo le condizioni sociali e i governi e ogni
sorta di circostanze della vita influiscono sommamente e modificano il carattere
e i costumi delle varie nazioni, anche contro quello che porterebbe il
rispettivo loro clima e l'altre circostanze naturali, ma in tal caso quello
stato o non è durevole, o debole, o cattivo, o poco contrario al clima, o poco
esteso nella nazione, o ec. ec. E generalmente si vede che i principali
caratteri o costumi nazionali, anche quando paiono non aver niente a fare col
clima, o ne derivano, o quando anche non ne derivino, e vengano da cagioni
affatto diverse, pur corrispondono mirabilmente alla qualità d'esso clima o
dell'altre condizioni naturali d'essa nazione o popolo o cittadinanza ec. Per
es. io non dirò che il modo della vita sociale rispetto alla conversazione e
all'altre infinite cose che da questa dipendono o sono influite, proceda
assolutamente e sia determinato nelle varie nazioni
d'europa dal loro clima, ma certo ne' vari modi
tenuti da ciascuna, e propri di ciascuna quasi fin da quando furono ridotte a
precisa civiltà e distinta forma nazionale, ovvero da più o men tempo, si scopre
una curiosissima conformità {generale} col rispettivo
clima in generale considerato. Il clima d'italia e di
Spagna è clima da passeggiate e massime nelle lor
parti più meridionali. Ora queste nazioni non hanno conversazione affatto, nè se
ne dilettano: e quel poco che ve n'è in italia, è nella
sua parte più settentrionale, in Lombardia, dove certo si
conversa assai più che in Toscana, a
Napoli, nel Marchegiano, in
Romagna, dove si villeggia
4032 e si fanno tuttodì partite di piacere, ma non di conversazione, e
si chiacchiera assai, e si donneggia assaissimo, ma non si conversa; in
Roma ec. Il clima
d'Inghilterra e di Germania
chiude gli uomini in casa propria, quindi è loro nazionale e caratteristica la
vita domestica, con tutte l'altre infinite qualità di carattere e di costume e
di opinione, che nascono o sono modificate da tale abitudine. Pur vi si conversa
più assai che in italia e Spagna
(che son l'eccesso contrario alla conversazione) perchè il clima è per tale sua
natura meno nemico alla conversazione, poichè obbligandoli a vivere il più del
tempo sotto tetto e privandoli de' piaceri della natura, ispira loro il
desiderio di stare insieme, per supplire a quelli, e riparare al vôto del tempo
ec. Il clima della Francia ch'è il centro della
conversazione e la cui vita e carattere e costumi e opinioni è tutto
conversazione, tiene appunto il mezzo tra quelli d'Italia
e Spagna, Inghilterra e
Germania, non vietando il sortire, {e il trasferirsi da luogo a luogo,} e rendendo
aggradevole il soggiornare al coperto: siccome la vita
d'Inghilterra e Germania tiene
appunto il mezzo, massime {in quest'ultimi tempi,} per
rispetto alla conversazione, tra la vita d'Italia e
Spagna e quella di Francia, e
così il carattere ec. che ne dipende. E già in mille altre cose la
Francia, siccome il suo clima, tiene il mezzo fra'
meridionali e settentrionali, del che altrove in più luoghi pp.
1045-46
pp.
2989-90. Non parlo delle meno estrinseche e più spirituali influenze
del clima sulla complessione e abitudine del corpo e dello spirito, {+anche fin dalla nascita,} che pur
grandissimamente
4033 contribuiscono a cagionare e
determinare la varietà che si vede nella vita delle nazioni, popolazioni,
individui tutti partecipi (come son oggi) di una stessa sorta di civiltà, circa
il genio e l'uso della conversazione. (15. Feb. 1824.).
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