Storia ebraica, troiana, greca e romana.
History, Jewish, Trojan, Greek and Roman.
191,3 1848,marg. 2645,2 3145-46 3770-71[191,3] Con quello che dice Montesquieu,
Essai sur le Gout. Des diverses
causes qui peuvent produire un sentiment. De la sensibilité. De la
délicatesse p. 389-393. spiegate la cagione per cui c'interessino
tanto le Storie romana e greca, i fatti cantati da Omero e da Virgilio ec. le tragedie ec. composte
192
sopra quegli argomenti ec. ec. E come quell'interesse non ci possa esser
suscitato da nessun'altra storia, o poema sopra altri fatti ancorchè benissimo
cantati, come dall'Ossian, o
tragedia d'altri argomenti, quando anche appartengano alla nostra storia patria
più immediata, come agli avvenimenti de' bassi tempi ec. e molto meno dalle
poesie orientali, e da cento altre belle cose volute e messe in voga dai nostri
romantici, che di vera psicologia non s'intendono un fico. Tutto proviene dalla
moltiplicità delle cause che producono in noi un sentimento, e sono, rispetto
alle dette cose, ricordanze della fanciullezza, abitudine presa, fama universale
di quelle nazioni e di quei poeti, affezionamento ancorchè involontario,
continuo uso di sentirne parlare, rispetto venerazione ammirazione amore per
quelli che ne hanno parlato, tutte ragioni la mancanza delle quali rende
difficilissimo, e forse impossibile il fare ugualmente interessante un soggetto
nuovo, massime in poesia, dove tutto il diletto proviene dall'interesse, e non
può stare colla sola curiosità, o desiderio d'istruirsi ec. come nelle storie e
simili. E v. il mio discorso sui romantici.
Souvent notre ame se compose elle-même des raisons de plaisir, et
elle y réussit surtout par les liaisons qu'elle met aux
choses.
*
Questo e tutto l'altro che dice Montesquieu è notabilissimo, e
applicabile a diversissimi casi e condizioni nelle quali ci riesce piacevole
quello che ad altri non riesce, e a noi
193 stessi non
riusciva in altre circostanze. P. e. fu un tempo non breve in cui la poesia
classica non mi dava nessun piacere, e io non ci trovava nessuna bellezza. Fu un
tempo in cui io non trovava altro studio piacevole che la pura {e secca} filologia, che ad altri par noiosissima. Fu un
tempo in cui le scienze mi parevano studi intollerabili. E quanti nelle loro
professioni trovano piaceri, che agli altri parranno maravigliosi, non potendo
comprendere che diletto si trovi in quelle occupazioni! E nominatamente in
quello che appartiene alle lettere e belle arti, chi non sa e non vede
tuttogiorno che il letterato e l'artista trova piaceri incredibili {e sempre nuovi} nella lettura o nella contemplazione di
questa o di quell'opera, che letta o contemplata dai volgari, non sanno
comprendere che diascolo di gusto ci si trovi? E piuttosto lo troveranno in
cento altre operacce di pessima lega. Con questo spiegate ancora la diversità
de' gusti ne' diversi tempi, classi, nazioni, climi ec. (29. Luglio
1820.).
[1847,1] Come l'uomo non s'interessa che per l'uomo
(perch'egli s'interessa più per se che per gli altri uomini); com'è vuota
d'effetto quella pittura che non rappresenta niente di animato, e più quella che
rappresenta pietre ec. che quella che rappresenta piante ec.; come il principale
effetto della pittura è prodotto dall'imitazione dell'uomo più che degli
animali, e molto più che degli altri oggetti; come la poesia non diletta nè
molto nè durevolmente se verte 1. sopra cose inorganizzate, 2. sopra cose
organizzate ma non vive, 3. sopra enti vivi ma non uomini, 4. sopra uomini ma
non sopra ciò che meglio spetta all'uomo ed a ciascun lettore, cioè le passioni,
i sentimenti, insomma l'animo umano; {+(notate queste gradazioni che sono applicabili ad ogni genere di cose e
idee piacevoli, ed alla mia teoria del
piacere)} così
1848 la poesia,
{i drammi} i romanzi, le storie, le pitture ec. ec.
non possono durevolmente nè molto dilettare se versano sopra uomini di costumi,
opinioni, indole ec. ec. e quasi natura affatto diversa dalla nostra, come i
personaggi favoriti delle care poesie ec. del Nord, sia per differenza
nazionale, sia per eccessiva differenza e stranezza di carattere, come i
protagonisti di Lord Byron, ed anche per
eccessivo eroismo, onde Aristotele non
voleva che il protagonista della tragedia fosse troppo eroe. {+(Quindi è che se forse da principio
interessano per la novità, a poco andare annoiano le storie ec. de' popoli
lontani, de' viaggi ec. e interessano sempre più proporzionatamente quelle
de' più vicini, e fra gli antichi de' latini Greci, ed Ebrei, a causa che
questi sono in relazione con tutto il mondo colto per la rimembranza ec.
della nostra gioventù, studi, religione letteratura ec. Anche questo però
secondo le circostanze degli individui.)} Da per tutto l'uomo cerca il
suo simile, perchè non cerca e non ha mai altro scopo che se stesso; e il
sistema del bello, come tutto il sistema della vita, si aggira sopra il perno,
ed è posto in movimento dalla gran molla dell'egoismo, e quindi della
similitudine e relazione a se stesso, cioè a colui che deve godere del bello di
qualunque genere. (5. Ott. 1821.).
[2645,2] La storia greca, romana ed ebrea contengono le
reminiscenze delle idee acquistate da ciascuno nella sua fanciullezza. Ciascun
nome, ciascun fatto delle dette storie, e massime i principali e più noti ci
richiamano idee quasi primitive per noi, e sono in certo modo legati alla storia
della vita, e della fanciullezza
2646
massimente[massimamente], delle cognizioni, de'
pensieri di ciascuno di noi. Quindi l'interesse che ispirano le dette storie, e
loro parti, e tutto ciò che loro appartiene; interesse unico nel suo genere,
come fu osservato da Chateaubriand
(Génie ec.); interesse che non può esserci mai ispirato da
verun'altra storia, sia anche più bella, varia, grande, e per se più importante
delle sopraddette; sia anche più importante per noi, come le storie nazionali.
Le suddette tre sono le più interessanti perchè sono le più note; perchè sono le più domestiche, familiari, pratiche, e quasi
strette parenti di ciascun uomo civile e colto, ancorchè di patria diversissimo
da queste tre nazioni. E perciò elle sono le più, anzi le sole, feconde di
argomenti {storici} veramente propri d'epopea, di
tragedia, ec.
2647 e all'interesse dei detti argomenti,
massime nella poesia, non si può supplire in verun conto, nè con veruna
industria, cavando argomenti {o dall'immaginazione, o}
dalle altre storie, neppur dalle patrie. Aggiungasi alle tre dette storie,
quella della guerra troiana, la quale interessa sommamente per le dette ragioni,
anzi più delle altre tre, perchè i poemi d'Omero e di Virgilio, l'hanno
resa più nota e familiare a ciascuno, che verun'altra, e perch'ella a cagione
dei detti poemi, delle favole ec. è più legata alle ricordanze della nostra
fanciullezza, che non sono la storia greca e romana, e neanche l'ebrea. Tutto
ciò è relativo, e l'interesse delle dette storie non deriva particolarmente
dalle loro proprie e intrinseche qualità, ma dalla circostanza estrinseca
dell'essere le medesime familiari
2648 a ciascuno fin
dalla sua fanciullezza; tolta la qual circostanza, che ben si potrebbe togliere,
dipendendo dalla educazione ec., questo interesse o si confonderebbe e
agguaglierebbe con quello delle altre storie, e argomenti storici, o sarebbe
anche superato. (Roma. 25. Nov. 1822.).
[3143,2] Nell'iliade oggidì l'interesse per
Achille e per li greci, come ho
detto, è poco o niuno, perchè i suoi lettori non sono più greci. Nondimeno
l'interesse nell'iliade è vivissimo continuo e durevole eziandio
dopo la lettura. Esso è per Ettore e per li troiani. I lettori di qualsivoglia
nazione, dopo tanti secoli, dopo tanti cangiamenti sofferti dallo spirito umano,
tutti efficacemente {e continuamente} s'interessano
leggendo la iliade. E tutti non per altri che per li troiani e
per Ettore, cioè
per la sventura; e questo interesse
3144 si riduce
principalmente e come a suo capo alla compassione. Questa cioè è quel sentimento
dominante e finale, che noi nella iliade provando, chiamiamo
interesse della medesima. Le quali cose mossero il Cesarotti a intitolar quel poema, come ho detto pp.
3113-14, La Morte d'Ettore, misurando
l'indole e l'intento {+primitivo, proprio
e vero} del poema dall'effetto ch'ei produce sopra di noi in tanta
diversità e lontananza di tempo, di nazione, di opinioni, {di
carattere} e di costumi. Nell'Eneide
l'interesse della compassione non v'è. Dico non v'è, come interesse finale.
Quello che si concepisce per Didone,
quello per Niso ed Eurialo sono interessi episodici che non ci
accompagnano se non per piccola parte del poema, nè hanno che fare colla
sostanza e collo scopo di esso, talmente che possono affatto risecarsi senza che
la testura nè il principale e finale effetto del poema per nulla se ne risentano
o ne siano cangiati. L'interesse per l'Eroe felice, cioè per Enea, e per la parte felice, cioè per li troiani,
dovette esser mediocre anche a principio,
3145 come di
sopra ho mostrato, ed ora è più che mediocre. E ciò, non ostante che il lettore
di Virgilio non possa quasi a meno di
trasferire o di continuare ne' fortunati troiani dell'Eneide quell'interesse ch'egli ha conceputo per gli sfortunati e
vinti troiani della iliade. Perocchè egli è certissimo che
l'iliade oltre all'aver partorito l'Eneide, oltre all'averla nutrita e cresciuta, per dir così, del suo
proprio latte, {+(voglio dire averle
somministrato l'argomento e i materiali in gran parte, o datogliene
l'occasione, e d'altronde averle porto i mezzi {e}
i modi di trattarla, e gli ornamenti ec. cioè il modello, e le immagini, e
le forme delle invenzioni, dell'ordine, dello stile poetico ec.)} la
sostiene e l'aiuta anche oggidì, comunicandole parte del suo proprio interesse,
{riscaldandola del suo
fuoco,} e riverberandosi sulla Eneide
e in essa influendo e derivandosi e quasi irrigandola gli affetti che la lettura
o la notizia della iliade inspirò. Laonde se la Eneide, quanto al suo principal soggetto ispira
alcuno interesse, egli è pur da notare che grande e forse la massima parte di
esso, non a lei propriamente appartiene, ma le vien di fuori, e l'è totalmente
accidentale ed estrinseco, non interiore ed
essenziale, nè in essa
3146 nasce ma altrove
ed anteriormente nacque. Il che non si deve confondere col proprio e nativo
interesse dell'Eneide. {#1. Di questi interessi accidentali vedi la pag. 2645-8..}
[3769,1] Ho detto in questo discorso come sia necessario che
il soggetto dell'epopea sia nazionale, e come dannoso sarebbe ch'ei fosse
universale ec. (se non nel modo usato dal Tasso ec.). Ma per altra parte la nazionalità del soggetto limita,
quanto a se, l'interesse e il grand'effetto del poema, a una sola nazione. Non
v'è altro modo di ovviare a questo gran male (il qual fa ancora che i posteri,
dopo le tante mutazioni politiche che cagiona il tempo, distruttore o cangiatore
delle nazioni, o de' loro nomi, ch'è tutt'uno,
3770 e
loro carattere nazionale ec. non considerino più quegli antichi, nè possano
considerarli, come lor nazionali, e che a lungo andare, immancabilmente, non vi
sia più nazione a cui quel poema sia nazionale), se non di costringere
l'immaginazion de' lettori qualunque a persuaderli di esser compatrioti e
contemporanei de' personaggi del poeta, a trasportarli in quella nazione e in
quei tempi ec. Illusione conforme a quella che deono proccurare i drammatici ec.
Or tra tutti gli epici quel che meglio l'ha proccurata si è Omero nell'iliade,
siccome fra tutti gli storici Livio.
Vero è che questo viene in grandissima parte da quelle tante cagioni altrove da
me esposte pp. 3125. sgg., le quali fanno che tutte le nazioni
civili in tutti i tempi sieno {state e sieno per
essere} connazionali e contemporanee de' troiani, greci {antichi} romani {antichi} ed
ebrei {antichi.} Infatti dopo l'iliade, il poema epico che meglio proccura la detta illusione
universale, si è l'Eneide, perchè di soggetto
troiano e romano. Ma vero è ancora che, massime quanto ai troiani, le dette
cagioni si riducono alla sola iliade (ed
all'Eneide),
3771
onde l'illusione ch'essa proccura, non viene da cause a lei affatto estrinseche,
anzi l'iliade è tanto più mirabile quanto essa sola, o essa
principalmente (cioè aiutata dall'Eneide ec.),
ha potuto rendere {e rende} tutti gli uomini civili
d'ogni nazione e tempo compatrioti e contemporanei de' troiani. Questo ella
consegue mediante le reminiscenze della fanciullezza ec. le quali l'accompagnano
perchè sin da fanciulli conosciamo l'iliade, o i
fatti da essa narrati e inventati, e la mitologia in essa contenuta, ec. e le
prime nozioni della mitologia che apprendiamo, sono strettamente legate e in
{buona} parte composte delle invenzioni d'Omero ec. ec. Ma tutto questo non sarebbe
{nè sarebbe stato} se l'iliade non fosse sempre stata così celebre. Nè così celebre sarebbe
stata sempre senza il suo sommo merito. Vero è che questo non ha che fare in
particolare colla condotta ec. ec. (25. Ott. 1823.).
Related Themes
Romanticismo. (1827) (3)
Rimembranze. (1827) (2)
Memorie della mia vita. (pnr) (2)
Epopea. (1827) (2)
. (1827) (2)
Piacere (Teoria del). (1827) (2)
Mitologia greca. (1827) (1)
Vago. Piacere del vago o indefinito. (1827) (1)
Educazione. Insegnamento. (1827) (1)
Amore dei propri simili. (1827) (1)
Manuale di filosofia pratica. (pnr) (1)