[128,2] La varietà che la natura ha posta nelle cose e
negl'ingegni, è tanta, che fino gli stessi filosofi, quantunque tutti cerchino
la stessa verità, nondimeno a cagione dei diversissimi aspetti nei quali una
stessa proposizione si presenta ai diversi ingegni, sarebbero tutti originali,
se non leggessero gli altri filosofi, e non
129
osservassero le cose cogli occhi altrui. Ed è facile a scoprire che una
grandissima parte delle verità dette ai nostri tempi da quegli scrittori che
s'hanno per originali, ancorchè queste verità passino per nuove, non hanno altro
di nuovo che l'aspetto, e sono già state esposte in altro modo. (18.
Giugno 1820.). {{E vedete come tutti gli scrittori
non europei, come gli orientali, Confucio ec. quantunque dicano appresso a poco le stesse cose che
i nostri, a ogni modo paiono originali, perchè non avendo letto i nostri
filosofi europei, non hanno potuto imitarli, o seguirli e conformarcisi non
volendo, come accade a tutti noi.}}
[143,1]
143 Che vuol dire che fra tanti imitatori che si sono
trovati di opere e di scrittori classici, nessuno è pervenuto ad occupare un
grado {di fama} non dico uguale, ma neppur vicino a
quello dell'imitato? Non è già verisimile che essendo più facile l'inventis
addere, e il perfezionare una cosa inventata, che l'inventarla già perfetta, ed
essendoci stati molti imitatori di sommo ingegno, massimamente in
italia in un tempo dove l'imitare era cosa di moda, e
perciò diveniva occupazione anche dei migliori (come Sanazzaro imitator di Virgilio, il Tasso del Petrarca ec.), non
si sia mai data nessun'imitazione che almeno agguagli l'opera imitata, e per
conseguenza meritasse un posto compagno a quello dell'originale. Ma il fatto sta
che in materia di letteratura o di arti, basta accorgersi dell'imitazione, per
metter quell'opera infinitamente al di sotto del modello, e che in questo caso,
come in molti altri, la fama non ha tanto riguardo al merito assoluto ed
intrinseco dell'opera, quanto alla circostanza dello scrittore o dell'artefice.
Laonde, o imitatori qualunque vi siate, disperate affatto di arrivare
all'immortalità, quando bene le vostre copie valessero effettivamente molto più
dell'originale.
[307,2]
Omero che scriveva innanzi ad ogni
regola, non si sognava certo d'esser gravido delle regole come Giove di Minerva o di Bacco, nè che la sua irregolarità sarebbe stata misurata, analizzata,
definita, e ridotta in capi ordinati per servir di regola agli altri, e
impedirli di esser liberi, irregolari, grandi, e originali come lui. E si può
ben dire che l'originalità di un grande scrittore, producendo la sua fama,
(giacchè senza quella, sarebbe rimato oscuro, e non avrebbe servito di norma
308 e di modello) impedisce l'originalità de'
successori. Io compatisco tutti, ma in ispecie i poveri gramatici, i quali
dovendo formare la prosodia greca sopra Omero, hanno dovuto popolare il Parnaso greco di eccezioni, di
sillabe comuni ec. o almeno avvertire che molti esempi di Omero ripugnavano ai loro insegnamenti, perchè Omero innocentemente, non sapendo il gran
feto delle regole del quale erano pregni i suoi poemi, adoperava le sillabe a
suo talento, e fino nello stesso piede, adoperava la stessa sillaba una volta
{lunga,} e un'altra breve.
[470,2] La natura non è perfetta assolutamente parlando, ma la
sola natura è grande, e fonte di grandezza. Perciò tutto quello che è, o si
accosta al perfetto, secondo la nostra maniera astratta di considerare, non è
grande. Osservatelo in tutte le cose: nelle opere di genio, poesia, belle arti
ec. nelle azioni, nei caratteri, nei costumi, nei popoli, nei governi ec. Un
uomo perfetto, non è mai grande. Un uomo grande, non è mai perfetto.
471 L'eroismo e la perfezione sono cose contraddittorie.
Ogni eroe è imperfetto. Tali erano gli eroi antichi (i moderni non ne hanno);
tali ce li dipingono gli antichi poeti ec. tale era l'idea ch'essi avevano del
carattere eroico; al contrario di Virgilio, del Tasso ec.
tanto meno perfetti, quanto più perfetti sono i loro eroi, ed anche i loro
poemi. (3. Gen. 1821.).
[724,3] I poeti, oratori, storici, scrittori in somma di bella
letteratura, oggidì in italia, non manifestano mai, si
può dire, la menoma forza d'animo (vires animi, e non
intendo dire la magnanimità), ancorchè il soggetto, o l'occasione {ec.} contenga
725 grandissima
forza, sia per stesso fortissimo, abbia gran vita, grande sprone. Ma tutte le
opere letterarie italiane d'oggidì sono inanimate, esangui, senza moto, senza
calore, senza vita (se non altrui). Il più che si possa trovar di vita in
qualcuno, come in qualche poeta, è un poco d'immaginazione. Tale è il pregio del
Monti, e dopo il Monti, ma in assai minor grado,
dell'Arici. Ma oltre che questo
pregio è rarissimo nei nostri odierni o poeti o scrittori, oltre che in questi
rarissimi è anche scarso (perchè il più de' loro pregi appartengono allo stile),
osservo inoltre che non è veramente spontaneo nè di vena, e soggiungo che non
solamente non è, ma non può essere, se non in qualche singolarissima indole.
[2184,1] Non solo l'uomo è opera delle circostanze, in quanto
queste lo determinano a tale o tal professione ec. ec. ma anche in quanto al
genere, al modo, al gusto di quella tal professione a cui l'assuefazion sola e
le circostanze l'hanno determinato. P. e. io finchè non lessi se non autori
francesi, l'assuefazione parendo natura, mi pareva che il mio stile naturale
fosse quello solo, e che là mi conducesse l'inclinazione. Me ne disingannai,
passando a diverse letture, ma anche in queste, e di mese in mese, variando il
gusto degli autori ch'io leggeva, variava l'opinione ch'io mi formava circa la
mia propria
2185 inclinazione naturale. E questo anche
in menome e determinatissime cose, appartenenti o alla lingua, o allo stile, o
al modo e genere di letteratura. Come, avendo letto fra i lirici il solo Petrarca, mi pareva che dovendo scriver
cose liriche, la natura non mi potesse portare a scrivere in altro stile ec. che
simile a quello del Petrarca. Tali
infatti mi riuscirono i primi saggi che feci in quel genere di poesia. I secondi
meno simili, perchè da qualche tempo non leggeva più il Petrarca. I terzi dissimili affatto, per essermi
formato ad altri modelli, o aver contratta, a forza di moltiplicare i modelli,
le riflessioni ec. quella specie di maniera o di facoltà, che si chiama originalità. (Originalità quella che si contrae? e che infatti non si
possiede mai se non s'è acquistata? Anche Mad. di Staël dice che bisogna leggere più che si possa per divenire
2186
originale. Che cosa è dunque l'originalità? facoltà
acquisita, come tutte le altre, benchè questo aggiunto di acquisita ripugna
dirittamente al significato e valore del suo nome.) (28. Nov.
1821.).
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